L’Arcadia in Brenta, libretto, Milano, Ghislandi, 1758 (Novara)

 conosco le lor trappole,
585son tutte falsità;
 c’ingannano, ci pigliano,
 c’impicciano, ci rubbano
 e verso noi non usano
 un pel di carità.
 
590   Chi puole scappare, scappi,
 viva la libertà.
 
 SCENA VIII
 
 Gran sala in casa di Fabrizio.
 
 GIACINTO sotto nome di Cintio, FABRIZIO da Pulcinella, LAURA da Colombina, madama LINDORA da Diana e il CONTE da Pantalone
 
 GIACINTO
 Sieguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                         Eccome cà.
 GIACINTO
 Siccome un’atra nube
 s’oppone al sole e l’ampia terra oscura,
595così da quelle mura
 coperto è il mio bel sole, onde è che afflitto
 i nuovi raggi del mio bene attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parli in inglese, io non t’intiendo.
 GIACINTO
 Fedelissimo servo,
600batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 GIACINTO
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 GIACINTO
 Finger dei che ci sia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma famme na grazia;
 pe che da tozzolare aggio alla porta?
 GIACINTO
605Acciò che la mia bella
 venga meco a parlare.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozzolerò; ma se qualcuno,
 quando ho battuto io, battesse a me?
 GIACINTO
 Non temer, son per te.
 FABRIZIO
610O de casa.
 LAURA
                      Chi batte? (Di dentro)
 FABRIZIO
                                            Sono io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Padron, chissa è per me.
 GIACINTO
                                               Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURA
 Io sono Colombina Menarella.
 GIACINTO
615Di Diana cameriera?
 LAURA
 Per servir vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 GIACINTO
                                       Deh vi prego,
 chiamatela di grazia.
 CONTE
                                         Colombina. (Di dentro)
 LAURA
 Ohimè! Questo è il padrone.
 FABRIZIO
620Mannaggia Pantalone.
 GIACINTO
 Ritiriamoci tosto. (Giacinto e Fabrizio si ritirano)
 FABRIZIO
 Possa esser Pantalone fatto arosto.
 CONTE
 Cosa xe, fantolina?
 Cosa xe, Colombina?
625Cosa fastu qua in strada?
 LAURA
 Ero sortita per comprare i spilli.
 CONTE
 Se ti ha qualche cosa da comprar,
 se ben che mi son vecchio e poco bon,
 co se tratta de ti,
630v’andrò, mia cocoletta, a comprar mi.
 LAURA
 Caro signor padrone,
 mi fate troppo onore.
 CONTE
 Caro quel sesto,
 caro quel viso bello,
635per te, viscere mie, perdo il cervello.
 
    Per te, mia coccoletta,
 amor dentro nel petto
 suonando il ciufoletto,
 la bella furlanetta,
640con piacer mi fa ballar.
 
    Via, para, senti;
 ah viscerette care,
 ah che non posso più.
 
 GIACINTO
 È andato.
 FABRIZIO
                     Fosse acciso.
 GIACINTO
645Chiamatela di grazia.
 LAURA
                                          Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme, peccerella.
 Viennece ancora tu
 e faremo all’amore tra de nu.
 LAURA
 Sì sì, questa è l’usanza,
650se i padroni fra lor fanno all’amore,
 fa l’amor colla serva il servitore.
 
    Il padron colla padrona
 fa l’amor con nobiltà;
 noi andiamo più alla buona
655senza tanta civiltà.
 
    Dicon quegli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, oh dio!»
 Noi diciam senza altre pene:
 «Mi vuoi ben? Ti voglio bene»
660e facciamo presto presto
 tutto quel che s’ha da far.
 
 GIACINTO
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piacerebbe Menarella.
 GIACINTO
 Ecco, viene quel bel che m’innamora.
 FABRIZIO
665Con essa vene Menarella ancora.
 GIACINTO
 Venite, idolo mio,
 venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo, mio ben, eccomi qua.
 GIACINTO
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
670Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
 Ah, tu sei la mia bella.
 LAURA
 E tu sei il mio caro Pulcinella.
 GIACINTO
 A voi donato ho il core.
 LINDORA
 Ardo per voi d’amore.
 FABRIZIO
675Per te me sento lo Vesuvio in petto.
 LAURA
 Cotto è il mio core al foco dell’affetto.
 GIACINTO
 
    Vezzosetta, mia diletta.
 
 FABRIZIO
 
 Menarella, mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURA
 
680Pulcinella bello mio.
 
 LINDORA, LAURA
 
 Che contento! Che diletto!
 
 GIACINTO, FABRIZIO
 
 Vien, mio bene, a questo petto;
 io ti voglio un po’ abbracciar.
 
 CONTE
 
    Ola, ola, cosa feu?
685Abbrazzai? Cagadonai?
 Via, caveve, via di qua.
 
 LINDORA
 
    Io m’inchino al genitore.
 
 LAURA
 
 Serva sua, signor padrone.
 
 GIACINTO
 
 Riverisco, mio signore.
 
 FABRIZIO
 
690Te son schiavo, Pantalone.
 
 CONTE
 
 El ziradonarve attorno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 GIACINTO
 
    Vuol che io vada?
 
 CONTE
 
                                      Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anche io?
 
 CONTE
 
                               Mi v’ho mandao.
 
 GIACINTO
 
695Anderò colla mia bella.
 
 FABRIZIO
 
 Anderò con Menarella.
 
 LINDORA, LAURA
 
 Io contenta venirò.
 
 CONTE
 
 Via, tiolé sto canelao;
 colle putte? Oh questo no.
 
 LINDORA
 
700   Signor padre, per pietà.
 
 LAURA
 
 Gnor padron, per carità.
 
 GIACINTO
 
 Deh, vi supplico ancora io.
 
 FABRIZIO
 
 Pantalon, padrone mio.
 
 CONTE
 
 Duro star non posso più;
705via, mattazzi, levé su.
 
 TUTTI
 
    Io vi prego.
 
 CONTE
 
                           Zitti là.
 
 TUTTI
 
 Vi scongiuro.
 
 CONTE
 
                           Venì qua.
 
    Cari fioi, deve la man;
 alla fin son venezian;
710m’avé mosso a compassion.
 
 TUTTI
 
 Viva, viva Pantalon.
 
    Viva, viva il dolce affetto,
 viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
715che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Vasta campagna con colline in lontananza in vista della casa di Fabrizio.
 
 FABRIZIO in smania e poi tutti gli attori
 
 FABRIZIO
 Ohimè! Dove m’ascondo?
 Ohimè, che sono andato in precipizio;
 povera Arcadia! Oh povero Fabrizio!
 TUTTI
 
    Andiamo, amici, a spasso;
720e viva l’allegria;
 e guida e compagnia
 ci faccia sempre amor.
 
    Con una bagattella
 e un poco di denaro,
725signor Fabrizio caro,
 si deve fare onor.
 
 FABRIZIO
 (Maledetti! Mi mangiano le coste
 e senti come stanno allegramente).
 LAURA
 Che vi manca, Fabrizio.
 FABRIZIO
                                              Niente, niente.
 FORESTO
730(Mi parete alterato un pochettino).
 FABRIZIO
 (In tutto il capital non ho un quattrino).
 CONTE
 Nostro eroe, nostro nume,
 giacché nel principato
 anco per questo dì fui confirmato;
735impongo che si faccia
 una solenne strepitosa caccia.
 E le ninfe e i pastori
 e i cacciator son lesti,
 sono i cani ammanniti. Altro non manca
740che il generoso core
 d’ospite così degno
 supplisca dal suo canto al grande impegno.
 TUTTI
 
    Andiamo, amici, a spasso;
 e viva l’allegria;
745e guida e compagnia
 ci faccia sempre amor.
 
    Con una bagatella
 e un poco di denaro,
 signor Fabrizio caro,
750si deve fare onor.
 
 FABRIZIO
 Non mi stordite in grazia. Su, parlate;
 che volete da me?
 CONTE
                                    Poco e polito.
 Vogliamo un buon pasticcio,
 due volatili allessi,
755un quadrupede arrosto,
 torta, latte, insalata e pochi frutti;
 e poi il di lei bel cor contenta tutti.
 FABRIZIO
 Non volete altro? Sì, ben volentieri.
 (Adesso fuggo e pianto i forestieri). (Parte)
 FORESTO
760Signori miei, disingannar vi voglio.
 Il povero Fabrizio è disperato.
 Egli s’è rovinato; e questa mane
 non ha un sol soldo da comprarsi un pane.
 LINDORA
 Ohimè! Come vivrò senza ristoro?
765Ohimè! Che lanquidezza! Io manco, io moro.
 CONTE
 Che disgrazia! Ah madama.
 Eccovi sampareglie, (Madama Lindora sviene)
 spirito di melissa,
 acqua della regina,
770estratto di cannella soprafina.
 FORESTO
 Sviene; muore senza altro. Signor conte, (Madama Lindora parte sostenuta del conte)
 conducetela via,
 io presto corro in qualche spezieria.
 
    Se la donna è bella bella
775non è nostra tutta tutta;
 e s’è brutta si fa odiosa,
 peggio poi s’è virtuosa;
 non potiamo, non vogliamo,
 quinci e quindi e noi e tu.
780Donne, donne e poi non più.
 
 SCENA II
 
 LAURA, ROSANA e GIACINTO
 
 LAURA
 Passerà, non è niente, io me la rido.
 Per sanar certi mali
 non bastano i speziali.
 Io so che ci vorrebbe a una ragazza
785a finch’ogni suo mal fosse guarito.
 ROSANA
 E che mai vi vorrebbe?
 LAURA
                                             Un buon marito.
 
    Le fanciulle giovinette
 son sogette a certi mali;
 ma non hanno gli speziali
790la ricetta che ci vuol.
 
    Altro recipe richiede
 della giovine il difetto;
 un amante giovinetto
 d’ogni mal sanar la puol.
 
 SCENA III
 
 GIACINTO e ROSANA
 
 GIACINTO
795Che ne dite, Rosana? La ricetta
 piacevi di Lauretta?
 ROSANA
                                        A dire il vero,
 un marito geniale
 credo ancora io non mi farebbe male.
 GIACINTO
 Tutti gl’affetti miei
800io vi presento, o cara.
 ROSANA
                                          Anzi se veri
 sono quei detti d’ieri...
 Basta; di più non dico.
 GIACINTO
 Sì, mia cara, v’intendo;
 e da voi sol la mia fortuna attendo.
 
805   Pensa che amante sei,
 che mi donasti il core,
 l’idea d’un dolce amore
 ti venga a consolar.
 
    Or che sicur mi vedo
810del vostro caro affetto,
 di gioia nel mio petto
 mi sento il cor brillar.
 
 SCENA IV
 
 ROSANA sola
 
 ROSANA
 Giacinto ha un certo brio
 che piace al genio mio.
815Per esso, a poco a poco,
 m’accese un dolce foco in seno amore;
 l’amo, l’adoro e gli ho donato il core.
 
    Principiai amar per gioco
 e d’amore il cuor m’accesi;
820già m’alletta il dolce foco
 e maggiore ognor si fa.
 
    Fra gli scherzi e fra i diletti
 oggi nacque il mio contento;
 ma d’amare io non mi pento,
825perché trovo fedeltà.
 
 SCENA V
 
 Camera in casa di Fabrizio
 
 Madama LINDORA e il CONTE
 
 CONTE
 Madama, il tutto è pronto.
 Lo speziale ha portato
 della polvere d’oro,
 un cordiale di perle,
830un elessir gemmato
 con qualche solutivo delicato.
 LINDORA
 Obligata di cor.
 CONTE
                               È mio dovere,
 per servire una dama sì garbata.
 LINDORA
 Io vi son vera serva ed obligata.
 CONTE
 
835   Vada.
 
 LINDORA
 
                 Sì, vada.
 
 CONTE
 
 Cara madama.
 
 LINDORA
 
 Contino amabile.
 
 A DUE
 
 Io parto, addio;
 non posso più.
840Il cor mi palpita,
 né so perché.
 
 LINDORA
 
    Ah, sì, vi son serva.
 
 CONTE
 
 Ah sì, vi son servitor.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Giardino in casa di Fabrizio che termina al fiume Brenta.
 
 FABRIZIO e poi tutti gli attori uno doppo l’altro
 
 FABRIZIO
 No, non vuo’ che si dica
845che io abbia avuto di grazia
 d’andare in casa d’altri
 doppo aver rovinato casa mia.
 Vuo’ fuggir la vergogna e scappar via.
 FORESTO
 Dove, signor Fabrizio?
 FABRIZIO
850Aspettatemi qui, che adesso torno.
 ROSANA
 Signor Fabrizio amato,
 degnatevi venir in casa mia.
 FABRIZIO
 Con buona grazia di vossignoria.
 GIACINTO
 Fermatevi, signore,
855e fateci l’onore
 di venir da Rosanna a star con noi.
 FABRIZIO
 Aspettate un pochino e son con voi.
 LINDORA
 Dove correte?
 FABRIZIO
                             Oh bella!
 LAURA
 Dove n’andate?
 FABRIZIO
                                Oh buona!
 CONTE
860Voi siete prigionier, non vi movete.
 FABRIZIO
 Che vi venga la rabbia a quanti siete.
 FORESTO
 Orsù, signor Fabrizio,
 permettete che io parli; ognuno sa
 che siete galantuomo,
865che siete rovinato,
 che non v’è più rimedio. Ognun vi prega
 che venghiate con noi; se ricusate,
 superbia e non virtù voi dimostrate.
 FABRIZIO
 Orsù, m’arrendo al generoso invito;
870non è poca fortuna
 per un uom rovinato
 esiger compassion dal mondo ingrato.
 Per lo più quegl’istessi
 che hanno mandato il misero in rovina
875lo metton con gli scherni alla berlina.
 TUTTI
 
    Signor Fabrizio,
 venga con noi
 e lieto poi
 ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
880   Vengo e ringrazio
 tanta bontà.
 
 TUTTI
 
    L’Arcadia in Brenta
 è terminata
 e la brigata
885via se ne va.
 
 FABRIZIO
 
    Andata fosse
 tre giorni fa!
 
 TUTTI
 
    Signor Fabrizio,
 venga con noi
890e lieto poi
 ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
    Vengo e ringrazio
 tanta bontà.
 
 Fine
 
 La seguente aria si canta invece di quella che si trova alla pagina 10 «Vogliamo fare», eccetera.
 
 LAURA
 
    Non m’avete ancor capito,
895brutto, matto, scimunito;
 qui non fate da padrone,
 altrimenti col bastone
 e con vostro poco gusto,
 vi mandiamo, vi scacciamo.
900Presto, presto, via di qua.
 
    Che bel sesto? Che bel fusto!
 E pretende a far l’amore?
 Qui non serve il bell’umore;
 carezzar quel brutto grugno
905con un schiaffo, con un pugno
 saria vera civiltà.
 
 
 
 L’ARCADIA IN BRENTA
 
 
    Dramma giocoso per musica da rappresentarsi in Amburgo l’anno MDCCLV, dedicato a sua altezza serenissima di Federico langravio e prencipe ereditario di Hessen Cassel, prencipe di Hersfeld, conte di Katzenelnbogen, Diez, Zigenhain, Nidda, Schaumburg e Hanau, eccetera.
    Stampato appresso la vedova Spieringk.
 
 Altezza serenissima,
    la gentilezza infinita, che ognun amira e che si vede chiaramente risplendere fra mille altre virtù e tutte singolarissime nel bell’animo di vostra altezza serenissima, m’ha reso ardito d’offerire a lei questo dramma che per la prima volta sarà rappresentato sopra questo teatro, confidando che non solo si degnerà di benignamente accettarlo ma si compiacerà d’accordargli di vantaggio l’onore della di lei alta protezzione; e fra tanto io potrò vantarmi d’aver avuta in questa dedicatoria un’opportuna occasione per dedicarle insieme l’ossequiosissima mia servitù; e sotto l’ombra di sì possenti auspici imploro la segnalata grazia ch’io possi con profondissimo rispetto appropriarmi il glorioso titolo d’essere di vostra altezza serenissima umilissimo, ubbedientissimo ed ossequiosissimo servitore.
 
    Giovanni Battista Loccatelli impresario
 
 
 PERSONAGGI
 
 ROSANNA
 (la signora Agata Sani)
 MADAMA LINDORA
 (la signora Teresa Alberis)
 MESSER FABRIZIO FABRONI di Fabriano
 (il signor Gabriele Messieri)
 GIACINTO
 (il signor Nicola Peretti)
 FORESTO
 (il signor Anastasio Massa)
 IL CONTE BELLEZZA
 (il signor Michele Angelo Potenza)
 LAURA
 (la signora Caterina Masi)
 
    La musica è del signor Baldassaro Galuppi detto il Buranello. I balli sono di vaga invenzione del signor Giuseppe Ciuti.
 
 Lettor gentilissimo,
    pochi saranno quelli che, letta L’Arcadia in Brenta, non averanno l’intiera cognizione. Si sa quasi comunemente aver figurato l’autore di quest’Arcadia una conversazione di sette civili ed oneste persone in un luogo delizioso fra quei magnifici palaggi che adornano il fiume Brenta e che formano una delle più belle villeggiature d’Italia. Tre uomini e tre donne formarono la raunanza, cioè Silvio, Giacinto, Foresto, Marina, Rosanna e Laura, a’ quali s’aggiunse dopo qualche giorno Fabrizio Fabroni di Fabriano che per la sua età e per il suo carattere, misto di sciocco e di faceto, riescì il condimento della gioconda società loro. L’Arcadia, di cui ora parlo, consiste principalmente in motti arguti, detti faceti, novelle spiritose, canzonette, madrigali e cose simili, per lo che, potendo una simile conversazione intitolarsi giocosa accademia, fu per la stessa ragione dall’autore intitolata L’Arcadia in Brenta, colla respettiva similitudine dell’Arcadia di Roma, in cui cose più serie e più elevate si trattano.
    Io adunque per argomento della mia presente operetta non prendo già L’Arcadia in Brenta che scritta trovasi dal nostro autore, poiché in essa materia non trovo per una teatrale rappresentazione.
    Sul fine di detta Arcadia, sciogliendo i sette arcadi la loro gentile conversazione, s’invitano vicendevolmente per la susseguente stagione e tutto che stabilissero passare sul fiume Sile, accadde però che quel tale messer Fabrizio Fabroni da Fabriano, piccatosi di generosità, volle trattar magnificamente la maggior parte di quelli che l’avevano favorito e seco li condusse in un suo casino sul fiume Brenta, formando in esso novellamente L’Arcadia in Brenta. Invitò Rosanna e Laura, Giacinto e Foresto, lasciando da parte Marina e Silvio, perché essi troppo sul vivo lo avevano motteggiato nell’altra Arcadia.
    S’accrebbe non pertanto il numero della conversazione con madama Lindora, dama di una straordinaria delicatezza, ed il conte Bellezza di una caricatissima affettazione.
    Il povero Fabrizio, di gran core ma di poche sostanze, per sostener l’impegno, a cui incautamente s’apprese, andò in rovina, rimasto in pochi dì senza denaro e senza robba e col rossore di doversi vedere scornato dagli ospiti e ridotta L’Arcadia in una comedia, che per lui poteva dirsi tragedia, a che molto ha contribuito Foresto, uno degli arcadi ma il più confidente di Fabrizio, quello a cui aveva egli raccomandata l’economia della casa.
    Questa mia Arcadia in Brenta è tanto istorica quanto quella di Ginnesio Gavardo Vacalerio, avendola ricavata da codici antichissimi della Malcontenta, ove vanno a terminar i suoi giorni tutti quelli che, come messer Fabrizio, si fanno mangiare il suo e si riducono poveri per volerla spacciar da grandi.
    La scena si rappresenta in un casino delizioso di messer Fabrizio, situato alle rive del fiume Brenta.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera terrena in casa di messer Fabrizio.
 
 FABRIZIO, che dorme sopra una poltrona in veste da camera, e FORESTO
 
 FORESTO
 Oh questa sì ch’è bella,
 il padrone di casa
 a tutt’i forastieri dà ricetto
 e gli convien dormir fuori del letto.
5Con questa bell’Arcadia
 ei si va rovinando ed io, che sono
 da questo sciocco economo creato,
 or che manca il denar, son imbrogliato.
 Orsù lo vo’ svegliar. Già s’alza il sole;
10oggi almeno ci vuole,
 fra quei che siamo e quelli che veranno,
 mezza l’entrata sua di tutto l’anno.
 Signor Fabrizio... Ehi signor Fabrizio.
 Svegliatevi, ch’è tardi.
15Su via, che s’alza il sole;
 v’ho da dir due parole.
 FABRIZIO
 Che? (Svegliandosi un poco)
 FORESTO
              Svegliatevi.
 FABRIZIO
                                      Sì.
 FORESTO
                                              V’ho da parlare.
 FABRIZIO
 Par... la... te.
 FORESTO
                          Egli si torna a addormentare.
 Su via, messer Fabrizio.
 FABRIZIO
                                               Seguitate. (Si risveglia)
 FORESTO
20Se voi non m’ascoltate,
 non vo’ parlar da stolto.
 FABRIZIO
 Tengo gli occhi serrati ma v’ascolto. (Dorme)
 FORESTO
 Ben, sappiate che io
 ho il denar terminato
25che voi m’avete dato,
 che per tante persone
 convien fare una buona provigione.
 Che rispondete? Sì, dorme di gusto.
 Signor Fabrizio...
 FABRIZIO
                                   Già.
 FORESTO
                                              M’avete inteso?
 FABRIZIO
30Ho inteso tutto.
 FORESTO
                                E ben, che rispondete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
 Ma il denar?
 FABRIZIO
                           Che denar?
 FORESTO
                                                   M’avete inteso?
 FABRIZIO
 Tutto non ho compreso.
 Tornate a dir.
 FORESTO
                            Alzatevi di grazia.
 FABRIZIO
35Voi avete timor ch’io m’addormenti,
 pericolo non v’è ma per gradirvi
 m’alzerò; via, parlate. (S’alza e si accosta bel bello al poggio della poltrona)
 FORESTO
 Ora, signor, sappiate
 che non v’è più denaro...
 FABRIZIO
                                               Ben.
 FORESTO
                                                          Che io
40non so più come far, che oggi s’aspetta (S’addormenta)
 nuova foresteria...
 E buonanotte di vosignoria.
 Signor Fabrizio... Ehi signor Fabrizio. (Più forte)
 Signor Fabrizio...
 FABRIZIO
                                   Che! Come!
 FORESTO
                                                           Voi siete
45impastato di sonno.
 FABRIZIO
                                       Io? Che dite?
 Dormo io? Signor no. Eccomi lesto.
 FORESTO
 Venite qua. (Lo prende per una mano e lo tien forte)
 FABRIZIO
                          Son qua.
 FORESTO
                                             Vi torno a dire,
 signor Fabrizio caro,
 che vi vuol del denaro.
 FABRIZIO
50Ed io risponderò,
 signor Foresto caro, io non ne ho.
 FORESTO
 Ma che fare dovrò
 per supplire l’impegno in cui voi siete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
55Non v’è denaro?
 FABRIZIO
                                 Oibò.
 FORESTO
                                              Grano?
 FABRIZIO
                                                              È venduto.
 FORESTO
 Quei cavalli indiscreti
 si potrian esitar.
 FABRIZIO
                                 Sì. (S’appoggia alla spalla di Foresto)
 FORESTO
                                         La carrozza?
 FABRIZIO
 La carroz... za... (S’addormenta)
 FORESTO
                                Eh io non sono pazzo
 di volervi servir di matarazzo.
 FABRIZIO
60Sì, la carrozza...
 FORESTO
                               O la carrozza o il carro,
 vi dico in due parole
 che se non v’è denar l’Arcadia vostra
 è presto terminata
 e tutta la brigata,
65provista d’appetito,
 grazie vi renderà del dolce invito.
 
    Se vi mancano i contanti,
 fate quel che fanno tanti,
 impegnate e poi vendete
70e se robba non avete
 già si sa l’usanza vaga
 che si compra e non si paga
 e si gode all’altrui spalle
 ed aspetta il creditor.
 
75   Questa regola è diffusa,
 da per tutto già si usa.
 Ed è segno ch’ha del credito,
 quando un uomo è debitor.
 
 SCENA II
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Per dirla, quasi quasi
80or or me n’anderei
 e l’Arcadia e i pastori impianterei.
 Ma se l’anno passato
 son già stato graziato, il dover mio
 vuol che st’anno lo stesso faccia anch’io.
85E poi? E poi vi son quelle ragazze
 che mi piaciono tanto
 e spero aver d’innamorarle il vanto.
 Ma diavolo, si spende
 troppo a rotta di collo.
90Voglio un po’ far il conto,
 quanto ho speso finora
 e quanto doverò spender ancora. (Tira fuori un foglio ed una penna da lapis)
 
    Quattrocento bei ducati...
 poverini sono andati.
95Sessantotto bei zecchini...
 sono andati poverini.
 Trenta doppie... oh che animale!
 Cento scudi... oh bestiale!
 Quanto fanno? Io non lo so.
 
100   I zecchini sessantotto
 co’ ducati quatrocento
 fanno... fanno... Oh che tormento!
 Basta, il conto è bello e fatto,
 perché un soldo più non ho.
 
 SCENA III
 
 Giardino che termina al fiume Brenta.
 
 ROSANNA, LAURA, GIACINTO, FORESTO sopra sedili erbosi, poi FABRIZIO
 
 A QUATTRO
 
105   Che amabile contento
 fra questi ameni fiori
 godere il bel concento
 degli augellin canori!
 Che bell’udir quest’aure,
110quell’onde a mormorar!
 
 FABRIZIO
 
    Che bella compagnia!
 Fa proprio innamorar.
 
 A QUATTRO
 
    Che bell’udir quest’aure,
 quell’onde susurrar!
 
 GIACINTO
115Bellissima Rosanna,
 nell’Arcadia novella
 bramo che siate voi mia pastorella.
 ROSANNA
 Anzi mi fate onore
 e vi accetto, signor, per mio pastore.
 FORESTO
120E voi, Lauretta cara,
 seguendo dell’Arcadia il paragone,
 la pecora sarete...
 LAURA
                                   E voi il caprone.
 FABRIZIO
 Bravi, così mi piace.
 Voi quatro in buona pace
125state qui allegramente
 ed il pover Fabrizio niente, niente.
 GIACINTO
 Via, sedete, o signore.
 FABRIZIO
                                           Io sederei
 qui volontieri un poco,
 s’uno di lor signor mi desse loco.
 FORESTO
130Intesi a dir fra l’altre cose vere
 che non manca mai sedia a chi ha il sedere.
 FABRIZIO
 (Cappari! Il caso è brutto.
 Io niente e loro tutto? Aspetta, aspetta).
 Amico, una parola. (A Foresto)
 FORESTO
                                      E che volete?
 FABRIZIO
135Parlar di quel negozio.
 FORESTO
 Di che?
 FABRIZIO
                  Non m’intendete? Uh capo storno!
 FORESTO
 Dell’argent?
 FABRIZIO
                                 Io!
 FORESTO
                                         Lauretta, adesso torno. (S’alza)
 Eccomi, ov’è il denaro?
 FABRIZIO
 Aspettate un momento.
140Passeggiate un tantino ed io mi sento.
 Ah ah, te l’ho ficcata. (Siede nel loco del Foresto)
 Oh questa sì ch’è bella,
 io non voglio star senza pastorella.
 FORESTO
 Pazienza, me l’hai fatta;
145ma mi vendicherò.
 LAURA
                                      (Vo’ divertirmi).
 Bella creanza al certo!
 Dove apprendeste mai
 cotanta inciviltà?
 FABRIZIO
                                  Ma finalmente...
 LAURA
 Finalmente, vi dico,
150non si tratta così.
 FABRIZIO
                                  Son io...
 LAURA
                                                   Voi siete
 un bell’ignorantaccio.
 Dirò meglio; voi siete un villanaccio.
 FABRIZIO
 Al padrone di casa?
 LAURA
                                       Che padrone!
 Questa casa, ch’è qui, non è più vostra.
155Questa è l’Arcadia nostra,
 noi siamo pastorelle e voi pastore
 e non serve che fate il bell’umore.
 FABRIZIO
 Dice ben.
 FORESTO
                     La capite?
 LAURA
 Non occorre che dite:
160«Voglio, non voglio».
 FABRIZIO
                                         Oibò.
 FORESTO
                                                      Vogliamo fare
 tutto quel che ci pare.
 FABRIZIO
 Signorsì.
 LAURA
                    E non è poca
 la nostra cortesia
 che non v’abbiam sinor cacciato via.
 FABRIZIO
165Padroni.
 FORESTO
                   Avete inteso?
 FABRIZIO
 Se non son sordo.
 LAURA
                                   Acciò ben la capisca
 la vostra mente stolta,
 ve lo tornerò a dir un’altra volta.
 
    Vogliamo fare
170quel che ci pare.
 Vogliam cantare,
 vogliam ballare
 e voi tacete,
 poiché voi siete
175senza giudizio.
 Signor Fabrizio,
 siete arrabbiato?
 Via, ch’ho burlato,
 non dirò più.
 
180   L’Arcadia nostra
 tutto permette.
 Due parolette
 non fanno male.
 Un animale
185di voi più docile
 giammai non fu.
 
 SCENA IV
 
 ROSANNA, GIACINTO, FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Io rimango incantato.
 FORESTO
 Signor, che cosa è stato?
 Se comanda seder, si serva pure.
190Oh questa sì ch’è bella!
 Io non voglio star senza pastorella. (Contrafacendo a Fabrizio)
 FABRIZIO
 Ancor voi mi burlate?
 FORESTO
 Io burlarvi? Pensate.
 Siete l’amico mio più fido e caro;
195ma se manca il denaro,
 vi giuro in fede mia
 che tutti ce n’andiamo in compagnia. (Parte)
 FABRIZIO
 Andate col malan ch’il ciel vi dia.
 Ma, signora Rosanna,
200che dite voi! Che dite voi, Giacinto,
 del parlar di Lauretta?
 GIACINTO
                                            E non vedete
 ch’ella si prende spasso?
 FABRIZIO
 Corpo di satanasso,
 cospettonon di Bacco,
205se me n’ha dette un sacco.
 ROSANNA
 Eppure il di lei sdegno
 parmi d’amore un segno.
 La femmina talora
 scaltra finge odiar quel che più adora.
 FABRIZIO
210Possibile che m’ami
 e così mi strapazzi?
 ROSANNA
                                       Io ve lo giuro,
 statene pur sicuro.
 Più volte l’amor suo m’ha confidato.
 Arde per voi.
 FABRIZIO
                           Che amor indiavolato!
 GIACINTO
215È ver? (Piano a Rosanna)
 ROSANNA
                 (Mi prendo spasso). (A Giacinto)
 Sapete la cagione (A Fabrizio)
 ch’or la rese furiosa?
 Perché è di me gelosa.
 FABRIZIO
                                           Or la capisco.
 Ma che motivo ha mai
220d’ingelosir di voi?
 ROSANNA
                                    Gli affetti miei
 ho confidati a lei.
 FABRIZIO
 Dunque voi pur mi amate?
 ROSANNA