Il filosofo di campagna, libretto, Mannheim, Stamperia Elettorale, [1771]

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 LESBINA
 Venite qui, signora padroncina;
 tenete quest'anello,
435ponetevelo in dito,
 fate che il genitore ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 EUGENIA
 Ecco mio padre.
 LESBINA
                                 Presto;
 ponetevelo al dito.
 EUGENIA
440Una sposa son io senza marito. (Si mette l’anello)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fuggi e non rispondi?
 Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
445Perdonate, signore...
 DON TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti
 dallo sposo l'anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco? Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                          Eccolo qui. (Mostra l’anello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 Capperi! È bello assai.
450Non mi credevo mai
 che Nardo avesse di tai gioie in dito.
 Vedi se t'ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mai fosse!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                          Oh via,
 cotesta ritrosia scaccia dal petto;
455queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina,
 mostrate la bocchina un po' ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente).
 DON TRITEMIO
 È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
460(Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano ad Eugenia e parte)
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO, EUGENIA e poi LESBINA che torna
 
 EUGENIA
 (È molto s'io resisto). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Affé non ho mai visto
 una donna di te più scimunita.
 Figlia che si marita
465suol esser lieta, al suo gioir condotta;
 e tu stai lì che pari una marmotta!
 EUGENIA
 Che volete ch'io dica?
 DON TRITEMIO
                                          Parla o taci,
 non me n'importa più.
 Sposati e in avvenir pensaci tu.
 LESBINA
470Signor, è un cavaliero
 col notar della villa in compagnia
 che brama riverir vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Vengano. (Col notaro?...
 Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 LESBINA
475(È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
 d'evitar il periglio). (Piano ad Eugenia)
 EUGENIA
                                        (Andiam, Lesbina). (A Lesbina)
 Con licenza. (S’inchina a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                          Va' pure.
 EUGENIA
                                             (Ahi me meschina!) (Da sé e parte con Lesbina)
 
 SCENA IV
 
 DON TRITEMIO, poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 DON TRITEMIO
 Se denaro vorrà, gli ne darò,
 purché sicuro sia con fondamento
480e che almeno mi paghi il sei per cento.
 Ma che vedo! È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
 Compatite, signor...
 DON TRITEMIO
                                       La riverisco.
 RINALDO
485Compatite se ardisco
 replicarvi l'incomodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
490di me vi mostrerà
 titoli, parentele e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,
 l'istrumento rogato
 d'un ricco marchesato;
495ecco l'albero suo, da cui si vede
 che per retto camino
 vien l'origine sua dal re Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo!
 Questa è una cosa bella in verità.
500Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo del par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Questi sono istrumenti
505di comprede, di censi e di livelli;
 questi sono contratti buoni e belli. (Mostrando alcuni fogli a guisa d’istrumenti antichi)
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
510quattro valloni;
 anno millesimo
 una duchea;
 milletrentesimo
 una contea
515emit etcaetera.
 
    Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali.
520Sic etcaetera,
 cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
 Vada, signor notaro, co' suoi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
525a prendere altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
 Sì sì; la vostra casa
 ricca, nobile e grande ogni ora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
530Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
 S'ella non fosse in caso,
 del mio buon cor sarete persuaso.
 RINALDO
535Sì, chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei son escluso, io vi perdono.
 DON TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima.
 S'ella non puole, amici come prima.
 
    Sono di tutti amico,
540son vostro servitor;
 un uomo di buon cor
 conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
 verrà; ma dubito,
545sconvolta trovisi
 da un non so che.
 
    Farò il possibile
 pel vostro merito;
 che per i titoli,
550per i capitoli,
 anche in preterito
 famoso egli è. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
 DON TRITEMIO
555Eccola qui; vedete se son io
 un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei,
 benché foste nemico ai desir miei.
 DON TRITEMIO
 Eugenia, quel signore
 ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
560Tra le donne felici
 la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 DON TRITEMIO
 Brava, figliuola mia;
 il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
565L'udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
 entrambi a consolare.
 DON TRITEMIO
                                          Eppur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
 La mano? In verità
570s'ha da far; s'ha da far... se si potrà,
 dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                          Eccola. (Don Tritemio le prende la mano)
 DON TRITEMIO
                                                         A voi; (Chiede la mano a Rinaldo)
 prendetela... bel bello,
 che nel dito d'Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
575Nardo con quell'anello la sposò;
 e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come!
 DON TRITEMIO
                Non è così? (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                       Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l'anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno,
580non si può, figlia mia, scioglier l'impegno.
 Voi che dite, signor? (A Rinaldo)
 RINALDO
                                         Dico che tutti,
 perfidi, m'ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
585La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso).
 Udite; ah svelar deggio
 l'arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Signor padron, voi siete dimandato. (A don Tritemio)
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
590Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
 Sente, signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vossignoria,
 s'altra cosa non ha da comandare,
595per cortesia, se ne potrebbe andare.
 RINALDO
 Sì sì; me n'anderò; ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
 Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci, infedele.
 
    Perfida figlia ingrata!
600Padre spietato, indegno!
 Non so frenar lo sdegno,
 l'alma si scuote irata.
 Empio! Crudele! Audace!
 Pace per me non v'è. (Or all’una, or all’altro)
 
605   E tu che alimentasti (A Lesbina)
 sinora il foco mio,
 colla speranza, oh dio!
 così tu m'ingannasti?
 L'offeso cor aspetta
610vendetta ancor di te. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 EUGENIA, DON TRITEMIO e LESBINA
 
 LESBINA
 Obbligata davver del complimento!
 DON TRITEMIO
 (Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi che tormento!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Orsù, signora pazza, (Ad Eugenia)
 ho capito il rossor che cosa sia.
615Quel che voglia colui vado a sentire;
 poi la discorrerem. S'ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
 Sì signor, dite bene.
 DON TRITEMIO
                                        E tu, fraschetta,
 tu alimentasti dell'amante il foco?
 Vado e ritorno. Parlerem fra poco.
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
620Ah Lesbina crudele!
 Solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
 Loderete nel fine il mio consiglio.
 EUGENIA
 Prenditi quest'anello.
 LESBINA
 Eh no, signora mia.
 EUGENIA
625Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
 Quest'anello omicida
 dinnanzi agli occhi miei soffrir non vuo'.
 LESBINA
630Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
 Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah tu sei la cagion delle mie pene!
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 Oh genero garbato!
635Alla sposa ha mandato (Mostra un gioiello)
 questo ricco gioiello.
 Prendilo, Eugenia mia; guarda s'è bello.
 EUGENIA
 Non lo curo, signore...
 DON TRITEMIO
                                          Ed io comando
 che tu prender lo debba; il ricusarlo
640sarebbe un'insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prendo per ubbidienza. (Prende il gioiello)
 Ma... vi chiedo perdono, (Lo dà a Lesbina)
 non mi piace, nol voglio, a te lo dono.
 LESBINA
 Grazie. (Lo prende)
 DON TRITEMIO
                  Rendilo a me. (A Lesbina)
 LESBINA
                                              Signor padrone,
645sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa). (Piano a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 Lo crederò? (A Lesbina)
 LESBINA
                          Signora,
650non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie,
 confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 DON TRITEMIO
 E tu che dici?
 LESBINA
                            Io dico
655che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l'impegno.
 
    Una ragazza
 che non è pazza
660la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete;
 voi m'intendete;
 questo mio core
665si scoprirà.
 
    Anche l'agnella,
 la tortorella
 il suo compagno
 cercando va. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
670Dunque giacché lo sai, tel dico anch'io;
 è questi il pensier mio:
 dopo che tu sarai fatta la sposa,
 anch'io mi sposerò questa fanciulla.
 Piangi? Sospiri e non rispondi nulla?
675Son stanco di soffrirti.
 Oggi darai la man. S'ha da finire.
 Se sei pazza, non vuo' teco impazzire. (Parte)
 EUGENIA
 Pazza a ragion mi chiama
 il genitor crudele,
680se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
 ho tradito l'affetto,
 per celar follemente in sen l'arcano,
 ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
    Misera, a tante pene
685come resisto, oh dio!
 Il crudo affanno mio
 ah tollerar non so!
 
    Dov'è l'amato bene?
 Dove s'asconde, o cieli?
690Amor, se non lo sveli,
 più vivere non vuo'. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Casa rustica in campagna.
 
 NARDO da una parte e RINALDO dall’altra
 
 RINALDO
 Galantuom, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
695Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l'ho avuta.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
700recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagattelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
705Buono. Si può sapere
 almen per cortesia
 perché vossignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
710Perché di don Tritemio
 amo anch'io la figliuola.
 NARDO
 Dite davver?
 RINALDO
                           Non mentono i miei pari.
 NARDO
 E i pari miei non sanno
 per puntiglio sposare il lor malanno.
715Se la figlia vi vuol, vi prenda pure.
 Vi ringrazio d'avermi
 avvisato per tempo.
 Ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v'è carestia.
 RINALDO
720Ragionevole siete
 giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
 Voi l'avete ceduta. A don Tritemio
725la cosa narrerò tutta com'è;
 e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d'una lite,
 se a costo di temere anche la morte,
730procurar mi volessi una consorte.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata.
 M'avete regalata.
 Anch'io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
735No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi non me n'importa un fico.
 LESBINA
 V'ingannate, lo giuro. E chi è codesto
740con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
745Credetemi, v'inganna.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
 tutt'amor, tutto foco,
 sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
750Ma voi siete pentito
 d'essere mio marito;
 qualch'altra donna amate;
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio; no, carina.
 LESBINA
755Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì; v'amo di core.
 LESBINA
 Siete l'idolo mio?
 NARDO
                                   Siete il mio amore.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d'ingannarvi ora s'impegna;
760d'essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch'io dico lo so per cosa vera;
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
765(Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch'ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera, infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v'adoro.
770Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma voglio essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
775a un uomo come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, s'è bella e buona?
 Peggio è assai s'è cattiva una padrona.
 
780   Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l'onestà;
785secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l'abbondanza;
 il quinto è la virtù;
 ma non si usa più.
 
790   Servetta graziosa,
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LA LENA
 Mio zio, ricco sfondato,
795non si puole scordar che vile è nato.
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch'ella sarà nipote
 d'una senza natali e senza dote.
 LA LENA
 Certo che il zio poteva
800maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire io dovrei
805con una contadina com'è lei. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina;
810vuol far la cittadina,
 perché nata è in città per accidente,
 perché bene sa far l'impertinente.
 Eppur, quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
815Sono alla sorte ingrata
 allorché mi lamento
 d'uno stato ripien d'ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
820coll'agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
    Se l'innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
825contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza!
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 LESBINA
 Povero innamorato;
 lo compatisco.
 DON TRITEMIO
830Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da quest'occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio amoroso)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi?
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t'intendo, furbetta.
 Basta, Lesbina, aspetta
835ch'Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
840Via pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 ch'ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
845e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
850Basta, m'ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui. Se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch'io vi sposi,
 lo farò volentier ma non vorrei
855che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete;
860ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov'è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro, intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
865Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo' dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
870fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand'è così, questa ragion m'appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragion amica,
 ch'ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
875Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete; io detterò.
 CAPOCCHIO
 
880   In questo giorno, etcaetera
 dell'anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali son? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
885(Ohimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi Lesbina.
 LESBINA
                           Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov'ella sia?
 LESBINA
                                     No, certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
890Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo.
895Le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
900Presto, signor notar. Via, seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l'affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo; dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell'anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
905I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi:
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
910con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
915Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
920   Due mani ben leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemila
 si pon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
925un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimila
 li voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
930Fermate; cessate.
 Tremila per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
 battuti tremila,
935saran cinquemila...
 ma dite di che?...
 
 LESBINA E NARDO
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
940ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v'è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
945Ah! M'hanno assassinato!
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA E NARDO
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
950Dove me l'han portata?
 Empio Rinaldo indegno,
 perfido rapitor!
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
955Me l'han fatta i traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov'è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n'è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n'andò.
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera,
960non sapendosi, etcaetera
 se sia andata o no, etcaetera.
 
 A QUATTRO
 
    Oh che caso! Oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dappoi si finirà.
 
965   Se la figlia fu involata,
 a quest'ora è maritata.
 E presente la servente,
 quest'ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo