Ezio, libretto, Stoccarda, Cotta, 1758

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Parte del Foro romano con trono imperiale da un lato. Vista di Roma illuminata in tempo di notte, con archi trionfali ed altri apparati festivi, preparati per celebrare le feste decennali e per onorare il ritorno d’Ezio vincitore d’Attila.
 
 VALENTINIANO, MASSIMO, VARO con pretoriani e popolo
 
 MASSIMO
 Signor, mai con più fasto
 la prole di Quirino
 non celebrò d'ogni secondo lustro
 l'ultimo dì. Di tante faci il lume,
5l'applauso popolar turba alla notte
 l'ombre e i silenzi; e Roma
 al secolo vetusto
 più non invidia il suo felice Augusto.
 VALENTINIANO
 Godo ascoltando i voti
10che a mio favor fino alle stelle invia
 il popolo fedel, le pompe ammiro,
 attendo il vincitor, tutte cagioni
 di gioie a me; ma la più grande è quella
 ch'io possa offrir colla mia destra in dono
15ricco di palme alla tua figlia il trono.
 MASSIMO
 Dall'umiltà del padre
 apprese Fulvia a non bramare un soglio;
 e a non sdegnarlo apprese
 dall'istessa umiltà. Cesare imponga;
20la figlia eseguirà.
 VALENTINIANO
                                  Fulvia io vorrei
 amante più, men rispettosa.
 MASSIMO
                                                      È vano
 temer ch'ella non ami
 que' pregi in te che l'universo ammira.
 (Il mio rispetto alla vendetta aspira).
 VARO
25Ezio si avanza. Io già le prime insegne
 veggo appressarsi.
 VALENTINIANO
                                     Il vincitor si ascolti;
 e sia Massimo a parte
 ne' doni che mi fa la sorte amica. (Valentiniano va sul trono servito da Varo)
 MASSIMO
 (Io però non obblio l'ingiuria antica).
 
 SCENA II
 
 EZIO preceduto da istromenti bellici, schiavi ed insegne de’ vinti, seguito de’ soldati vincitori, popolo e detti
 
 EZIO
30Signor, vincemmo. Ai gelidi Trioni,
 il terror de' mortali
 fuggitivo ritorna. Il primo io sono
 che mirasse finora
 Attila impallidir. Non vide il sole
35più numerosa strage. A tante morti
 era angusto il terreno. Il sangue corse
 in torbidi torrenti;
 le minacce ai lamenti
 si udian confuse; e fra i timori e l'ire
40erravano indistinti
 i forti, i vili, i vincitori, i vinti.
 Né gran tempo dubbiosa
 la vittoria ondeggiò. Teme, dispera,
 fugge il tiranno; e cede
45di tante ingiuste prede,
 impacci al suo fugir, l'acquisto a noi.
 Se una prova ne vuoi,
 mira le vinte schiere:
 ecco l'armi, l'insegne e le bandiere.
 VALENTINIANO
50Ezio, tu non trionfi
 d'Attila sol; nel debellarlo ancora
 vincesti i voti miei. Tu rassicuri
 sulla mia fronte il vacillante alloro.
 Tu il marzial decoro
55rendesti al Tebro; e deve
 alla tua mente, alla tua destra audace
 Italia tutta e libertade e pace.
 Fra queste braccia intanto, (Scende dal trono)
 tu del cadente impero e mio sostegno
60prendi d'amore un pegno. A te non posso
 offrir che i doni tuoi. Serbami amico
 quei doni istessi e sappi
 che fra gli acquisti miei
 il più nobile acquisto, Ezio, tu sei.
 
65   Se tu la reggi al volo,
 su la tarpea pendice
 l'aquila vincitrice
 sempre tornar vedrò.
 
    Breve sarà per lei
70tutto il camin del sole;
 e allora i regni miei
 col ciel dividerò. (Parte con Varo e pretoriani)
 
 SCENA III
 
 EZIO, MASSIMO e poi FULVIA
 
 MASSIMO
 Ezio, donasti assai
 alla gloria, al dover; qualche momento
75concedi all'amistà. Lascia ch'io stringa
 quella man vincitrice.
 EZIO
                                           Io godo, amico,
 nel rivederti e caro
 m'è l'amor tuo de' miei trionfi al paro.
 Ma Fulvia ove si cela?
80Che fa? Dov'è? Quando ciascun s'affretta
 su le mie pompe ad appagar le ciglia,
 la tua figlia non viene?
 MASSIMO
                                            Ecco la figlia.
 EZIO
 Cara, di te più degno
 torna il tuo sposo e al volto tuo gran parte
85deve de' suoi trofei. Ma.. a' dolci nomi
 e di sposo e di amante
 ti veggio impallidir! Dopo la nostra
 lontananza, crudel, così m'accogli?
 Mi consoli così?
 FULVIA
                                (Che pena!) Io vengo...
90Signor...
 EZIO
                   Tanto rispetto,
 Fulvia, con me? Perché non dir mio fido,
 perché sposo non dirmi? Ah tu non sei
 per me quella che fosti.
 FULVIA
                                             Oh dio! Son quella.
 Ma... senti... Ah genitor, per me favella.
 EZIO
95Massimo, non tacer.
 MASSIMO
                                        Tacqui finora,
 perché co' nostri mali a te non volli
 le gioie avvelenar. Si vive, amico,
 sotto un giogo crudele. Anche i pensieri
 imparano a servir.  Era il timore
100in qualche parte almeno
 a Cesare di freno; or che vincesti,
 i popoli dovranno
 più superbo soffrirlo e più tiranno.
 EZIO
 Io tal nol credo. Almeno
105la tirannide sua mi fu nascosa.
 Che pretende? Che vuol?
 MASSIMO
                                                 Vuol la tua sposa.
 EZIO
 La sposa mia! Massimo, Fulvia, e voi
 consentite a tradirmi?
 FULVIA
                                            Aimè!
 MASSIMO
                                                          Qual arte,
 qual consiglio adoprar? Vuoi che l'esponga,
110negandola al suo trono,
 d'un tiranno al piacer? Ah tu potresti
 frangere i nostri ceppi,
 vendicare i tuoi torti. Arbitro sei
 del popolo e dell'armi.
 EZIO
                                           Ahime che dici!
115Ogni altra via si tenti
 ma non l'infedeltade.
 MASSIMO
                                          Anima grande
 al par del tuo valore
 ammiro la tua fé che più costante
 nelle offese diviene.
120(Cangiar favella e simular conviene).
 FULVIA
 Ezio così tranquillo
 la sua Fulvia abbandona ad altri in braccio?
 EZIO
 Tu sei pur d'ogni laccio
 disciolta ancora. Io parlerò; vedrai
125tutto cangiar d'aspetto.
 FULVIA
                                             Oh dio! Se parli,
 temo per te. Qualche funesto evento
 mi presagisce il cor. Nacqui infelice
 e sperar non mi lice
 che la sorte per me giammai si cangi.
 EZIO
130Son vincitor; sai che t'adoro; e piangi?
 
    Pensa a serbarmi, o cara,
 i dolci affetti tuoi;
 amami e lascia poi
 ogn'altra cura a me.
 
135  Tu mi vuoi dir col pianto
 che resti in abbandono.
 No, così vil non sono;
 e meco ingrato tanto
 no, Cesare non è. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 FULVIA
140È tempo, o genitore,
 che uno sfogo conceda al mio rispetto.
 Tu pria d'Ezio all'affetto
 prometti la mia destra; indi m'imponi
 ch'io soffra, ch'io lusinghi
145di Cesare l'amore e mi assicuri
 che di lui non sarò. Servo al tuo cenno;
 credo alla tua promessa; e quando spero
 d'Ezio stringer la mano,
 ti sento dir che lo sperarlo è vano.
 MASSIMO
150Io d'ingannarti, o figlia,
 mai non ebbi il pensier. T'accheta; alfine
 non è il peggior de' mali
 il talamo d'Augusto.
 FULVIA
                                       E soffrirai
 ch'abbia sposa la figlia
155chi della tua consorte
 insultò l'onestà? Così ti scordi
 l'offese dell'onor? Così ti abbagli
 del trono allo splendor?
 MASSIMO
                                             Vieni al mio seno,
 degna parte di me. Quell'odio illustre
160merita ch'io ti scopra
 ciò che dovrei celar. Sappi che ad arte
 dell'onor mio dissimulai l'offese.
 Perde l'odio palese
 il luogo alla vendetta. Ora è vicina;
165eseguirla dobbiam. Sposa al tiranno,
 tu poi svenarlo o almeno
 agio puoi darmi a trapassargli il seno.
 FULVIA
 Che sento! E con qual fronte
 posso a Cesare offrirmi
170coll'idea di tradirlo? Il reo disegno
 mi leggerebbe in faccia. Ah non son questi
 que' semi di virtù che in me versasti
 da miei primi vagiti infino ad ora.
 M'inganni adesso o m'ingannasti allora?
 MASSIMO
175Ogni diversa etade
 vuol massime diverse; altro a' fanciulli,
 altro agli adulti è d'insegnar permesso;
 allora io t'ingannai.
 FULVIA
                                      M'inganni adesso.
 E se vuoi dirmi il ver, tu stesso, o padre,
180quando toglier mi tenti
 l'orror di un tradimento, orror ne senti.
 Ah se cara io ti sono,
 pensa alla gloria tua, pensa che vai...
 MASSIMO
 Taci, importuna, io t'ho sofferta assai.
185Non dar consigli o consigliar se brami,
 le tue pari consiglia.
 Rammenta ch'io son padre e tu sei figlia.
 FULVIA
 
    Caro padre, a me non dei
 rammentar che padre sei;
190io lo so; ma in questi accenti
 non ritrovo il genitor.
 
    Non son io che ti consiglia;
 è il rispetto d'un regnante,
 è l'affetto d'una figlia,
195è il rimorso del tuo cor. (Parte)
 
 SCENA V
 
 MASSIMO solo
 
 MASSIMO
 Che sventura è la mia! Così ripiena
 di malvaggi è la terra, e quando poi
 un malvaggio vogl'io, son tutti eroi.
 Un oltraggiato amore
200d'Ezio gli sdegni ad irritar non basta;
 la figlia mi contrasta... Eh di riguardi
 tempo non è. Precipitare ormai
 il colpo converrà. Troppo parlai.
 Pria che sorga l'aurora,
205mora Cesare, mora. Emilio il braccio
 mi presterà. Che può avvenirne? O cade
 Valentiniano estinto e pago io sono;
 o resta in vita; ed io farò che sembri
 Ezio il fellon. Facile impresa. Augusto
210invido alla sua gloria,
 rivale all'amor suo, senz'opra mia
 il reo lo crederà. S'altro succede,
 io saprò dagli eventi
 prender consiglio. Intanto
215il commettersi al caso
 nell'estremo periglio
 è il consiglio miglior d'ogni consiglio.
 
    Il nocchier che si figura
 ogni scoglio, ogni tempesta,
220non si lagni se poi resta
 un mendico pescator.
 
    Darsi in braccio ancor conviene
 qualche volta alla fortuna,
 che sovente in ciò che avviene
225la fortuna ha parte ancor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Camere imperiali istoriate di pitture.
 
 ONORIA e VARO
 
 ONORIA
 Del vincitor ti chiedo,
 non delle sue vittorie; esse abbastanza
 note mi son. Con qual sembiante accolse
 l'applauso popolar? Serbava in volto
230la guerriera fierezza? Il suo trionfo
 gli accrebbe fasto o mansueto il rese?
 Quello narrami, o Varo, e non l'imprese.
 VARO
 Onoria, a me perdona
 se degli acquisti suoi, più che di lui
235la germana d'Augusto
 curiosa io credei. Sembrano queste
 sì minute richieste
 d'amante più che di sovrana.
 ONORIA
                                                       È troppa
 questa del nostro sesso
240misera servitù! Due volte appena
 s'ode dai labbri nostri
 un nome replicar che siamo amanti.
 Parlano tanti e tanti
 del suo valor, delle sue gesta e vanno
245d'Ezio incontro al ritorno; Onoria sola
 nel soggiorno è rimasta;
 non vi accorse, nol vide; e pur non basta.
 VARO
 Un soverchio ritegno
 anche d'amore è segno. E se tu l'ami,
250mostrati, o principessa,
 meno ingegnosa in tormentar te stessa. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 ONORIA sola
 
 ONORIA
 Importuna grandezza
 tiranna degli affetti, e perché mai
 ci neghi, ci contrasti
255la libertà d'un ineguale amore,
 se a difender non basti il nostro core?
 
    Quanto mai felici siete,
 innocenti pastorelle,
 che in amor non conoscete
260altra legge che l'amor.
 
    Ancor io sarei felice,
 se potessi all'idol mio
 palesar, come a voi lice,
 il desio di questo cor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 VALENTINIANO e poi EZIO
 
 VALENTINIANO
265Ezio sappia ch'io bramo (Ad un capitano che ricevuto l’ordine parte)
 seco parlar. Comincia ad adombrarmi
 la gloria di costui. Voglio d'Onoria
 al talamo inalzarlo, accioche sia
 suo premio il nodo e sicurezza mia.
 EZIO
270Eccomi al cenno tuo.
 VALENTINIANO
                                        Duce, un momento
 non posso tolerar d'esserti ingrato.
 Il Tebro vendicato,
 la mia grandezza, il mio riposo e tutto
 del senno tuo, del tuo valore è frutto.
275Se prodigo ti sono
 anche del soglio mio rendo e non dono.
 EZIO
 Signor, quando fra l'armi
 a pro di Roma, a pro di te sudai,
 nell'opra istessa io la mercé trovai.
280Che mi resta a bramar? L'amor d'Augusto
 quand'ottener poss'io,
 basta questo al mio cor.
 VALENTINIANO
                                              Non basta al mio.
 Ezio, il cesareo sangue
 si unisca al tuo. D'affetto
285darti pegno maggior non posso mai.
 Sposo d'Onoria al nuovo dì sarai.
 EZIO
 (Che ascolto!)
 VALENTINIANO
                             Non rispondi?
 EZIO
                                                          Onor sì grande
 mi sorprende a ragion. D'Onoria il grado
 chiede un re, chiede un trono;
290ed io regni non ho, suddito io sono.
 VALENTINIANO
 Duce, fra noi si parli
 con franchezza una volta. Il tuo rispetto
 è un pretesto al rifiuto.
 EZIO
 E ben, la tua franchezza
295sia d'esempio alla mia. Signor, tu credi
 premiarmi e mi punisci.
 VALENTINIANO
                                                Io non sapea
 che a te fosse castigo
 una sposa germana al tuo regnante.
 EZIO
 Non è gran premio a chi d'un'altra è amante.
 VALENTINIANO
300Dov'è questa beltà che tanto indietro
 lascia il merto d'Onoria? È a me soggetta?
 Onora i regni miei? Stringer vogl'io
 queste illustri catene.
 Spiegami il nome suo.
 EZIO
305Fulvia è il mio bene.
 VALENTINIANO
                                        Fulvia! (Si turba!)
 EZIO
 Appunto.
 VALENTINIANO
                     (O sorte!) Ed ella
 sa l'amor tuo?
 EZIO
                             Non credo.
 (Contro lei non s'irriti).
 VALENTINIANO
                                              Il suo consenso
 prima ottener procura;
310vedi se tel contrasta.
 EZIO
 Quello sarà mia cura, il tuo mi basta.
 VALENTINIANO
 Ma potrebbe altro amante
 ragione aver sopra gli affetti suoi.
 EZIO
 Dubitarne non puoi. Dov'è chi ardisca
315involar temerario una mercede
 alla man che di Roma il giogo scosse?
 Costui non veggo.
 VALENTINIANO
                                   E se costui vi fosse?
 EZIO
 Vedria ch'Ezio difende
 gli affetti suoi come gl'imperi altrui.
320Temer dovrebbe...
 VALENTINIANO
                                     E se foss'io costui?
 EZIO
 Saria più grande il dono,
 se costasse uno sforzo al cor d'Augusto.
 VALENTINIANO
 Ma non chiede un vassallo al suo sovrano
 uno sforzo in mercede.
 EZIO
325Ma Cesare è il sovrano, Ezio lo chiede.
 E a quel Cesare istesso che un momento
 non prova fortunato
 per tema sol di comparirmi ingrato.
 VALENTINIANO
 (Temerario). Credea
330nel rammentare io stesso i merti tuoi
 di scemartene il peso.
 EZIO
                                           Io gli rammento,
 quando in premio pretendo...
 VALENTINIANO
 Non più. Dicesti assai; tutto comprendo. (Parte)
 
 
 SCENA IX
 
 EZIO, poi FULVIA, indi ONORIA
 
 EZIO
 Vedrem se ardisce ancora
335d'opporsi all'amor mio.
 FULVIA
                                             Ti leggo in volto,
 Ezio, l'ire del cor. Forse ad Augusto
 ragionasti di me?
 EZIO
                                   Sì, ma celai
 a lui che m'ami, onde temer non dei.
 ONORIA
 Ezio, gli oblighi miei
340sono immensi con te. Volle il germano
 avvilir la mia mano
 sino alla tua; ma tu però più giusto
 d'esserne indegno hai persuaso Augusto.
 EZIO
 No, l'obligo d'Onoria
345questo non è. L'obligo grande è quello
 ch'io fui cagion nel conservarle il soglio
 ch'or mi possa parlar con questo orgoglio.
 ONORIA
 È ver, ti deggio assai, perciò mi spiace
 che ad onta mia mi rendano le stelle
350al tuo amore infelice
 di funeste novelle apportatrice.
 Fulvia, ti vuol sua sposa
 Cesare al nuovo dì.
 FULVIA
                                      Come?
 EZIO
                                                      Che sento!
 ONORIA
 Di recartene il cenno
355egli stesso or m'impose. Ezio, dovresti
 consolartene al fin; veder soggetto
 tutto il mondo al suo ben pure è diletto. (Parte)
 
 
 SCENA X
 
 EZIO e FULVIA
 
 EZIO
 Udisti?
 FULVIA
                 Udii!
 EZIO
                              Che dici?
 FULVIA
                                                  Io son confusa.
 EZIO
 Dunque non sei più mia? Dunque un ingrato,
360un ingiusto regnante
 sua sposa ti destina?
 Ah! Che io stesso formai la mia rovina!
 FULVIA
 Deh, no, ben mio, deh! Non temer...
 EZIO
                                                                    Ti sembra
 ch'io non temi a ragion?
 FULVIA
                                               Ma il voler mio...
365Ma la mia fè...
 EZIO
                             Temo di tutto... Addio! (In atto di partire)
 FULVIA
 Ah Ferma! Ah senti! Ingrato! E come, ancora
 della mia fè tu temi?
 Non mi credi costante?
 Ah di Cesare istesso
370tu sei più ingiusto assai.
 Oh dio, questa mercede io meritai.
 EZIO
 Scusa. Son fuor di me...
 FULVIA
                                              Perché mi accresci
 in tal guisa gli affanni?
 EZIO
 Ah no...
 FULVIA
                  Che spero più, numi tiranni!
 EZIO
375Perdono, anima mia, in mezzo al duolo
 il labbro solo articolò gli accenti.
 Ah sì, mio ben, su la tua fè riposo,
 mi fido sol di te.
 FULVIA
                                 Tu ben conosci
 abbastanza il mio cor: e ancora ingrato...
 EZIO
380Ah, sì, conosco... Oh dio! Ma ... Ohimé... Pavento
 FULVIA
 Oh ciel! Questo è martir!
 EZIO
                                                Questo è tormento
 EZIO
 
    Mio bel nume, ah, pensa, oh dio!
 ch'io mi fido del tuo amor.
 
 FULVIA
 
    Non temer bell'idol mio,
385per te serbo questo cor.
 
 EZIO
 
    Dunque, addio!
 
 FULVIA
 
                                   Mio ben, deh, senti...
 
 EZIO
 
 Spiega pur quei cari accenti.
 
 FULVIA
 
 Non mi posso ohimè spiegar.
 
 A DUE
 
    Ah! Chi mai più gravi affanni
390ha sofferto nell'amar!
 Questo è il frutto, o ingiusti dei...
 
 FULVIA
 
 Del mio amor.
 
 EZIO
 
                              De' miei trofei.
 
 A DUE
 
           resto
 Io  qui                a palpitar.
           torno
 
 
 Fine dell’atto primo