Artaserse, libretto, Mannheim, Pierron, 1751

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Appartamenti reali.
 
 ARTASERSE ed ARTABANO
 
 ARTASERSE
 Dal carcere, o custodi, (Nel uscir verso la scena)
 qui si conduca Arbace. Ecco adempite
 le tue richieste; ah voglia il ciel che giovi
 questo incontro a salvarlo.
 ARTABANO
                                                  Io non vorrei
530che credessi, o signor, la mia domanda
 pietà di padre, ho mal fondata speme
 di trovarlo innocente. È troppo chiara
 la colpa sua, deve morir. Non altro
 mi muove a rivederlo
535che la tua sicurezza. Ancor del fallo
 è ignota la cagione,
 sono i complici ignoti, ogni segreto
 tenterò di scoprir.
 ARTASERSE
                                    La tua fortezza
 quanto invidio Artabano. Io mi sgomento
540d'un amico al periglio;
 tu non ti perdi e si condanna il figlio.
 ARTABANO
 Signor che far poss'io,
 s'ogni evento l'accusa e intanto Arbace
 si vede reo, non si difende e tace?
 ARTASERSE
545Ma innocente si chiama. I labbri suoi
 non son usi a mentir. Io m'allontano;
 in libertà seco ragiona; osserva,
 esamina il suo cor. Trova, se puoi,
 un'ombra di difesa. Accorda insieme
550la salvezza del figlio,
 la pace del tuo re, l'onor del trono;
 ingannami se puoi ch'io ti perdono.
 
    Rendimi il caro amico
 parte dell'alma mia,
555fa' ch'innocente sia,
 come l'amai finor.
 
    Compagni dalla cuna
 tu ci vedesti e sai
 che in ogni mia fortuna
560seco finor provai
 ogni piacer diviso,
 diviso ogni dolor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 ARTABANO, poi ARBACE con alcune guardie
 
 ARTABANO
 Son quasi in porto. Arbace
 avvicinati. E voi (Alle guardie)
565nelle prossime stanze
 pronti attendete ad ogni cenno. (Partono)
 ARBACE
                                                            Il padre
 solo con me!
 ARTABANO
                          Pur mi riesce, o figlio,
 di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
 all'incauto Artaserse
570la libertà di favellarti. Andiamo.
 Per una via che ignota
 sempre gli fu; scorgendo i passi tui
 deluder posso i suoi custodi e lui.
 ARBACE
 Mi proponi una fuga
575che saria prova al mio delitto.
 ARTABANO
                                                        Eh vieni
 folle che sei; la libertà ti rendo,
 t'involo al regio sdegno;
 agli applausi ti guido e forse al regno.
 ARBACE
 Che dici! Al regno?
 ARTABANO
                                      È da gran tempo, il sai,
580a tutti in odio il regio sangue. Andiam,
 alle commosse squadre
 basta mostrarti. Ho già la fede in pegno
 de' primi duci.
 ARBACE
                               Io divenir ribelle!
 Solo in pensarlo inorridisco! Ah padre
585lasciami l'innocenza.
 ARTABANO
                                         È già perduta
 nella credenza altrui. Sei prigioniero
 e comparisci reo.
 ARBACE
                                  Ma non è vero.
 ARTABANO
 E dovrò per salvarti
 contender teco? Altra ragion per ora
590non ricercar che il cenno mio. T'affretta.
 ARBACE
 No, perdona; sia questo
 il tuo cenno primiero
 trasgredito da me.
 ARTABANO
                                     Vinca la forza
 le resistenze tue. Sieguimi. (Va per prenderlo)
 ARBACE
                                                     In pace (Si scosta)
595lasciami o padre. A troppo gran cimento
 riduci il mio rispetto. Ah! se mi sforzi
 farò...
 ARTABANO
              Minacci ingrato!
 Parla. Di', che farai?
 ARBACE
                                        Nol so; ma tutto
 farò per non seguirti.
 ARTABANO
                                          E ben vediamo
600chi di noi vincerà. Sieguimi, andiamo. (Lo prende per la mano)
 ARBACE
 Custodi, olà?
 ARTABANO
                           T'accheta.
 ARBACE
                                                Olà custodi?
 Rendetemi i miei lacci. Al carcer mio
 guidatemi di nuovo. (Artabano lascia Arbace vedendo li custodi)
 
 ARTABANO
                                         (Ardo di sdegno).
 ARBACE
 Padre, un addio.
 ARTABANO
                                 Va', non t'ascolto, indegno.
 ARBACE
 
605   Mi scacci sdegnato!
 Mi sgridi severo!
 Pietoso, placato
 vederti non spero,
 se in questi momenti
610non senti pietà.
 
    Che ingiusto rigore!
 Che fiero consiglio!
 Scordarsi l'amore
 d'un misero figlio,
615d'un figlio infelice
 che colpa non ha. (Parte con le guardie)
 
 SCENA III
 
 ARTABANO, poi MEGABISE
 
 ARTABANO
 I tuoi deboli affetti
 vinci o Artabano. Un temerario figlio
 s'abbandoni al suo fato. Ah che nel core
620condannarlo non posso. Io l'amo appunto,
 perché non mi somiglia. A un tempo istesso
 e mi sdegno e l'ammiro
 e d'ira e di pietà fremo e sospiro.
 MEGABISE
 Che fai? Che pensi? Irresoluto e lento
625signor così ti stai? Non è più tempo
 di meditar ma d'eseguir. Si aduna
 de' satrapi il consiglio; ecco raccolte
 molte vittime insieme. I tuoi rivali
 là troveremo uniti. Uccisi questi
630piana è per te la via del trono. Arbace
 a liberar si voli.
 ARTABANO
                                Ah Megabise,
 che sventura è la mia! Ricusa il figlio
 e regno e libertà. De' giorni suoi
 cura non ha, perde sé stesso e noi.
 MEGABISE
635Che dici?
 ARTABANO
                     Invan finora
 con lui contesi.
 MEGABISE
                              A liberarlo a forza
 al carcere corriamo.
 ARTABANO
                                       Il tempo istesso
 che perderemo in superar la fede
 e il valor de' custodi, agio bastante
640al re sarà di preparar difese.
 MEGABISE
 È ver, dunque Artaserse
 prima si sveni e poi si salvi Arbace.
 ARTABANO
 Ma rimane in ostaggio
 la vita d'un mio figlio.
 
 MEGABISE
                                           Ad un partito
645convien pure appigliarsi.
 ARTABANO
                                                Il più sicuro
 è il non prenderne alcuno. Agio bisogna
 a ricompor le sconcertate fila
 della trama impedita.
 MEGABISE
                                           E se frattanto
 Arbace si condanna?
 ARTABANO
                                         Il caso estremo
650al più pronto rimedio
 risolvere ne farà.
 MEGABISE
                                  Di me disponi
 come più vuoi.
 ARTABANO
                              Deh non tradirmi, amico.
 MEGABISE
 Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?
 Tanto ingrato mi credi? Io mi rammento
655de' miei bassi principi; alla tua mano
 deggio quanto possiedo; a' primi gradi
 dal fango popolar tu mi traesti.
 Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?
 ARTABANO
 È poco o Megabise
660quanto feci per te; vedrai, s'io t'amo
 se m'arride il destin. So per Semira
 gli affetti tuoi, non gli condanno e penso...
 Eccola. Un mio comando
 l'amor suo t'assicuri e noi congiunga
665con più saldi legami.
 MEGABISE
                                         O qual contento!
 
 SCENA IV
 
 SEMIRA e detti
 
 ARTABANO
 Figlia, è questi il tuo sposo.
 SEMIRA
                                                    (Ahimè, che sento!)
 E ti par tempo, o padre,
 di stringere imenei, quando il germano...
 ARTABANO
 Non più. Può la tua mano
670molto giovargli.
 SEMIRA
                                Il sagrificio è grande.
 Signor meglio rifletti. Io son...
 ARTABANO
                                                         Tu sei
 folle, se mi contrasti;
 ecco il tuo sposo; io così voglio e basti. (Parte)
 
 SCENA V
 
 SEMIRA e MEGABISE
 
 SEMIRA
 Ascolta o Megabise; io mi lusingo
675alfin dell'amor tuo. Posso una prova
 sperarne a mio favor?
 MEGABISE
                                           Che non farei,
 cara, per ubbidirti!
 SEMIRA
                                      E pure io temo
 le ripugnanze tue.
 MEGABISE
                                    Questo timore
 dilegui un tuo comando.
 SEMIRA
                                               Ah se tu m'ami,
680questi imenei disciogli.
 MEGABISE
                                              Io!
 SEMIRA
                                                      Sì. Salvarmi
 del genitor così potrai dall'ira.
 MEGABISE
 T'ubbidirei ma parmi
 ch'ora meco scherzar voglia Semira.
 SEMIRA
 Io non parlo da scherzo.
 MEGABISE
                                              Eh non ti credo;
685vuoi così tormentarmi, io me n'avvedo.
 SEMIRA
 Tu mi deridi. Io ti credei finora
 più generoso amante.
 MEGABISE
                                          Ed io più saggia
 finora ti credei.
 SEMIRA
                                D'un'alma grande
 che bella prova è questa!
 MEGABISE
690Che discreta richiesta
 da farsi a un amator!
 SEMIRA
                                         T'apersi un campo,
 ove potevi esercitar con lode
 la tua virtù, senz'essermi molesto.
 MEGABISE
 La voglio esercitar ma non in questo.
 SEMIRA
695Dunque invano sperai?
 MEGABISE
                                              Sperasti invano.
 SEMIRA
 Dunque il pianto...
 MEGABISE
                                     Non giova.
 SEMIRA
 Queste preghiere mie...
 MEGABISE
                                              Son sparse a' venti.
 SEMIRA
 E bene, al padre ubbidirò; ma senti;
 non lusingarti mai
700ch'io voglia amarti. Abborrirò costante
 quel funesto legame
 che a te mi stringerà. Sarai, lo giuro,
 oggetto agl'occhi miei sempre d'orrore,
 la mano avrai ma non sperare il core.
 MEGABISE
705Non lo chiedo, o Semira. Io mi contento
 di vederti mia sposa. E per vendetta,
 se ti basta d'odiarmi,
 odiami pur, ch'io non saprò lagnarmi.
 
    Non temer ch'io mai ti dica
710alma infida, ingrato core.
 Possederti ancor nemica
 chiamerò felicità.
 
    Io detesto la follia
 d'un incomodo amatore
715che a' pensieri ancor vorria
 limitar la libertà. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 SEMIRA, poi MANDANE
 
 SEMIRA
 Qual serie di sventure un giorno solo
 unisce a' danni miei! Mandane, ah senti.
 MANDANE
 Non m'arrestar, Semira.
 SEMIRA
                                               Ove t'affretti?
 MANDANE
720Vado al real consiglio.
 SEMIRA
                                          Io tua seguace
 sarò, se giova all'infelice Arbace.
 MANDANE
 L'interesse è distinto;
 tu salvo il brami ed io lo voglio estinto.
 SEMIRA
 E un'amante d'Arbace
725parla così?
 MANDANE
                       Parla così, Semira,
 una figlia di Serse.
 SEMIRA
                                     Il mio germano
 o non ha colpa o per tua colpa è reo,
 perché troppo t'amò...
 MANDANE
                                           Questo è il maggiore
 de' falli suoi. Col suo morir degg'io
730giustificar me stessa e vendicarmi
 di quel rossor che soffre
 il mio genio real che a lui donato
 dovea destarlo a generose imprese
 e per mia pena un traditor lo rese.
 SEMIRA
735Va', sollecita il colpo,
 accusalo, spietata,
 riducilo a morir. Però misura
 prima la tua costanza. Hai da scordarti
 le speranze, gli affetti,
740la data fé, le tenerezze, i primi
 scambievoli sospiri, i primi sguardi
 e l'idea di quel volto,
 dove apprese il tuo core
 la prima volta a sospirar d'amore.
 MANDANE
745Ah barbara Semira,
 io che ti feci mai! Perché risvegli
 quella al dover ribelle
 colpevole pietà che opprimo in seno
 a forza di virtù? Perché ritorni
750con questa idea che 'l mio coraggio atterra
 fra' miei pensieri a rinovar la guerra.
 
    Se d'un amor tiranno
 credei di trionfar,
 lasciami nell'inganno,
755lasciami lusingar
 che più non amo.
 
    Se l'odio è il mio dover,
 barbara, e tu lo sai,
 perché avveder mi fai
760che invan lo bramo? (Parte)
 
 SCENA VII
 
 SEMIRA
 
 SEMIRA
 A qual di tanti mali
 prima oppormi degg'io? Mandane, Arbace,
 Megabise, Artaserse, il genitore
 tutti son miei nemici. Ognun m'assale
765in alcuna del cor tenera parte;
 mentre ad uno m'oppongo, io resto agli altri
 senza difesa esposta; ed il contrasto
 sola di tutti a sostener non basto.
 
    Se del fiume altera l'onda
770tenta uscir dal letto usato,
 corre a questa, a quella sponda
 l'affannato agricoltor.
 
    Ma disperde in su l'arene
 il sudor, le cure, l'arti;
775che se in una ei lo trattiene,
 si fa strada in cento parti
 il torrente vincitor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Gran sala del real consiglio con trono da un lato, sedili dall’altro per i grandi del regno. Tavolino e sedia alla destra del sudetto trono.
 
 ARTASERSE preceduto da una parte delle guardie e da’ grandi del regno, seguito dal restante delle guardie, poi MEGABISE
 
 ARTASERSE
 Eccomi, o della Persia
 fidi sostegni, del paterno soglio
780le cure a tolerar. Son del mio regno
 sì torbidi i principi e sì funesti
 che l'inesperta mano
 teme di questo avvicinarsi al freno;
 voi che nudrite in seno
785zelo, valore, esperienza e fede,
 dell'affetto in mercede
 che 'l mio gran genitor vi diede in dono,
 siatemi scorta in su le vie del trono.
 MEGABISE
 Mio re, chiedono a gara
790e Mandane e Semira a te l'ingresso.
 ARTASERSE
 Oh dei! Vengano. Io vedo (Parte Megabise)
 qual diversa cagione entrambe affretta.
 
 SCENA IX
 
 MANDANE, SEMIRA, MEGABISE e detto
 
 SEMIRA
 Artaserse, pietà.
 MANDANE
                                 Signor, vendetta;
 d'un reo chiedo la morte.
 SEMIRA
                                                Ed io la vita
795chiedo d'un innocente.
 MANDANE
                                            Il fallo è certo.
 SEMIRA
 Incerto è il traditor.
 MANDANE
                                       Condanna Arbace
 ogni apparenza.
 SEMIRA
                                Assolve
 Arbace ogni ragion.
 MANDANE
                                       L'amor l'accusa.
 SEMIRA
 L'amicizia il difende.
 MANDANE
                                          Il sangue sparso
800dalle vene del padre
 chiede un castigo.
 SEMIRA
                                    E il conservato sangue
 nelle vene del figlio un premio chiede.
 MANDANE
 Ricordati...
 SEMIRA
                        Rammenta...
 MANDANE
 Che sostegno del trono
805solo è il rigor.
 SEMIRA
                            Che la clemenza è base.
 MANDANE
 D'una misera figlia,
 deh t'irriti il dolor.
 SEMIRA
                                     Ti plachi il pianto
 d'una afflitta germana.
 MANDANE
                                             Ognun che vedi,
 fuor che Semira, il sacrificio aspetta.
 SEMIRA
810Artaserse pietà. (S’inginochiano)
 MANDANE
                                 Signor vendetta.
 ARTASERSE
 Sorgete, oh dio, sorgete... Ah vieni, vieni
 consolami, Artabano. Hai per Arbace (Vedendo Artabano)
 difesa alcuna. Ei si discolpa?
 
 SCENA X
 
 ARTABANO e detti
 
 ARTABANO
                                                       È vana
 la tua, la mia pietà. La sua salvezza
815o non cura o dispera.
 ARTASERSE
                                         E vuol ridurmi
 l'ingrato a condannarlo?
 SEMIRA
 Condannarlo? Ah crudel! Dunque vedrassi
 sotto un'infame scure
 di Semira il germano,
820della Persia l'onore,
 l'amico d'Artaserse, il difensore?
 Misero Arbace! Inutile mio pianto!
 Vilipeso dolor!
 ARTASERSE
                              Semira, a torto
 m'accusi di crudel. Che far poss'io,
825se difesa non ha? Tu che faresti?
 Che farebbe Artabano? Olà custodi,
 Arbace a me si guidi; il padre istesso
 sia giudice del figlio. Egli l'ascolti,
 ei l'assolva, se può. Tutta in sua mano
830la mia depongo autorità reale.
 ARTABANO
 Come!
 MANDANE
                E tanto prevale
 l'amicizia al dover? Punir nol vuoi,
 se la pena del reo commetti al padre.
 ARTASERSE
 A un padre io la commetto
835di cui nota è la fé.
 MANDANE
                                   Ma sempre è padre.
 ARTASERSE
 Perciò doppia ragione
 ha di punirlo.
 ARTABANO
                            Ah signor, qual cimento...
 ARTASERSE
 Degno di tua virtù.
 ARTABANO
                                      Di questa scelta
 che si dirà?
 ARTASERSE
                         Che si può dir? Parlate, (A’ grandi)
840se v'è ragion che a dubitar vi muova.
 MEGABISE
 Il silenzio d'ognun, la scelta approva.
 SEMIRA
 Ecco il germano.
 MANDANE
                                 (Aimè!)
 ARTASERSE
                                                   S'ascolti. (Va in trono e i grandi siedono)
 ARTABANO
                                                                      (Affetti,
 ah tolerate il freno). (Nell’andare a sedere al tavolino)
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 
 SCENA XI
 
 ARBACE con catene fra alcune guardie e detti
 
 ARBACE
845Tanto in odio alla Persia
 dunque son io che di mia rea fortuna
 l'ingiustizie a mirar tutta s'aduna!
 Mio re.
 ARTASERSE
                 Chiamami amico. Infin ch'io possa
 dubitar del tuo fallo, esser lo voglio.
850E perché sì bel nome
 in un giudice è colpa, ad Artabano
 il giudizio è commesso.
 ARBACE
                                             Al padre!
 ARTASERSE
                                                                 A lui.
 ARBACE
 (Gelo d'orror).
 ARTABANO
                              Che pensi? Ammiri forse
 la mia costanza?
 ARBACE
                                 Inorridisco, o padre,
855nel mirarti in quel luogo e ripensando
 quale io son, qual tu sei, come potesti
 farti giudice mio; come conservi
 così intrepido il volto; e non ti senti
 l'anima lacerar?
 ARTABANO
                                 Quei moti interni,
860ch'io provo in me, tu ricercar non devi;
 né quale intelligenza
 abbia col volto il cor. Qualunque io sia
 lo son per colpa tua. Se a' miei consigli
 tu davi orecchio e seguitar sapevi
865l'orme d'un padre amante, in faccia a questi
 giudice non sarei, reo non saresti.
 ARTASERSE
 Misero genitor!
 MANDANE
                                Qui non si venne
 i vostri ad ascoltar privati affanni;
 o Arbace si difenda o si condanni.
 ARBACE
870(Quanto rigor!)
 ARTABANO
                                Dunque alle mie richieste
 risponda il reo. Tu comparisci, Arbace,
 di Serse l'uccisor. Ne sei convinto;
 ecco le prove. Un temerario amore,
 uno sdegno ribelle...
 ARBACE
                                        Il ferro, il sangue,
875il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga,
 so che la colpa mia fanno evidente;
 e pur vera non è, sono innocente.
 ARTABANO
 Dimostralo se puoi; placa lo sdegno
 dell'offesa Mandane.
 ARBACE
                                         Ah se mi vuoi
880costante nel soffrir, non assalirmi
 in sì tenera parte. Al nome amato,
 barbaro genitor...
 ARTABANO
                                   Taci, e non vedi
 nella tua cieca intoleranza e stolta
 dove sei, con chi parli e chi t'ascolta?
 ARBACE
885Ma padre...
 ARTABANO
                        (Affetti, ah tolerate il freno!)
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 SEMIRA
 Chiede pur la tua colpa
 difesa o pentimento.
 ARTASERSE
                                         Ah porgi aita
 alla nostra pietà.
 ARBACE
                                 Mio re non trovo
890né colpa né difesa
 né motivo a pentirmi e se mi chiedi
 mille volte ragion di questo eccesso,
 tornarò mille volte a dir l'istesso.
 ARTABANO
 (O amor di figlio!)
 MANDANE
                                     Egli ugualmente è reo,
895o se parla o se tace. Or che si pensa?
 Il giudice che fa? Questo è quel padre
 che vendicar doveva un doppio oltraggio?
 ARBACE
 Mi vuoi morto, o Mandane?
 MANDANE
                                                     (Alma, coraggio).
 ARTABANO
 Principessa, è il tuo sdegno
900sprone alla mia virtù. Resti alla Persia
 nel rigor d'Artabano un grand'esempio
 di giustizia e di fé non visto ancora.
 Io condanno il mio figlio; Arbace mora. (Sottoscrive il foglio)
 MANDANE
 (Oh dio!)
 ARTASERSE
                     Sospendi amico
905il decreto fatal.
 ARTABANO
                              Segnato è il foglio,
 ho compito il dover. (S’alza e dà il foglio)
 ARTASERSE
                                        Barbaro vanto! (Scende dal trono e i grandi si levano da sedere)
 SEMIRA
 Padre inumano!
 MANDANE
                                 (Ah mi tradisce il pianto!)
 ARBACE
 Piange Mandane! E pur sentisti alfine
 qualche pietà del mio destin tiranno?
 MANDANE
910Si piange di piacer, come d'affanno.
 ARTABANO
 Di giudice severo
 adempite ho le parti. Ah si permetta
 agl'affetti di padre
 uno sfogo, o signor. Figlio perdona
915alla barbara legge
 d'un tiranno dover. Soffri che poco
 ti rimane a soffrir. Non ti spaventi
 l'aspetto della pena; il mal peggiore
 è de' mali il timor.
 ARBACE
                                     Vacilla, o padre,
920la sofferenza mia. Trovarmi esposto
 in faccia al mondo intero
 in sembianza di reo; veder recise
 sul verdeggiar le mie speranze; estinti
 su l'aurora i miei dì; vedermi in odio
925alla Persia, all'amico, a lei che adoro;
 saper che il padre mio...
 Barbaro padre... (Ah ch'io mi perdo!) Addio. (In atto di partire, poi si ferma)
 ARTABANO
 (Io gelo).
 MANDANE
                    (Io moro).
 ARBACE
                                          O temerario Arbace,
 dove trascorri? Ah genitor, perdono;
930eccomi a' piedi tuoi. Scusa i trasporti
 d'un insano dolor. Tutto il mio sangue
 si versi pur, non me ne lagno; e invece
 di chiamarla tiranna,
 io bacio quella man che mi condanna.
 ARTABANO
935Basta, sorgi; pur troppo
 hai ragion di lagnarti;
 ma sappi... (Oh dei!) Prendi un abbraccio e parti.
 ARBACE
 
    Per quel paterno amplesso,
 per questo estremo addio,
940conservami te stesso;
 placami l'idol mio,
 difendimi il mio re.
 
    Vado a morir beato,
 se della Persia il fato
945tutto si sfoga in me. (Parte fra le guardie seguito da Megabise e partono i grandi)
 
 SCENA XII
 
 MANDANE, ARTASERSE, SEMIRA ed ARTABANO
 
 MANDANE
 (Ah, che al partir d'Arbace,
 io comincio a provar che sia la morte!)
 ARTABANO
 A prezzo del mio sangue ecco o Mandane
 sodisfatto il tuo sdegno.
 MANDANE
                                              Ah scelerato!
950Fuggi dagli occhi miei, fuggi la luce
 delle stelle e del sol; celati indegno
 nelle più cupe e cieche
 viscere della terra,
 se pur la terra istessa a un empio padre,
955così d'umanità privo e d'affetto,
 nelle viscere sue darà ricetto.
 ARTABANO
 Dunque la mia virtù...
 MANDANE
                                           Taci inumano;
 di qual virtù ti vanti?
 Ha questa i suoi confini; e quando eccede,
960cangiata in vizio ogni virtù si vede.
 ARTABANO
 Ma non sei quell'istessa
 che finor m'irritò?
 MANDANE
                                     Son quella e sono
 degna di lode. E se dovesse Arbace
 giudicarsi di nuovo, io la sua morte
965di nuovo chiederei. Dovea Mandane
 un padre vendicar; salvare un figlio
 Artabano dovea. A te l'affetto,
 l'odio a me conveniva. Io l'interesse
 d'una tenera amante
970non dovevo ascoltar. Ma tu dovevi
 di giudice il rigor porre in obblio;
 questo era il tuo dover. Questo era il mio.
 
    Va' tra le selve ircane
 barbaro genitore;
975fiera di te peggiore,
 mostro peggior non v'è.
 
    Quanto di reo produce
 l'Affrica al Sol vicina,
 l'inospita marina,
980tutto s'aduna in te. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 ARTASERSE, SEMIRA ed ARTABANO
 
 ARTASERSE
 Quanto, amata Semira,
 congiura il ciel del nostro Arbace a danno!
 SEMIRA
 Inumano, tiranno!
 Così presto ti cangi?
985Prima uccidi l'amico e poi lo piangi?
 ARTASERSE
 All'arbitrio del padre
 la sua vita commisi
 ed io sono il tiranno? Ed io l'uccisi?
 SEMIRA
 Questa è la più ingegnosa
990barbara crudeltà. Giudice il padre
 era servo alla legge. A te sovrano
 la legge era vassalla. Ei non poteva
 esser pietoso e tu dovevi. Eh dimmi
 che godi di veder svenato un figlio
995per man del genitore,
 che amicizia non hai, non senti amore. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 ARTASERSE ed ARTABANO
 
 ARTASERSE
 Dell'ingrata Semira
 i rimproveri udisti?
 ARTABANO
                                        Udisti i sdegni
 dell'ingiusta Mandane?
 ARTASERSE
                                              Io son pietoso
1000e tiranno mi chiama.
 ARTABANO
                                         Io giusto sono
 e mi chiama crudel.
 ARTASERSE
                                       Di mia clemenza
 è questo il prezzo!
 ARTABANO
                                    La mercede è questa
 d'un'austera virtù!
 ARTASERSE
                                     Quanto in un giorno,
 quanto perdo Artabano!
 ARTABANO
                                               Ah non lagnarti;
1005lascia a me le querele. Oggi d'ogni altro
 più misero son io.
 ARTASERSE
 Grande è il tuo duol ma non è lieve il mio. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 ARTABANO
 
 ARTABANO
 Son pur solo una volta e dall'affanno
 respiro in libertà; quasi mi persi
1010nel sentirmi d'Arbace
 giudice destinar. Ma superato
 non si pensi al periglio;
 salvai me stesso, or si difenda il figlio.
 
    Così stupisce e cade
1015pallido e smorto in viso
 al fulmine improviso
 l'attonito pastor.
 
    Ma quando poi s'avvede
 del vano suo spavento,
1020sorge, respira e riede
 a numerar l'armento
 disperso dal timor.
 
 Balletto
 
 Fine dell’atto secondo