Il filosofo di campagna, libretto, Milano, Montano, 1762

890che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
 Vostra sono, il sarò, ve l’assicuro.
895A tutti i numi il giuro;
 non ho ad alcuno l’amor mio promesso;
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
 tutt’amor, tutto foco,
900sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vo’ la taccia,
 lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto,
905tenero core onesto
 per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
910ma ho cervello che basta e so ben io
 che divider amor non può il cor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
915S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo
 ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
 qualch’altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
920No, ben mio, no carina;
 siete la mia sposina e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì v’amo di core.
 LESBINA
925Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate!
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
930(Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
935Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
940Confesso il mio fallire
 ma voglio essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femmina tale?
 NARDO
945Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
950Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostegno e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
955che cosa importa a me, se bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile,
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
960la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
965il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
970padrona di me.
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LA LENA
 Mio zio, ricco sfondato
 non si puole scordar che vile è nato.
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
975d’una senza natali e senza dote.
 LA LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
980certamente è un peccato; imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
985con un uomo civil, poiché dal pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
990ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
 Se fosse in casa mia
995questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina;
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
1000perché bene sa far l’impertinente.
 Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
1005d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 coll’agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
1010   Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
1015Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è andata via;
 egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
1020Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava?
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto;
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
1025Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio amoroso)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi?
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta,
 basta Lesbina, aspetta
1030ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
1035Via pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
1040e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei,
1045basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
 lo farò volontier ma non vorrei
1050che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
1055ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
1060Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei.
 Che non vuo’ dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
1065fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
1070Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone,
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
1075   In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
1080(Oimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi Lesbina.
 LESBINA
                           Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
1085Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
1090le spose sono due;
 una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
1095Presto, signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
1100I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi son questi:
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
1105con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
1110Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà!
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
1115   Due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemila
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
1120un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimila
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
1125Fermate; levate.
 Tremila per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
 battuti tremila,
1130saran cinquemila...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti... per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
1135ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
1140Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
1145Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
1150Me l’han fatta i traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Levo Eugenia cum etcaetera,
1155non sapendosi etcaetera,
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si finirà.
 
1160   Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
 E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
1165un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
 Parlar mi sento al core
 giustamente sdegnato il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
1170siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
1175dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
1180Tutto farò, per compiacervi, o cara;
 elegete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura;
 l’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
 Questa, se non m’inganno,
1185di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
1190ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
1195D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LA LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LA LENA
1200Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto.
1205Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
1210Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
 Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
1215quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
 (Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
1220si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato;
1225l’innocente desio seconda il fato.
 
    Che più bramar poss’io?
 Che più dal cielo aspetto?
 Andrò col mio diletto
 la pace ad incontrar.
 
1230   Del genitore alfine
 si placherà lo sdegno.
 Amor prenda l’impegno
 quest’alme a consolar. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato,
1235in braccio al mio contento
 per voi andrò... (In atto di partire)
 LA LENA
                                Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
1240per chi fu sì pietoso a’ desir miei?
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
1245Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LA LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
1250perdo e consumo invan la miglior dote.
 
    Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così,
1255ci penso notte e dì.
 
    Vorrei un giovinetto,
 civile e graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì.
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
1260Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fato.
 Ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento;
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
1265   Guerrier, che valoroso
 nell’assalir si veda,
 quand’ha in poter la preda,
 perderla non saprà.
 
    Pianti, fatiche e stenti
1270mi costa l’idol mio.
 Barbaro fato e rio
 tormela non potrà. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e LA LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia sgraziata,
 dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
1275mi capita alle mani
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
 o se via l’ha menata per la posta.
1280Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno.
 Se gli trovassi, li farei pentire.
 Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LA LENA
 Signor, che cosa avete
1285che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
 M’han la figlia involato;
1290non la trovo, non so dov’ella sia.
 LA LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LA LENA
 Eugenia, vostra figlia,
 è in sicuro, signor, ve lo prometto.
 È collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
1295Là dentro?
 LA LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo?
 LA LENA
                          Con lui.
 DON TRITEMIO
                                           Ma Nardo dunque...
 LA LENA
 Nardo, mio zio, l’ha a caro;
 per ordin suo vo a prender il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
 Oh questa sì ch’è bella,
1300Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione.
 Sì sì, l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
 Rinaldo pretendeva...
1305Ei l’ha menata via;
 anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io crepo dalle risa.
 Oh che caso ridicolo e giocondo!
 Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
1310(Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
 una bella insolenza.
 NARDO
1315La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 DON TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
 Basta, chi ha fatto il male
1320farà la penitenza,
 dote non ne darò certo, certissimo.
 NARDO
 Sì sì, fate benissimo.
 Stimo que’ genitori,
 cui profittan dei figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
1325Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
 Eh lasciatemi andar...
 NARDO
                                           Ma non si può.
 DON TRITEMIO
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO
 Sì, fin che è sposata.
 DON TRITEMIO
 Questa è una mala azion che voi mi fate.
 NARDO
1330No, caro amico, non vi riscaldate.
 DON TRITEMIO
 Mi riscaldo, perché
 si poteva con me meglio trattare.
 Se l’avevo promessa,
 lo sposo aveva le ragioni sue.
 NARDO
1335I sposi erano due;
 v’erano dei contrasti, onde per questo
 quel che aveva più amor fatto ha più presto.
 DON TRITEMIO
 Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
 Ma lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DON TRITEMIO
1340Ma questo...
 NARDO
                          Orsù quello ch’è stato è stato.
 DON TRITEMIO
 È ver; non vuo’ impazzire.
 L’ho trovata alla fine e ciò mi basta.
 Dopo il fatto si loda;
 chi l’ha avuta l’ha avuta e se la goda.
 
1345   Da me non speri
 d’aver un soldo,
 se il manigoldo
 vedessi lì.
 
    Se se n’è andata,
1350se si è sposata,
 da me non venga,
 non verrò qui.
 
    Chi ha avuto ha avuto,
 chi ha fatto ha fatto,
1355non son sì matto,
 non vuo’ gettare,
 non vuo’ dotare
 la figlia ardita
 che se n’è gita
1360da me così. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi LA LENA e CAPOCCHIO notaro
 
 NARDO
 A Rinaldo per ora
 basterà la consorte;
 poi dopo la sua morte il padre avaro
 a suo dispetto lascierà il denaro.
 LA LENA
1365Venite a stipulare
 delle nozze il contratto. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Eccolo qui, l’avevo mezzo fatto.
 NARDO
 Andate in casa mia,
 l’opera terminate.
1370L’ordine seguitate
 dei due sponsali in un contratto espressi
 colle stesse notizie e i nomi stessi.
 CAPOCCHIO
 Sì signor, si farà.
 Ma poi chi pagherà?
 NARDO
                                        Bella domanda!
1375Pagherà chi è servito e chi comanda.
 LA LENA
 Sentite, se si fanno
 scritture in casa mia,
 voglio la senseria.
 CAPOCCHIO
                                   Come?
 LA LENA
                                                   Dirò,
 se mi mariterò,
1380come spero di farlo prestamente,
 la scrittura m’avete a far per niente. (Entra in casa)
 
 SCENA VIII
 
 NARDO e CAPOCCHIO
 
 CAPOCCHIO
 Vostra nipote è avara, come va.
 NARDO
 Credetemi, lo fa senza malizia,
 delle donne un costume è l’avarizia.
 CAPOCCHIO
1385Son lente nello spendere,
 egli è vero, ma son leste nel prendere.
 
    Voi che filosofo
 chiamato siete,
 dirmi saprete
1390come si dia
 di simpatia
 forza e virtù.
 
    La calamita
 tira l’acciaro.
1395Tira l’avaro
 l’oro ancor più. (Entra in casa)
 
 SCENA IX
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Nato son contadino,
 non ho studiato niente
 ma però colla mente
1400talor filosofando a discrezione
 trovo di molte cose la ragione.
 E vedo chiaramente
 che interesse, superbia, invidia e amore
 hanno la fonte lor nel nostro core.
 LESBINA
1405Ma capperi si vede,
 affé, che mi volete poco bene.
 Nel giardino v’aspetto e non si viene.
 NARDO
 Un affar di premura
 m’ha trattenuto un poco.
1410Concludiam, se volete, in questo loco.
 LESBINA
 Il notaro dov’è?
 NARDO
                                Là dentro. Ei scrive
 il solito contratto
 e si faranno i due sponsali a un tratto.
 LESBINA
 Ma se Eugenia fuggì...
 NARDO
                                           Fu ritrovata.
1415Là dentro è ricovrata
 e si fa con Rinaldo l’istrumento.
 LESBINA
 Don Tritemio che dice?
 NARDO
                                              Egli è contento.
 LESBINA
 Dunque, quand’è così, facciamo presto.
 Andiam, caro sposino.
 NARDO
1420Aspettate, Lesbina, anche un pochino.
 LESBINA
 (Non vorrei che venisse...)
 NARDO
                                                   A me badate;
 prima che mia voi siate,
 a voi vo’ render note
 alcune condizion sopra la dote.
 LESBINA
1425Qual dote dar vi possa
 voi l’intendeste già.
 Affetto ed onestà,
 modesta ritrosia.
 Ed un poco di buona economia.
 NARDO
1430Così mi basta e appunto
 di questo capital, che apprezzo molto,
 intendo ragionar.
 LESBINA
                                   Dunque vi ascolto.
 NARDO
 In primis che l’affetto
 non sia troppo né poco,
1435perché il poco non basta e il troppo annoia;
 e la mediocrità sempre è una gioia.
 LESBINA
 Come ho da regolarmi,
 per star lontana dagli estremi?
 NARDO
                                                          Udite,
 per fuggir ogni lite,
1440siate amorosa, se il marito è in vena;
 non lo state a seccar, se ha qualche pena.
 LESBINA
 Così farò.
 NARDO
                     Sul punto
 della bella onestà