Demofoonte, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1775

215che Demetrio ebbe nome.
 FENICIO
                                                  Or sappi, amico,
 che vive il real germe
 ed a te non ignoto.
 MITRANE
                                     Il ver mi narri
 o pur fole son queste?
 FENICIO
 Anche più ti dirò. Vive in Alceste.
 MITRANE
220Numi, che ascolto!
 FENICIO
                                     In queste braccia il padre
 lo depose fuggendo. Ei mi prescrisse
 di nominarlo Alceste. Al sen mi strinse
 e dividendo i baci
 tra il figlio e me, s’intenerì, mi disse:
225«Conserva il caro pegno
 al genitore, alla vendetta, al regno».
 MITRANE
 Or la ragion comprendo
 del tuo zelo per lui. Ma per qual fine
 celarlo tanto?
 FENICIO
                            Avventurar non volli
230una vita sì cara. Io sparsi ad arte
 che Demetrio vivea;
 tacqui che fosse Alceste; e questa voce
 contro Alessandro a sollevar di Creta
 sai che l’armi bastò; sai che ’l tiranno
235nella pugna morì. Ma vario effetto
 il nome di Demetrio
 produce in Siria. Ambiziosi i grandi
 niegan fede alla fama, onde bisogna
 soccorso esterno a stabilirlo in soglio.
240Da’ Cretensi l’attendo
 ma invano giungerà. Lontano è Alceste;
 non so s’ei viva; e Cleonice intanto
 elegge un re.
 MITRANE
                           Ma Cleonice elegga;
 sempre, quando ritorni e che ’l soccorso
245abbia di Creta, Alceste
 vendicar si potrà.
 FENICIO
                                   Questo non era,
 Mitrane, il mio pensier. Sperai che un giorno,
 fatto consorte a Cleonice, Alceste
 ricuperasse il regno
250senza toglierlo a lei. L’eccelsa donna
 degna è di possederlo. A tale oggetto
 alimentai l’affetto
 nel cor d’entrambi. E se il destin... Ma perdo
 l’ore in querele. Io di mie cure, amico,
255ti chiamo a parte. Avrem dell’opra il frutto,
 sol che tempo s’acquisti. Andiam. Si cerchi
 d’interromper la scelta. Al caso estremo
 s’avventuri il segreto. In faccia al mondo
 tu mi seconda; e, se coll’armi è d’uopo,
260tu coll’armi m’assisti.
 MITRANE
 Ecco tutto il mio sangue. In miglior uso
 mai versar nol potrò. Chiamasi acquisto
 il perdere una vita
 a favor del suo re. Sì bella morte
265invidiata saria.
 FENICIO
                               Vieni al mio seno,
 generoso vassallo. Ai detti tuoi
 sento per tenerezza
 il ciglio inumidir; sento nel petto
 rinvigorir la speme; e veggo un raggio
270del favor degli dei nel tuo coraggio.
 
    Ogni procella infida
 varco sicuro e franco
 colla virtù per guida,
 colla ragione al fianco,
275colla mia gloria in sen.
 
    Virtù fedel mi rende,
 ragion mi fa più forte;
 la gloria mi difende
 dalla seconda morte
280dopo il mio fato almen. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 MITRANE
 
 MITRANE
 Non poteva un Alceste
 nascer fra le capanne. Il suo sembiante,
 ogni moto, ogni accento
 palesava abbastanza il cor gentile
285negli atti ancor del portamento umile.
 
    Alma grande e nata al regno
 fra le selve ancor tramanda
 qualche raggio, qualche segno
 dell’oppressa maestà.
 
290   Come il fuoco in chiuso loco
 tutto mai non cela il lume,
 come stretto in picciol letto
 nobil fiume andar non sa. (Parte)
 
 SCENA VII
 
  Luogo magnifico con trono da un lato e sedili in faccia al suddetto trono per li grandi del regno. Vista in prospetto del gran porto di Seleucia con molo. Navi illuminate per solennizzare l’elezione del nuovo re.
 
 CLEONICE preceduta dai grandi del regno, seguita da FENICIO e da OLINTO; guardie e popolo
 
 CORO
 
    Ogni nume ed ogni diva
295sia presente al gran momento
 che palesa il nostro re.
 
 PRIMO CORO
 
    Scenda Marte, Amor discenda,
 senza spada e senza benda.
 
 SECONDO CORO
 
 Coll’ulivo e colla face
300Imeneo venga e la Pace.
 
 PRIMO CORO
 
 Venga Giove ed abbia a lato
 gli altri dei, la Sorte e ’l Fato.
 
 SECONDO CORO
 
 Ma non abbia in questa riva
 i suoi fulmini con sé.
 
 CORO
 
305   Ogni nume ed ogni diva
 sia presente al gran momento
 che palesa il nostro re. (Nel tempo che si canta il suddetto coro, Cleonice, servita da Fenicio, va in trono a sedere)
 
 OLINTO
 Dal tuo labbro, o regina, il suo monarca
 la Siria tutta impaziente attende.
310Risolvi. Ognuno il gran momento affretta
 con silenzio modesto.
 CLEONICE
 Sedete. (Oh dei, che gran momento è questo!) (Siedono Fenicio, Olinto e gli altri grandi)
 FENICIO
 (Che mai farò?)
 CLEONICE
                                 Voi m’innalzaste al trono;
 son grata al vostro amor; ma troppo è il peso
315che uniste al dono. E chi fra tanti uguali
 di merti e di natali
 incerto non saria? Ne’ miei pensieri
 dubbiosa, irresoluta, or questo, or quello
 ricuso, eleggo; e mille faccio e mille
320cangiamenti in un’ora.
 A sceglier vengo e sono incerta ancora.
 FENICIO
 E ben, prendi, o regina,
 maggior tempo a pensar.
 OLINTO
                                                Come!
 FENICIO
                                                               T’accheta.
 Teco tanto indiscreta (A Cleonice)
325non è la Siria; e ognun di noi conosce
 quanto è grande il cimento.
 OLINTO
                                                     È dunque poco
 il giro di tre lune? In questa guisa,
 Cleonice, potrai
 prometter sempre e non risolver mai.
 FENICIO
330Audace, e chi ti rese
 temerario a tal segno?
 OLINTO
                                           Il zelo, il giusto,
 il periglio di lei. Se ancor delusa
 oggi resta la Siria, io non so dirti
 dove giunger potrebbe
335l’intolleranza sua.
 FENICIO
                                   Potrebbe forse
 pentirsi dell’ardir. Chi siede in trono
 leggi non soffre. Il numero degli anni,
 se mi scema vigore,
 non mi toglie coraggio. Il sangue mio
340per la sua libertà
 tutto si verserà...
 CLEONICE
                                  Fenicio, oh dio!
 Non risvegliar, ti prego,
 nuove discordie. Il differir che giova?
 Sempre incerta sarei.
345Udite. Io sceglierò...
 FENICIO
                                       Sceglier non dei.
 (S’avventuri l’arcano).
 CLEONICE
                                            A noi che porta
 frettoloso Mitrane? (Vedendo venir Mitrane)
 
 SCENA VIII
 
 MITRANE, poi ALCESTE dal porto e detti
 
 MITRANE
                                       In questo punto
 sopra picciolo legno Alceste è giunto.
 CLEONICE
 (Numi!)
 FENICIO
                   (Respiro!)
 CLEONICE
                                         Ove si trova?
 MITRANE
                                                                   Ei viene. (Accennando verso il porto)
 CLEONICE
350Fenicio, Olinto, (ah ch’io mi perdo!) andate (S’alza dal trono e seco s’alzano tutti)
 l’amico ad abbracciar che s’avvicina.
 (Io quasi mi scordai d’esser regina). (Torna a sedere. Fenicio e Mitrane vanno ad incontrare Alceste, che in picciola barca si vede approdare, e l’abbracciano)
 OLINTO
 (Inopportuno arrivo!)
 CLEONICE
                                           (Ecco il mio bene. (Verso Alceste che s’avvicina)
 Tu palpiti, o cor mio,
355che riconosci, oh dio! le tue catene).
 ALCESTE
 Pur mi concede il fato
 il piacer sospirato
 di trovarmi a’ tuoi piedi, o mia regina.
 Pur il ciel mi concede
360che a te della mia fede
 recar sui labbri miei possa il tributo.
 Felice me, se ancora
 fra le cure del regno
 d’un regio sguardo il mio tributo è degno.
 CLEONICE
365E privata e sovrana
 l’istessa Cleonice in me ritrovi.
 Oh quanto, Alceste, oh quanto
 atteso giungi e sospirato e pianto!
 FENICIO
 (Torno a sperar).
 CLEONICE
                                  Ma qual disastro a noi
370sì gran tempo ti tolse?
 OLINTO
                                           (Oh sofferenza!)
 ALCESTE
 Sai che la mia partenza
 col re tuo genitor...
 OLINTO
                                     Sappiamo, Alceste,
 la pugna, le tempeste,
 di lui la morte e le vicende...
 CLEONICE
                                                      Il resto
375dunque giovi ascoltar. Siegui.
 OLINTO
                                                        (Che pena!)
 ALCESTE
 Al cader d’Alessandro in noi l’ardire
 tutto mancò. Già le nemiche squadre
 balzan sui nostri legni; orrido scempio
 si fa de’ vinti; in mille aspetti e mille
380erra intorno la morte. Altri sommerso,
 altri spira trafitto e si confonde
 la cagion del morir tra ’l ferro e l’onde.
 Io, sfortunato avanzo
 di perdite sì grandi, odiando il giorno,
385su la scomposta prora
 d’infranta nave a mille strali esposto,
 lungamente pugnai, finché, versando
 da cento parti il sangue,
 perdei l’uso de’ sensi e caddi esangue.
 CLEONICE
390(Mi fa pietà).
 ALCESTE
                            Quindi in balia dell’onde
 quanto errai non so dirti. Aprendo il ciglio,
 il lacero naviglio
 so che più non rividi. In rozzo letto
 sotto rustico tetto io mi trovai.
395Ingombre le pareti
 eran di nasse e reti; e curvo e bianco
 pietoso pescator mi stava al fianco.
 CLEONICE
 Ma in qual terra giungesti?
 ALCESTE
                                                    In Creta; ed era
 cretense il pescator. Questi sul lido
400mi trovò semivivo. Al proprio albergo
 pietoso mi portò. Ristoro al seno,
 dittamo alle ferite
 sollecito apprestò. Questi provvide
 dopo lungo soggiorno
405di quel picciolo legno il mio ritorno.
 FENICIO
 Oh strani eventi!
 OLINTO
                                  Alfine
 l’istoria terminò. Tempo sarebbe...
 CLEONICE
 T’intendo, Olinto; io sceglierò lo sposo.
 Ciascun sieda e m’ascolti. (Fenicio, Olinto e gli altri grandi siedono)
 ALCESTE
                                                  (Io ritornai
410opportuno alla scelta). (Alceste volendo sedere, è impedito da Olinto)
 OLINTO
                                            Olà, che fai?
 ALCESTE
 Servo al cenno real.
 OLINTO
                                      Come! Al mio fianco
 vedrà la Siria un vil pastore assiso?
 ALCESTE
 La Siria ha già diviso
 Alceste dal pastor. Depose Alceste
415tutto l’esser primiero,
 allor che di pastor si fe’ guerriero.
 OLINTO
 Ma in quelle vene ancora
 scorre l’ignobil sangue.
 ALCESTE
                                             In queste vene
 tutto si rinnovò; tutto il cangiai,
420quando in vostra difesa io lo versai.
 OLINTO
 Ma qual de’ tuoi maggiori
 a tant’oltre aspirar t’aprì la strada?
 ALCESTE
 Il mio cor, la mia destra e la mia spada.
 OLINTO
 Dunque...
 FENICIO
                      Eh taci una volta.
 OLINTO
                                                        Almen si sappia
425la chiarezza qual è degli avi sui.
 FENICIO
 Finisce in te, quando comincia in lui.
 CLEONICE
 Non più; nel mio comando
 si nobilita Alceste.
 OLINTO
                                    In questo loco
 solo ai gradi supremi
430di sedere è permesso.
 CLEONICE
                                           E bene, Alceste
 sieda duce dell’armi,
 del sigillo real sieda custode.
 Ti basta, Olinto? (Alceste siede e Olinto si alza)
 OLINTO
                                  Ah questo è troppo. A lui
 dona te stessa ancor. Conosce ognuno
435dove giunger tu brami.
 FENICIO
                                             In questa guisa,
 temerario, rispondi? Al braccio mio
 lascia il peso, o regina,
 di punir quell’audace.
 CLEONICE
                                           Ai merti suoi,
 all’inesperta età tutto perdono
440ma taccia in avvenir.
 FENICIO
                                         Siedi e raffrena
 tacendo almeno il violento ingegno. (Ad Olinto)
 Udisti?
 OLINTO
                 Ubbidirò. (Fremo di sdegno). (Torna a sedere)
 CLEONICE
 Scelsi già nel mio cor; ma, pria che faccia
 palese il mio pensiero, un’altra io bramo
445sicurezza da voi. Giuri ciascuno
 di tollerar del nuovo re l’impero,
 sia di Siria o straniero
 o sia di chiaro o sia di sangue oscuro.
 OLINTO
 (Come tacer!)
 FENICIO
                             Su la mia fé lo giuro.
 CLEONICE
450Siegui, Olinto.
 FENICIO
                              Non parli?
 OLINTO
 Lasciatemi tacer.
 CLEONICE
                                  Forse ricusi?
 OLINTO
 Io n’ho ragion. Né solo
 m’oppongo al giuramento. Altri vi sono...
 CLEONICE
 E ben, su questo trono (S’alza dal trono e seco tutti)
455regni chi vuole. Io d’un servile impero
 non voglio il peso.
 FENICIO
                                    Eh non curar di pochi
 il contrasto, o regina, in faccia a tanti
 rispettosi vassalli.
 CLEONICE
                                    In faccia mia
 l’ardir di pochi io tollerar non deggio. (Scende dal trono)
460Libero il gran consiglio
 l’affar decida. O senza legge alcuna
 sceglier mi lasci o soffra
 che da quel soglio, ove richiesta ascesi,
 volontaria discenda. Almen privata
465disporrò del cor mio. Volger gli affetti
 almen potrò dove più il genio inclina;
 ed allor crederò d’esser regina.
 
    Se libera non sono,
 se ho da servir nel trono,
470non curo di regnar,
 l’impero io sdegno.
 
    A chi servendo impera
 la servitude è vera,
 è finto il regno. (Parte Cleonice, seguita da Mitrane, dai grandi, dalle guardie e dal popolo)
 
 SCENA IX
 
 FENICIO, OLINTO ed ALCESTE
 
 FENICIO
475Così de’ tuoi trasporti
 sempre arrossir degg’io? Né mai de’ saggi
 il commercio, l’esempio
 emendar ti farà?
 OLINTO
                                  Ma, padre, io soffro
 ingiustizia da te. Potresti al soglio
480innalzarmi e m’opprimi.
 FENICIO
                                                Avrebbe invero
 la Siria un degno re; torbido, audace,
 violento, inquieto...
 OLINTO
                                      Il caro Alceste
 saria placido, umile,
 generoso, prudente... Ah chi d’un padre
485gli affetti ad acquistar l’arte m’addita!
 FENICIO
 Vuoi gli affetti d’un padre? Alceste imita.
 
    Se fecondo e vigoroso
 crescer vede un arboscello,
 si affatica intorno a quello
490il geloso agricoltor.
 
    Ma da lui rivolge il piede,
 se lo vede in su le sponde
 tutto rami e tutto fronde,
 senza frutto e senza fior. (Parte)
 
 SCENA X
 
 OLINTO ed ALCESTE
 
 OLINTO
495Nelle tue scuole il padre
 vuol ch’io virtude apprenda. E bene, Alceste,
 comincia ad erudirmi. Ah, renda il cielo
 così l’ingegno mio facile e destro
 che non faccia arrossir sì gran maestro.
 ALCESTE
500Signor, quei detti amari
 soffro solo da te. Senza periglio
 tutto può dir chi di Fenicio è figlio.
 OLINTO
 Io poco saggio invero
 ragionai col mio re. Signor, perdona
505se offendo in te la maestà del soglio.
 ALCESTE
 Olinto, addio. Più cimentar non voglio
 la sofferenza mia. Tu scherzi meco,
 m’insulti, mi deridi
 e del rispetto mio troppo ti fidi.
 
510   Scherza il nocchier talora
 coll’aura che si desta
 ma poi divien tempesta
 che impallidir lo fa.
 
    Non cura il pellegrino
515picciola nuvoletta
 ma, quando men l’aspetta,
 quella tonando va. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 OLINTO
 
 OLINTO
 Chi di costui l’oscura
 origine ignorasse ai detti alteri
520di Pelope o d’Alcide
 progenie il crederebbe. E pure, ad onta
 del rustico natale,
 Alceste per Olinto è un gran rivale.
 
    Che mi giova l’onor della cuna,
525se nel giro di tante vicende
 mi contende l’acquisto del trono
 la fortuna d’un rozzo pastor!
 
    Cieca diva, non curo il tuo dono,
 quando è prezzo d’ingiusto favor. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Giardino interno nel palazzo reale.
 
 CLEONICE, BARSENE, poi FENICIO
 
 CLEONICE
530Dunque, perch’io l’adoro,
 tutto il mondo ad Alceste oggi è nemico?
 Questo contrasto appunto
 più impegna l’amor mio.
 BARSENE
                                                Ma in questo istante
 forse il consiglio a tuo favor decise.
535Che giova innanzi tempo...
 CLEONICE
                                                   Eh ch’io conosco
 dell’invidia il poter. Forse a quest’ora
 terminai di regnar. Ma non per questo
 misera mi farà l’altrui livore.
 È un gran regno per me d’Alceste il core.
 BARSENE
540(Oh gelosia!)
 CLEONICE
                           Decise
 il consiglio, o Fenicio? (A Fenicio che sopraggiunge)
 FENICIO
                                            Appunto.
 CLEONICE
                                                                Il resto,
 senza che parli, intendo.
 Il mio regno finì.
 FENICIO
                                  Meglio, o regina,
 giudica della Siria. I tuoi vassalli
545per te, più che non credi,
 han rispetto ed amore. Arbitra sei
 di sollevar qual più ti piace al trono.
 Il tuo voler sovrano,
 in qualunque si scelga
550di chiara stirpe o di progenie oscura,
 ciascuno adorerà, ciascuno il giura.
 CLEONICE
 Come! In sì brevi istanti
 sì da prima diversi?
 FENICIO
                                        Ah, tu non sai
 quanta fede è ne’ tuoi; nel gran consesso
555tutta si palesò. Chi del tuo volto,
 chi del tuo cor, chi della mente i pregi
 a gara rammentò. Chi tutto il sangue
 offerse in tua difesa; e in mezzo a questo
 impeto di piacer, regina, oh come
560s’udia sonar di Cleonice il nome!
 BARSENE
 (Infelice amor mio!)
 CLEONICE
                                         Vanne; al consiglio
 riporta i sensi miei. Di’ che ’l mio core
 a tai prove d’amore
 insensibil non è, che fia mia cura
565che non si penta il regno
 di sua fiducia in me, che grata io sono.
 FENICIO
 (Ecco in Alceste il vero erede al trono). (Parte)
 BARSENE
 Vedi come la sorte
 i tuoi voti seconda. Ecco appagato
570appieno il tuo desio,
 ecco finito ogni tormento.
 CLEONICE
                                                 Oh dio!
 BARSENE
 Tu sospiri? Io non vedo
 ragion di sospirar. L’amato bene
 in questo punto acquisti e ancor non sai
575le luci serenar torbide e meste?
 CLEONICE
 Cara Barsene, ora ho perduto Alceste.
 BARSENE
 Come perduto!
 CLEONICE
                               E vuoi
 che siano i miei vassalli
 di me più generosi? Il genio mio
580sarà dunque misura
 de’ merti altrui? Senza curar di tanti
 il sangue illustre, io porterò sul trono
 un pastorello a regolar l’impero?
 Con qual cor, con qual fronte? Ah! Non fia vero.
585La gloria mia mi consigliò sinora
 l’invidia a superar; ma, quella oppressa,
 or mi consiglia a superar me stessa.
 BARSENE
 Alceste che dirà?
 CLEONICE
                                  Se m’ama Alceste,
 amerà la mia gloria; andrà superbo
590che la sua Cleonice
 si distingua così co’ propri vanti
 dalla schiera volgar degli altri amanti.
 BARSENE
 Non so se in faccia a lui
 ragionerai così.
 CLEONICE
                               Questo cimento,
595amica, io fuggirò. Non so se avrei
 virtù di superarmi. È troppo avvezzo
 ad amarlo il mio cor. Se vincer voglio,
 non veder più quel volto a me conviene.
 
 SCENA XIII
 
 MITRANE e dette, poi ALCESTE
 
 MITRANE
 Chiede Alceste l’ingresso.
 CLEONICE
                                                 Oh dio, Barsene!
 BARSENE
600Or tempo è di costanza.
 CLEONICE
 Va’; non deggio per ora... (A Mitrane)
 MITRANE
                                                 Egli s’avanza. (Parte)
 CLEONICE
 (Resisti, anima mia).
 ALCESTE
                                          Senza riguardi
 la mia bella regina
 dappresso vagheggiar posso una volta.
605Posso dirti che mai
 pace non ritrovai da te lontano;
 posso dirti che sei
 sola de’ pensier miei cura gradita,
 il mio ben, la mia gloria e la mia vita.
 CLEONICE
610Deh non parlar così.
 ALCESTE
                                        Come! Uno sfogo
 dell’amor mio verace,
 che ti piacque altre volte, oggi ti spiace?
 In questa guisa, oh dio!
 l’istessa Cleonice in te ritrovo?
615Son io quello che tanto
 atteso giunge e sospirato e pianto?
 CLEONICE
 (Che pena!)
 ALCESTE
                          Intendo, intendo,
 bastò la lontananza
 di poche lune a ricoprir di gelo
620di due lustri l’amor.
 CLEONICE
                                       Volesse il cielo!
 ALCESTE
 Volesse il ciel! Qual colpa,
 qual demerito è in me? S’io mai t’offesi,
 mi ritolga il destin quanto mi diede
 la tua prodiga man, sempre sdegnati
625sian per me que’ begli occhi,
 arbitri del mio cor, del viver mio.
 Guardami, parla.
 CLEONICE
                                   (Ah non resisto!) Addio. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 ALCESTE e BARSENE
 
 ALCESTE
 Numi, che avvenne mai! Quei dubbi accenti,
 quel pallor, quei sospiri
630mi fanno palpitar. Qual è, Barsene,
 la cagion di sì strano
 cangiamento improvviso? È invidia altrui?
 È incostanza di lei?
 È ingiustizia degli astri? È colpa mia?
 BARSENE
635Le smanie del tuo core
 mi fan pietà. Forse con altra amante
 più felice saresti.
 ALCESTE
                                  Ah giunga prima
 l’ultimo de’ miei giorni. Io voglio amarla
 a prezzo ancor di non trovar mai pace,
640che più soffrir mi piace
 per la mia Cleonice ogni tormento
 che per mille bellezze esser contento.
 
    Dal suo gentil sembiante
 nacque il mio primo amore
645e l’amor mio costante
 ha da morir con me.
 
    Ogni beltà più rara,
 benché mi sia pietosa,
 per me non è vezzosa,
650vaga per me non è. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 BARSENE
 
 BARSENE
 Infelice cor mio, qual altro attendi
 disinganno maggiore! Indarno aspiri
 ad espugnar la fedeltà d’Alceste.
 Ma pur chi sa, la tolleranza, il tempo
655forse lo vincerà. Vince de’ sassi
 il nativo rigor picciola stilla
 collo spesso cader. Rovere annosa
 cede ai colpi frequenti
 d’assidua scure. E se m’inganno? Oh dio!
660Temo che l’idol mio,
 nel conservarsi al primo amor costante,
 sia più fermo de’ sassi e delle piante.