Didone abbandonata, libretto, Stoccarda, Cotta, 1763

 MEDEA E GIASONE
 ballo tragico
 
 
 PERSONAGGI
 
 MEDEA principessa di Colco e sposa di Giasone
 (la signora Nency)
 GIASONE principe di Tessaglia sposo di Medea e amante di Creusa
 (il signor Vestris maggiore)
 CREUSA principessa di Corinto e amante di Giasone
 (la signora Toscani)
 CREONTE re di Corinto e padre di Creusa
 (il signor Vestris minore)
 GOVERNATRICE dei figli di Medea e confidente di questa principessa
 (la signora Noverre)
 I DUE FIGLI di Medea
 (i due piccoli figli Delaître)
 PRINCIPESSA E PRINCIPI CORINTI
 (la signora Salomoni, il signor Léger e il signor Picq)
 IL FOCO
 (il signor Lépi)
 IL FERRO
 (il signor Delaître)
 IL VELENO
 (il signor Picq)
 LA VENDETTA
 (il signor Balletti)
 L’IRA
 (il signor Léger)
 LA GELOSIA
 (il signor Dauvigny)
 
 Popolo corinto: i signori Simonet, Valentin, Favier, Tranchard, Pietrot, Clemente, Gregorio, Duponcet, Rousseau, Le Fèvre, Félix, Annello; le signore Ricci, Malter, Blondeval, Durand, Toscani minor, Adelaide, Rosalia, Cronier, Boudet, Évrard, Marcadet, Richieri. Capi degli schiavi corinti: i signori Delaître e Regina, le signore Guidi e Radicati. Schiavi: i signori Gasparo, Regina minore, Drouville, Casselli; le signore Delaître, Dorfeuille, Artus, Massu. Comparse: gran sacerdote, guardie, sacrificatori.
 
    La scena è a Corinto nel palazzo reale.
 
 SCENA PRIMA
 
 Rappresenta la scena l’atrio del palazzo di Creonte in Corinto superbamente decorato per una festa. Veggonsi al di là dell’atrio i magnifici giardini di questo re ornati di cadute ed altri diferenti giuochi d’acque.
 
    Temendo Creonte le giuste pretensioni di Medea al trono di Corinto e volendolo per sempre assicurare nella di lui famiglia, non trova miglior partito che d’impegnar Giasone a separarsi da Medea e ad unirsi alla di lui figlia Creusa. Per meglio arrivare al suo intento e dare a Creusa più facile occasione di poter sedurre co’ di lei vezzi Giasone, appresta a questo eroe superbissime feste. Se Giasone è purtroppo già sensibile alle bellezze di Creusa, questa non è più tranquilla di lui. La fiamma però di questi due amanti, quantunque violentissima, non ha osato ancora di scintillare. In quest’ultima festa l’amor loro trionfa, si scordano di se medesimi intieramente. Le attenzioni di Giasone per Creusa, le di lui premure per piacerle, la preferenza ch’egli in tutto le accorda sempre e di cui ella gliene fa il miglior grado, fanno nascere nel cuor di Medea i più crudeli sospetti. I sospetti divengono sicurezza e, convinta dell’infedeltà di Giasone, si ritira, facendo conoscere il turbamento del cor suo e sforzandosi di disimulare la rabbia e la disperazione. Creusa scoperta dalla forza della sua passione, sen fugge per nascondere in parte la sua caduta agli occhi del vincitore.
 
 SCENA II
 
    Creonte abbraccia questo momento per offrire e la figlia e il trono a Giasone con il patto ch’egli debba rimandar Medea. Sta esitando Giasone ed il dritto della riconoscenza tiene ancora in equilibrio quel dell’amore. In questo stato è sorpreso da Medea accompagnata da’suoi figli.
 
 SCENA III
 
    Mostra Medea di voler tentare gli ultimi sforzi per riacquistar lo sposo. Corre a gittarsi a’di lui piedi, gli rappella i primi suoi giuramenti, lo prega a renderle la di lui tenerezza, gli accenna i suoi figli, cari pegni della scambievol loro giurata fede. Gli porge alfine un pugnale e gli offre il petto, scongiurandolo a passarle il core se non vuol renderle il primo amore. Giasone rimane vivamente commosso e penetrato dal pentimento più vivo. Corre con trasporto fra le braccia di Medea, se la stringe teneramente al seno, innondandola colle sue lagrime. Già è pronto a renderle la sua fede, già corre a rifiutare la corona e Creusa, ma Creusa si presenta e trionfa.
 
 SCENA IV
 
    Giasone si stacca dalle braccia della sposa per volare fra quelle dell’amante e la di lui passione, facendogli scordare di dover tutto a Medea, porta la crudeltà a tal segno che imperiosamente impone a Medea non solamente di evitare la di lui presenza, ma di allontanarsi e per sempre dagli stati di Creonte.
 
 SCENA V
 
    Medea resta immobile cogli occhi fissi alla terra. Le son tolte, per così dire, dalla sua disgrazia tutte le facoltà dell’anima sua di modo che resta nel più terribile abbattimento, dal qual non sorge improvisamente che per abbandonarsi al suo furore. Fa allontanare i suoi figli, invoca l’Averno, gli Elementi e gli dei. Cangia l’atrio in una spaventevole grotta. Gli spiriti infernali traversano l’aere. Orridi mostri e serpenti vengono a schierarsi intorno a lei. La Gelosia, l’Ira e la Vendetta accorrono alla di lei voce. Ella impone loro di secondare il di lei furore e queste tre infernali donne le presentano il Foco, il Ferro ed il Veleno. Ella ordina al Foco di rinchiudere in una cassetta, da essa destinata a Creonte, le materie più combustibili e le più ardenti fiamme. Comanda al Veleno di spargere i suoi mortali vapori sopra un ornamento di diamanti dalla di lei crudeltà riserbato a Creusa. Chiede al Ferro un istrumento proprio per poter soddisfare la sua rabbia. Questi si trae dal seno un pugnale insanguinato e la Gelosia, l’Ira e la Vendetta dopo di averlo aguzzato, lo presentano a Medea. Questa maga, rallegrandosi coll’idea de’ delitti che medita di commettere, ordina alla truppa infernale di partire.
 
 SCENA VI
 
    Medea in preda alle furie chiama i suoi figli per farli le prime vittime de’ suoi furori, ma il vacillante di lei braccio ricusa di ubbidirla, il ferro le fugge dalla mano e pare che la natura le rimproveri l’atrocità di un tal delitto. Dà la commissione a’suoi figli di presentare i destinati doni avvelenati e li accompagna ella medesima per fare agire con più sicurezza i mezzi de’ quali ha risoluto di prevalersi per compiere la sua vendetta.
 
 SCENA VII
 
 Rappresenta la scena una gran sala di marmo bianco venato d’oro. Gli ornamenti dell’architettura sono dell’ordine corintio in oro. Nel fondo della sala si vede un magnifico trono.
 
    Creonte, ch’è sul trono, ne discende per farvi montar Giasone. In faccia a tutto il popolo gli offre lo scettro e la corona ed ordina che gli sia prestato giuramento di fedeltà. Questa ceremonia vien eseguita dai tre capi dei diferenti ordini dello stato. Suoni di allegrezza rimbombano d’ogni parte e lo strepito dei timpani e delle trombe empie l’aere. Il popolo colle sue danze applaudisce alla scelta del nuovo re. Giasone e Creusa uniscono la loro alla pubblica gioia ed esprimono la scambievole loro felicità. Creonte, toccando il colmo de’ suoi voti, presenta ai due amanti la tazza nuziale. Giasone col più vivo trasporto avidamente la prende e se l’accosta al labbro: comparisce Medea e tutto cangia d’aspetto.
 
 SCENA VIII
 
    Giasone è ricolmo di vergogna e di dispetto; Creusa invasa dal timore non ardisce levare da terra lo sguardo. Creonte è penetrato dal più violento sdegno e il popolo in costernazione aspetta fremendo il fine d’un tale evenimento. Medea che non avrà potuto a meno di far conoscere qualche commozione alla vista della nuzial tazza fra le mani di Giasone, temendo di tradir se stessa, nasconde la sua rabbia sotto il velo dell’ippocrisia e della dissimulazione. Si presenta a’suoi nemici con gli esterni contrasegni della più perfetta rassegnazione, volendo far intender loro che devono rassicurarsi e credere che, lungi dal voler essa intorbidare la loro felicità, non viene che per contribuirvi con tutto il poter suo. Mostra i doni che sono nelle mani de’ suoi figli. Creusa e Giasone cominciano a rassicurarsi e Creonte a raddolcirsi. Uno dei figli gli offre umilmente la cassetta da parte della madre e Medea prende l’ornamento e dà a divedere di volersi gloriare ella medesima di ornarne la sua rivale. L’abbraccia colle dimostrazioni della più sincera amorevolezza e dice teneramente addio a Giasone, fingendo d’implorare gli dei a favorire una sì perfetta unione. Giasone colla più viva riconoscenza abbraccia Medea e i suoi figli e ad esempio dell’amante fa lo stesso Creusa. Medea si ritira mascherando secretamente l’estrema sua contentezza d’aver già compiuta una parte de’ suoi delitti.
 
 SCENA IX E ULTIMA
 
    La partenza di Medea fa rinascere la calma in ogni core; ma non dura che un istante. Sente Creusa improvvisamente i funesti effetti del fatal dono di Medea. Un veleno divoratore scorre per le sue vene e le imprime in volto le tracce della morte più barbara. Creonte apre la cassetta ed i vapori pestiferi che n’esalano lo soffogano; si ritira, vacilla e cade morto sovra i gradini del trono. Giasone disperato si sforza, ma invano, di soccorrere le sfortunate vittime di Medea che trionfante si vede allor comparire sopra un carro tirato da spaventevoli mostri che vomitan foco. La Gelosia, l’Ira e la Vendetta la corteggiano. Vedesi uno de’ figli spirante a’di lei piedi ed ella tiene il braccio levato in atto di ferir l’altro. Giasone si getta avanti a lei ginocchioni e sta in atto di scongiurarla a voler almen risparmiare quest’ultima vittima. Ride l’insaziabil maga de’ di lui prieghi e spinge il pugnale nel seno dell’ultimo figlio che pare implorare egli stesso la materna clemenza. Medea getta il medesimo pugnale a Giasone che furiosamente lo prende, si ferisce e spira fra le braccia di Creusa che confonde con quel dell’amante l’ultimo suo sospiro. S’oscura il cielo, trema la terra, il palazzo s’accende e crolla; ognun fugge e l’esecrabil Medea sen vola fendendo l’aere ed applaudendosi dell’enormità de’ suoi delitti.