Alessandro nell’Indie, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1776

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Campo di battaglia su le rive dell’Idaspe. Tende, carri rovesciati, soldati dispersi, armi, insegne ed altri avanzi dell’esercito di Poro disfatto da Alessandro. Terminata la sinfonia, s’ode strepito d’armi e d’istromenti militari; nell’alzar della tenda veggonsi soldati che fuggono.
 
 PORO con spada nuda, indi GANDARTE
 
 PORO
 Fermatevi, codardi. Ah con la fuga
 mal si compra una vita. A chi ragiono?
 Non ha legge il timor. La mia sventura
 i più forti avvilisce. È dunque in cielo
5sì temuto Alessandro
 che a suo favor può fare ingiusti i numi?
 Ah si mora; e si scemi
 della spoglia più grande
 il trionfo a costui... Ma la mia sposa
10lascio in preda al rival? No; si contrasti (Ripone la spada nel fodero)
 l'acquisto di quel core
 sino all'ultimo dì.
 GANDARTE
                                   Prendi, signore; (Frettoloso e porgendo il proprio cimiero a Poro)
 prendi e il real tuo serto
 sollecito mi porgi. Oh dio, s'avanza
15la schiera ostil. Deh non tardar; s'inganni
 il nemico così.
 PORO
                             Ma il tuo periglio?
 GANDARTE
 È periglio privato. In me non perde
 l'India il suo difensor. Porgi; t'affretta;
 non abbiam che un istante.
 PORO
                                                    Ecco, o mio fido, (Si leva il proprio cimiero e lo pone sul capo a Gandarte)
20sul tuo crine il mio serto. Ah sia presagio
 di grandezze future.
 GANDARTE
 E vengano con lui le tue sventure. (Parte)
 
 SCENA II
 
 PORO, poi TIMAGENE con spada nuda e seguito de’ greci, indi ALESSANDRO
 
 PORO
 Invano, empia fortuna,
 il mio coraggio indebolir tu credi. (In atto di partire)
 TIMAGENE
25Guerrier, t'arresta e cedi
 quell'inutile acciaro: è più sicuro
 col vincitor pietoso inerme il vinto.
 PORO
 Pria di vincermi, oh quanto
 e di periglio e di sudor ti resta!
 TIMAGENE
30Su, Macedoni, a forza
 l'audace si disarmi.
 PORO
                                       Ah stelle ingrate! (Volendosi difendere gli cade la spada)
 Il ferro m'abbandona.
 ALESSANDRO
                                           Olà, fermate.
 Abbastanza finora
 versò d'indico sangue il greco acciaro.
35Macchia la sua vittoria
 vincitor che ne abusa. I miei seguaci (A Timagene)
 abbian virtude alla fortuna eguale.
 TIMAGENE
 Fia legge il tuo voler. (Parte)
 PORO
                                          (Questi è il rivale).
 ALESSANDRO
 Guerrier, dimmi, chi sei?
 PORO
                                                  Nacqui sul Gange;
40vissi fra l'armi; Asbite ho nome; ancora
 non so che sia timor; più della vita
 amar la gloria è mio costume antico;
 son di Poro seguace e tuo nemico.
 ALESSANDRO
 (Oh ardire! Oh fedeltà!) Qual è di Poro
45l'indole, il genio?
 PORO
                                  È degno
 d'un guerriero e d'un re. La tua fortuna
 l'irrita e non l'abbatte; e spera un giorno
 d'involar quegli allori alle tue chiome
 colà sull'are istesse
50che il timor de' mortali offre al tuo nome.
 ALESSANDRO
 In India eroe sì grande
 è germoglio straniero. In greca cuna
 d'esser nato il tuo re degno saria.
 PORO
 Credi dunque che sia
55il ciel di Macedonia
 sol fecondo d'eroi? Pur sull'Idaspe
 la gloria è cara e la virtù s'onora;
 ha gli Alessandri suoi l'Idaspe ancora.
 ALESSANDRO
 Valoroso guerriero, al tuo signore
60libero torna e digli
 che sol vinto si chiami
 dalla sorte o da me. L'antica pace
 poi torni a' regni sui:
 altra ragion non mi riserbo in lui.
 PORO
65Vinto si chiami? E ambasciador mi vuoi
 di simili proposte?
 Poco opportuno ambasciador sciegliesti.
 ALESSANDRO
 Ma degno assai. Si lasci
 libero il varco al prigionier; ma inerme
70partir non dee: questa, ch'io cingo, accetta (Si toglie dal fianco la spada per darla a Poro)
 di Dario illustre spoglia
 che la man d'Alessandro a te presenta;
 e lei trattando il donator rammenta.
 PORO
 
    Vedrai con tuo periglio (Prende la spada di Alessandro, al quale una comparsa ne presenta subito un’altra)
75di questa spada il lampo
 come baleni in campo
 sul ciglio al donator.
 
    Conoscerai chi sono;
 ti pentirai del dono;
80ma sarà tardi allor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 ALESSANDRO, poi TIMAGENE con ERISSENA incatenata, due indiani e seguito
 
 ALESSANDRO
 Oh ammirabile sempre
 anche in fronte a' nemici
 carattere d'onor! Quel core audace,
 perché fido al suo re, minaccia e piace.
 TIMAGENE
85Questa, che ad Alessandro
 prigioniera donzella offre la sorte,
 germana è a Poro.
 ERISSENA
                                    (Oh dei!
 D'Erissena che fia?)
 ALESSANDRO
                                        Chi di quei lacci
 l'innocente aggravò?
 TIMAGENE
                                        Questi di Poro
90sudditi per natura,
 per genio a te. Fu lor disegno offrirti
 un mezzo alla vittoria.
 ALESSANDRO
                                           Indegni. Il ciglio
 rasciuga, o principessa. Ad Alessandro
 persuade rispetto il tuo sembiante.
 ERISSENA
95(Che dolce favellar!)
 TIMAGENE
                                        (Son quasi amante).
 ALESSANDRO
 Agli empi, o Timagene,
 si raddoppino i lacci
 che si tolgono a lei. Tornino a Poro
 gl'infidi ed Erissena,
100questa alla libertà, quegli alla pena. (Due comparse sciolgono Erissena ed incatenano gl’indiani)
 ERISSENA
 Generosa pietà.
 TIMAGENE
                                Signor perdona;
 se Alessandro foss'io, direi che molto
 giova se resta in servitù costei.
 ALESSANDRO
 S'io fossi Timagene, anche il direi.
 
105   Vil trofeo d'un'alma imbelle
 è quel ciglio allor che piange.
 Io non venni infino al Gange
 le donzelle a debellar.
 
    Ho rossor di quegli allori
110che non han fra' miei sudori
 cominciato a germogliar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ERISSENA e TIMAGENE
 
 TIMAGENE
 (Oh rimprovero acerbo
 che irrita l'odio mio!)
 ERISSENA
                                          Questo è Alessandro?
 TIMAGENE
 È questo.
 ERISSENA
                     Io mi credea
115che avessero i nemici
 più rigido l'aspetto,
 più fiero il cor. Ma sono
 tutti i greci così?
 TIMAGENE
                                  (Semplice!) Appunto.
 ERISSENA
 Quanto invidio la sorte
120delle greche donzelle! Almen fra loro
 fossi nata ancor io.
 TIMAGENE
                                     Che aver potresti
 di più vago, nascendo in altra arena?
 ERISSENA
 Avrebbe un Alessandro anche Erissena.
 TIMAGENE
 Se le greche sembianze
125ti son grate così, l'affetto mio
 posso offrirti, se vuoi. Son greco anch'io.
 ERISSENA
 Tu greco ancor?
 TIMAGENE
                                Sotto un istesso cielo
 spuntò la prima aurora
 a' giorni d'Alessandro, a' giorni miei.
 ERISSENA
130Non è greco Alessandro o tu nol sei.
 TIMAGENE
 Dimmi almen qual ragione
 sì diverso da me lo renda mai?
 ERISSENA
 Ha in volto un non so che, che tu non hai.
 TIMAGENE
 (Che pena!) Ah già per lui
135fra gli amorosi affanni
 dunque vive Erissena!
 ERISSENA
                                            Io!
 TIMAGENE
                                                    Sì.
 ERISSENA
                                                            T'inganni.
 
    Chi vive amante sai che delira;
 spesso si lagna; sempre sospira;
 né d'altro parla che di morir.
 
140   Io non mi affanno, non mi querelo;
 giammai tiranno non chiamo il cielo;
 dunque il mio core d'amor non pena
 o pur l'amore non è martir. (Parte con i due prigionieri indiani accompagnata dal seguito di Timagene)
 
 SCENA V
 
 TIMAGENE
 
 TIMAGENE
 Ma qual sorte è la mia! Nacque Alessandro
145per offendermi sempre. Anche in amore
 m'oltraggia il merto suo. Piccola offesa
 che rammenta le grandi. Ei di sua mano
 del mio gran genitor macchiò col sangue
 l'infausta mente; e se pentito ei pianse,
150io n'abborisco appunto
 la tiranna virtù con cui mi scema
 la ragion d'abborrirlo. Eh l'odio mio
 si appaghi alfine. Irriterò le squadre;
 solleverò di Poro
155le cadenti speranze; alla vendetta
 qualche via troverò, che il vendicarsi
 d'un ingiusto potere
 persuade natura anche alle fiere.
 
    O sugli estivi ardori
160placida al sol riposa
 o sta fra l'erbe e i fiori
 la pigra serpe ascosa,
 se non la preme il piede
 di ninfa o di pastor.
 
165   Ma se calcar si sente,
 a vendicarsi aspira;
 e su l'acuto dente
 il suo veleno e l'ira
 tutta raccoglie allor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Recinto di palme e cipressi con piccolo tempio nel mezzo, dedicato a Bacco nella reggia di Cleofide.
 
 CLEOFIDE con seguito, indi PORO
 
 CLEOFIDE
170Perfidi! Qual riparo, (Alle comparse)
 qual rimedio adoprar? Mancando ogni altro,
 dovevate morir. Tornate in campo,
 ricercate di Poro. Il vostro sangue,
 se tardo è alla difesa,
175se vile è alla vendetta,
 spargetelo dal seno
 alla grand'ombra in sacrificio almeno. (Partono le comparse)
 Oh dei, mi fa spavento
 più di Poro il coraggio,
180l'anima intollerante e le gelose
 furie, che in sen sì facilmente aduna,
 che 'l valor d'Alessandro e la fortuna.
 PORO
 (Ecco l'infida). Io vengo, (Con ironia amara)
 regina, a te di fortunati eventi
185felice apportator.
 CLEOFIDE
                                  Numi! Respiro. (Rasserenandosi)
 Che rechi mai?
 PORO
                               Per Alessandro alfine (Come sopra)
 si dichiarò la sorte: esulta. Avrai
 dell'Oriente oppresso (Cleofide si turba)
 a momenti al tuo piè tutti i trofei.
 CLEOFIDE
190Così m'insulti, oh dei! Dunque saranno
 eterne le dubbiezze
 del geloso tuo cor? Fidati, o caro,
 fidati pur di me.
 PORO
                                  Di te si fida
 anche Alessandro. E chi può dir qual sia
195l'ingannato di noi? So ch'ei ritorna
 e torna vincitor. So ch'altre volte
 coll'armi de' tuoi vezzi o finti o veri
 hai le sue forze indebolite e dome.
 E creder deggio? E ho da fidarmi? E come?
 CLEOFIDE
200Ingrato, hai poche prove
 della mia fedeltà? Comparve appena
 su l'indico confine
 dell'Asia il domator che 'l tuo periglio
 fu il mio primo spavento. Incontro a lui
205lusinghiera m'offersi, onde con l'armi
 non passasse a' tuoi regni. Ad onta mia
 seco pugnasti. A te già vinto asilo
 fu questa reggia: e non è tutto. In campo
 la seconda fortuna
210vuoi ritentar: l'armi io ti porgo e perdo
 l'amistà d'Alessandro,
 di mie lusinghe il frutto,
 de' miei sudditi il sangue, il regno mio.
 E non ti basta? E non mi credi?
 PORO
                                                            (Oh dio!) (Commosso)
 CLEOFIDE
215Tollerar più non posso
 così barbari oltraggi.
 Fuggirò questo cielo, andrò raminga
 per balze e per foreste
 spaventose allo sguardo, ignote al sole,
220mendicando una morte. I miei tormenti,
 le tue furie una volta
 finiranno così. (In atto di partire disperata)
 PORO
                               Fermati: ascolta.
 CLEOFIDE
 Che dir mi puoi?
 PORO
                                   Che a gran ragion t'offende
 il geloso amor mio.
 CLEOFIDE
                                      Questo è un amore
225peggior dell'odio.
 PORO
                                   Io ti prometto, o cara,
 che mai più di tua fede
 dubitar non saprò.
 CLEOFIDE
                                     Queste promesse
 mille volte facesti e mille volte
 tornasti a vacillar.
 PORO
                                    Se mai di nuovo
230io ti credo infedel, per mio tormento
 altra fiamma t'accenda;
 e vera in te l'infedeltà si renda.
 CLEOFIDE
 Ancor non m'assicuro.
 Giuralo.
 PORO
                   A tutti i nostri dei lo giuro.
 
235   Se mai più sarò geloso,
 mi punisca il sacro nume
 che dell'India è domator.
 
 SCENA VII
 
 ERISSENA accompagnata da macedoni e detti
 
 CLEOFIDE
 Erissena! Che veggo!
 PORO
 Come! Tu nella reggia?
 ERISSENA
                                             Un tradimento
240mi portò fra' nemici e un atto illustre
 del vincitor pietoso a voi mi rende.
 CLEOFIDE
 Che ti disse Alessandro? (Poro si turba)
 Parlò di me?
 PORO
                           (Ma questa (Si corregge)
 è innocente richiesta).
 ERISSENA
                                            I detti suoi
245ridirti non saprei; so che mi piacque;
 so che dolce in quel volto
 fra lo sdegno guerrier sfavilla amore.
 Di polve e di sudore
 anche aspersa la fronte
250serba la sua bellezza e l'alma grande
 in ogni sguardo suo tutta si vede.
 PORO
 Cleofide da te questo non chiede. (Con isdegno ad Erissena)
 CLEOFIDE
 Ma giova questo ancora
 forse a' disegni miei.
 PORO
255(Ah, non torniamo a dubitar di lei).
 CLEOFIDE
 Macedoni guerrieri,
 tornate al vostro re; ditegli quanto
 anche fra noi la sua virtù s'ammira;
 ditegli che al suo piede
260tra le falangi armate
 Cleofide verrà.
 PORO
                              Come! Fermate. (A’ macedoni con impeto)
 Tu ad Alessandro? (A Cleofide turbato)
 CLEOFIDE
                                      E che perciò? Non vedo
 ragion di meraviglia.
 PORO
                                         In questa guisa (Come sopra)
 il tuo decoro, il nome tuo si oscura.
265L'India che mai dirà?
 CLEOFIDE
                                           Questa è mia cura.
 Partite. (A’ macedoni che partono)
 PORO
                  (Io smanio).
 CLEOFIDE
                                           Ah non vorrei che fosse
 il tuo soverchio zelo
 quel solito timor che t'avvelena.
 PORO
 Lo tolga il cielo. (Con tranquillità forzata) (Oh giuramento! Oh pena!)
 CLEOFIDE
270Siegui a fidarti; in questa guisa impegni
 a maggior fedeltà gli affetti miei.
 Quando Poro mi crede,
 come tradir potrei sì bella fede?
 
    Se mai turbo il tuo riposo,
275se m'accendo ad altro lume,
 pace mai non abbia il cor.
 
    Fosti sempre il mio bel nume,
 sei tu solo il mio diletto;
 e sarai l'ultimo affetto
280come fosti il primo amor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 PORO, ERISSENA, indi GANDARTE
 
 PORO
 Dei, che tormento è questo!
 Va Cleofide al campo ed io qui resto?
 No, no; si siegua; a' suoi novelli amori
 serva di qualche inciampo
285la mia presenza. (In atto di partire)
 GANDARTE
                                  Ove signore?
 PORO
                                                            Al campo.
 GANDARTE
 Ferma, non è ancor tempo. Io non invano
 tardai finor. Questo real diadema
 Timagene ingannò; Poro mi crede;
 mi parlò; lo scopersi
290nemico d'Alessandro; assai di lui
 noi possiamo sperare.
 PORO
                                           Or non è questa
 la mia cura maggiore. Al greco duce
 Cleofide s'invia.
 GANDARTE
                                 Ma che paventi?
 ERISSENA
 Che figuri perciò?
 PORO
                                    Mille figuro
295immagini crudeli
 d'infedeltà, vezzi, lusinghe, sguardi.
 Che posso dir.
 ERISSENA
                             Ma saran finti.
 PORO
                                                          Addio.
 Fingendo s'incomincia. Ah non sapete
 quanto è breve il sentiero
300che dal finto in amor conduce al vero. (Parte frettoloso)
 
 SCENA IX
 
 ERISSENA e GANDARTE
 
 GANDARTE
 Principessa adorata, allor che intesi
 te prigioniera, il mio dolor fu estremo.
 Or che sciolta ti vedo,
 credimi, estremo è il mio piacer.
 ERISSENA
                                                              Lo credo.
305Dimmi, vedesti in sugli opposti lidi
 dell'Idaspe Alessandro?
 GANDARTE
                                              Ancor nol vidi.
 E tu provasti mai
 alcun timor ne' miei perigli?
 ERISSENA
                                                       Assai.
 Se Alessandro una volta
310giungi a veder...
 GANDARTE
                                 M'è noto. Ah più di lui
 or non parliam. Dimmi che m'ami; i pegni
 rinnova di tua fé; dimmi che anela
 il tuo bel core all'imeneo promesso.
 ERISSENA
 Eh non è già l'istesso
315il vedere Alessandro
 che udirne ragionar. Qualunque vanto
 spiegar non può...
 GANDARTE
                                    Ma tanto
 parlar di lui! Che mai vuol dir? Pavento,
 cara sia con tua pace,
320che Alessandro ti piaccia.
 ERISSENA
                                                 È ver; mi piace.
 GANDARTE
 Dunque così tiranna
 mi deridi, m'inganni?
 ERISSENA
                                            E chi t'inganna?
 San gli dei ch'io non fingo.
 GANDARTE
                                                   Allor fingevi
 dunque, o crudel, che del tuo core amante
325mi giuravi il possesso.
 ERISSENA
 Allora io non fingea; non fingo adesso. (Parte)
 
 SCENA X
 
 GANDARTE
 
 GANDARTE
 Perché senz'opra degli altrui sudori
 nasceano i frutti, i fiori,
 perché più volte l'anno,
330non dubbio prezzo delle altrui fatiche,
 biondeggiavan le spiche e al lupo appresso
 in un covile istesso
 il sicuro agnellin prendea ristoro:
 era bella, cred'io, l'età dell'oro.
335Ma se allor le donzelle,
 per soverchia innocenza, a' loro amanti
 dicean d'essere infide,
 chiaro così come Erissena il dice,
 per me l'età del ferro è più felice.
 
340   Voi che adorate il vanto
 di semplice beltà,
 non vi fidate tanto
 di chi mentir non sa,
 che l'innocenza ancora
345sempre non è virtù.
 
    Mentisca pure e finga
 colei che m'arde il seno,
 che almeno mi lusinga,
 che non mi toglie almeno
350la libertà d'odiarla
 quando infedel mi fu. (Parte)
 
 
 SCENA XI
 
 Gran padiglione d’Alessandro vicino all’Idaspe con vista della reggia di Cleofide su l’altra sponda del fiume.
 
 ALESSANDRO e TIMAGENE. Guardie dietro al padiglione
 
 ALESSANDRO
 Purtroppo, amico, è vero; ama Alessandro;
 e nel suo cor trionfa
 Cleofide già vinta.
 TIMAGENE
                                    Eccola; a lei
355offri e domanda amore.
 ALESSANDRO
                                              Amor! T'inganni.
 Alessandro sì presto
 non si lascia agli affetti in abbandono.
 Debole a questo segno ancor non sono.
 
 SCENA XII
 
 Nel tempo d’una breve sinfonia si vedono venire diverse barche per il fiume, dalle quali scendono molti indiani portando diversi doni; e dalla principale sbarca Cleofide che viene incontrata da Alessandro.
 
 CLEOFIDE e detti
 
 CLEOFIDE
 Ciò ch'io t'offro, Alessandro,
360è quanto di più raro
 o nell'indiche rupi
 o nella vasta oriental marina
 per me nutre e colora
 il sol vicino e la feconda aurora.
365Se non mi sdegni amica, eccoti un dono
 all'amistà dovuto;
 se suddita mi brami, ecco un tributo.
 ALESSANDRO
 Da' sudditi io non chiedo
 altro omaggio che fede; e dagli amici
370prezzo dell'amistade io non ricevo;
 onde inutili sono
 le tue ricchezze, o sian tributo o dono.
 Timagene, alle navi
 tornino que' tesori. (Timagene si ritira dando ordine agl’indiani che tornino su le navi co’ doni)
 CLEOFIDE
375Ah mel predisse il cor. Questo disprezzo
 giustifica il mio pianto. (Piange)
 L'esserti... odiosa... tanto...
 ALESSANDRO
 Ma non è ver. Sappi... T'inganni... Oh dio!
 (M'uscì quasi da' labbri idolo mio).
 CLEOFIDE
380Signor rimanti in pace; a me non lice
 miglior sorte sperar de' doni miei;
 più di quegli importuna io ti sarei. (In atto di partire)
 ALESSANDRO
 T'arresta. Ah mal, regina, (Arrestandola)
 interpetri il mio cor. Siedi e ragiona.
 CLEOFIDE
385Ubbidirò.
 ALESSANDRO
                      (Che amabile sembianza!)
 CLEOFIDE
 (Mie lusinghe alla prova). (Siedono)
 ALESSANDRO
                                                   (Alma, costanza).
 CLEOFIDE
 In faccia ad Alessandro
 mi perdo, mi confondo e non so come...
 
 SCENA XIII
 
 TIMAGENE e detti
 
 TIMAGENE
 Monarca, il duce Asbite
390chiede a nome di Poro
 di presentarsi a te.
 CLEOFIDE
                                     (Numi!)
 ALESSANDRO
                                                       Tra poco
 verrà; per or con la regina...
 TIMAGENE
                                                     Appunto
 innanzi a lei di ragionar desia.
 ALESSANDRO
 Venga. (Timagene parte)
 CLEOFIDE
                 (Poro l'invia! (Turbata)
395Chi è mai costui?)
 ALESSANDRO
                                     T'è noto il suo pensiero?
 CLEOFIDE
 Signor l'ignoro; e non so dirti il vero.
 
 SCENA XIV
 
 PORO e detti
 
 PORO
 (Eccola; oh gelosia!)
 CLEOFIDE
                                        (Poro!)
 PORO
                                                        Perdona,
 Cleofide, s'io vengo
 importuno così. La tua dimora
400più breve io figurai; ma d'Alessandro
 piacevole è il soggiorno e di te degno.
 CLEOFIDE
 (Già di nuovo è geloso! Ardo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Parla, Asbite: che chiede
 Poro da me?
 PORO
                          Le offerte tue ricusa
405né vinto ancor si chiama.
 ALESSANDRO
                                                E ben, di nuovo
 tenti la sorte sua.
 CLEOFIDE
                                  Signor, sospendi
 la tua credenza. Asbite
 forse ben non comprese
 di Poro i detti.
 PORO
                              Anzi son questi.
 CLEOFIDE
                                                             Eh taci.
 PORO
410No; lo pretendi invan.
 CLEOFIDE
                                           (Per suo castigo
 abbia ragion d'ingelosirsi). Il passo
 amico o vincitor, qual più ti piace,
 volgi, signore, alla mia reggia.
 PORO
                                                         (Ah infida!)
 CLEOFIDE
 Più dell'Idaspe il varco
415non ti sarà conteso; e là saprai
 meglio tutti di Poro  e i sensi miei.
 PORO
 Non fidarti a costei.
 È avvezza ad ingannar; grato a' tuoi doni
 io ti deggio avvertir.
 CLEOFIDE
                                        (Che soffro!)
 ALESSANDRO
                                                                  Asbite,
420sei troppo audace.
 PORO
                                    Io n'ho ragion; conosco
 Cleofide e 'l mio re. Da lei tradito...
 CLEOFIDE
 Non udirlo, signor; nol merta; i primi
 oltraggi non son questi
 ch'io soffro da costui.
 PORO
                                         (Perfida!)
 CLEOFIDE
                                                              Accetti,
425Alessandro, l'invito?
 Qual risposta mi rendi?
 Ch'ho da sperar? Verrai?
 ALESSANDRO
                                                 Verrò: m'attendi. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 PORO e CLEOFIDE
 
 PORO
 Lode agli dei. Son persuaso alfine (Con ironia)
 della tua fedeltà.
 CLEOFIDE
                                 Lode agli dei; (Come sopra)
430Poro di me si fida,
 più geloso non è.
 PORO
                                  Dov'è chi dice
 che un femminil pensiero
 dell'aura è più leggiero?
 CLEOFIDE
                                               Ov'è chi dice
 che più del mare un sospettoso amante
435è torbido e incostante?
 Io non lo credo.
 PORO
                               Ed io
 nol posso dir.
 CLEOFIDE
                            Mi disinganna assai...
 PORO
 Mi convince abbastanza...
 CLEOFIDE
 La placidezza tua.
 PORO
                                   La tua costanza.
 CLEOFIDE
440Ricordo il giuramento.
 PORO
 La promessa rammento.
 CLEOFIDE
 Si conosce...
 PORO
                         Si vede...
 CLEOFIDE
 Che placido amator.
 PORO
                                        Che bella fede!
 
    Se mai turbo il tuo riposo,
445se m'accendo ad altro lume,
 pace mai non abbia il cor.
 
 CLEOFIDE
 
    Se mai più sarò geloso,
 mi punisca il sacro nume
 che dell'India è domator.
 
 PORO
 
450   Infedel, questo è l'amore?
 
 CLEOFIDE
 
 Menzogner, questa è la fede?
 
 A DUE
 
 Chi non crede al mio dolore
 che lo possa un dì provar.
 
 PORO
 
    Per chi perdo, o giusti dei,
455il riposo de' miei giorni!
 
 CLEOFIDE
 
 A chi mai gli affetti miei,
 giusti dei, serbai finora!
 
 A DUE
 
 (Ah si mora e non si torni
 per l'ingrata
                          a sospirar).
 per l'ingrato
 
 Fine dell’atto primo