Il filosofo di campagna, libretto, Firenze, Paperini, 1758 (Pistoia)

 Ora la chiamerò.
 NARDO
445Concludiamo le nozze.
 DON TRITEMIO
                                           Io presto fo. (Parte)
 LA LENA
 Signor zio, com’è bella?
 NARDO
 La vedrai. È una stella.
 LA LENA
 È galante, è graziosa?
 NARDO
 È galante, è gentile ed è amorosa.
 LA LENA
450Vi vorrà ben?
 NARDO
                            Si vede
 da un certo non so che
 che l’ha la madre sua fatta per me.
 Appena ci siam visti,
 un incognito amor di simpatia
455ha messo i nostri cuori in allegria.
 
    Son pien di giubilo,
 ridente ho l’animo,
 nel sen mi palpita
 brillante il cor.
 
 LA LENA
 
460   Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
 risveglia ed agita
 novello ardor.
 
 LESBINA
 
    Sposino amabile (Esce da una camera)
465per voi son misera;
 mi sento mordere
 dal dio d’amor.
 
 NARDO
 
    Vieni al mio seno,
 sposina mia.
 
 LA LENA
 
470Signora zia,
 a voi m’inchino.
 
 A TRE
 
 Dolce destino,
 felice amor!
 
 LESBINA
 
    Parto, parto; il genitore.
 
 NARDO
 
475Perché parti?
 
 LESBINA
 
                            Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Entra nella camera di dove è venuta)
 
 NARDO
 
    Vergognosetta
 la poveretta
 se ne fuggì.
 
 LA LENA
 
480   Se fossi in lei,
 non fuggirei
 chi mi ferì.
 
 DON TRITEMIO
 
    La ricerco e non la trovo.
 Oh che smania in sen io provo!
485Dove, diavolo, sarà?
 
 NARDO, LA LENA
 
 Ah ah ah. (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
    L’ho cercata su e giù;
 l’ho cercata qua e là.
 
 NARDO, LA LENA
 
 Ah ah ah. (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
490Voi ridete! Come va?
 
 NARDO
 
 Fin adesso è stata qua.
 
 DON TRITEMIO
 
 Dov’è andata?
 
 LA LENA
 
                             È andata là. (Accenna ov’è entrata)
 
 DON TRITEMIO
 
 Quando è là, la troverò
 e con me la condurrò. (Entra in quella casa)
 
 NARDO
 
495   Superar il genitore
 potrà ben il suo rossore.
 
 LA LENA
 
 Non è tanto vergognoso
 il suo core collo sposo.
 
 A DUE
 
 Si confonde nel suo petto
500il rispetto coll’amor.
 
 LESBINA
 
    Presto, presto, sposo bello, (Torna)
 via porgetemi l’anello,
 che la sposa allor sarò.
 
 LA LENA
 
 Questa cosa far si può.
 
 NARDO
 
505Ecco, ecco ve lo do. (Le dà un anello)
 
 LESBINA
 
    Torna il padre, vado via.
 
 NARDO
 
 Ma perché tal ritrosia.
 
 LESBINA
 
 Il motivo non lo so.
 
 LA LENA
 
 Dallo sposo non fuggite.
 
 LESBINA
 
510Compatite, tornerò. (Torna nella camera di prima)
 
 NARDO, LA LENA
 
    Caso raro, caso bello!
 Una sposa coll’anello
 ha rossor del genitor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Non la trovo.
 
 NARDO, LA LENA
 
                              Ah ah ah. (Ridendo)
 
 DON TRITEMIO
 
515Voi ridete?
 
 NARDO, LA LENA
 
                        È stata qua.
 
 LA LENA
 
 Collo sposo ha favellato.
 
 NARDO
 
 E l’anello già le ho dato.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla figlia?
 
 NARDO, LA LENA
 
                       Signorsì.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla sposa?
 
 NARDO, LA LENA
 
                        Messersì.
 
 DON TRITEMIO
 
520Quel ch’è fatto fatto sia.
 
 A TRE
 
 Stiamo dunque in allegria,
 che la sposa vergognosa
 alla fin si cangerà
 e l’amore nel suo core
525con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 LESBINA
 Venite qui, signora padroncina
 tenete questo anello;
 ponetevolo in dito.
 Fate che il genitore ve lo veda;
530lasciate che la sposa egli vi creda.
 EUGENIA
 Tu m’imbrogli Lesbina e non vorrei...
 LESBINA
 Se de’ consigli miei
 vi volete servir, per voi qui sono.
 Quando no, vel protesto, io v’abbandono.
 EUGENIA
535Deh non mi abbandonare, ordina, imponi;
 senza cercar ragioni,
 lo farò ciecamente;
 ti sarò, non temer, tutta obbediente.
 LESBINA
 Questo anello tenete.
540Quel che seguì sapete;
 e quel che seguirà
 regola in avvenir ci porgerà.
 EUGENIA
 Ecco mio padre.
 LESBINA
                                 Presto;
 ponetevelo in dito.
 EUGENIA
545Una sposa son io senza marito. (Si mette l’anello)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fuggi e non rispondi?
 Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
550Perdonate signor...
 LESBINA
                                     La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           Oh bella affé
 si vergogna di me, poi collo sposo
 il suo core non è più vergognoso.
 LESBINA
 Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
555cotali meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
 ch’ardono in sen d’amore,
 la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti
560dallo sposo l’anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco. Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                         Eccolo qui. (Mostra l’anello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 Capperi! È bello assai.
 Non mi credevo mai
 che Nardo avesse di tai gioie in dito.
565Vedi se t’ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 Misera me, se tal mi fosse! (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                    Oh via,
 codesta ritrosia scaccia dal petto;
 queste smorfie ormai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina,
570mostrate la bocchina un po’ ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 È picchiato mi par.
 LESBINA
                                      Vedrò chi sia.
 (Ehi badate non far qualche pazzia). (Piano ad Eugenia e parte)
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO, EUGENIA, poi LESBINA che torna
 
 EUGENIA
 È molto s’io resisto. (Da sé)
 DON TRITEMIO
575Affé non ho mai visto
 una donna di te più scimunita.
 Figlia che si marita
 suol esser lieta, al suo gioir condotta,
 e tu stai lì che pari una marmotta?
 EUGENIA
580Che volete ch’io dica?
 DON TRITEMIO
                                          Parla o taci,
 no me n’importa più.
 Sposati e in avvenir pensaci tu.
 LESBINA
 Signor è un cavaliero
 col notar della villa in compagnia
585che brama riverir vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Vengano. (Col notaro? (Da sé)
 Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 LESBINA
 (È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
 d’evitar il periglio). (Piano ad Eugenia)
 EUGENIA
                                        (Andiam Lesbina). (A Lesbina)
590Con licenza. (S’inchina a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                          Va’ pure.
 EUGENIA
                                             (Ahi me meschina). (Da sé e parte con Lesbina)
 
 SCENA IV
 
 DON TRITEMIO, poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 DON TRITEMIO
 Se denaro vorrà, gliene darò,
 purché sicuro sia con fondamento
 e che almeno mi paghi il sei per cento.
 Ma che vedo? È colui
595che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
 Compatite signor...
 DON TRITEMIO
                                      La riverisco.
 RINALDO
 Compatite se ardisco
 replicarvi l’incommodo. Temendo
600che non siate di me ben persuaso
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
 di me vi mostrerà
 titolo, parentele e facoltà.
 DON TRITEMIO
605(È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,
 l’istrumento rogato
 d’un ricco marchesato;
 ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto camino
610vien l’origine sua del re Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh caperi! Che vedo!
 Questa è una cosa bella in verità.
 Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo dal par con il denaro?
 RINALDO
615Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Questi sono istrumenti
 di compre, di censi, di livelli,
 questi sono contratti buoni e belli. (Mostrando alcuni fogli a guisa d’instrumenti antichi)
 
620   Nel Quattrocento
 sei possessioni
 nel Cinquecento
 quattro valloni.
 Anno millesimo
625una duchea
 milletrentesimo
 una contea
 emit etcaetera.
 
    Case e casoni
630giurisdizioni
 frutti annuali
 censi e cambiali.
 Sic etcaetera
 cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
635La riverisco etcaetera.
 Vada signor notaro al suo viaggio.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
 a prender altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
640Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
645Le farò contradote.
 DON TRITEMIO
                                     Obligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 DON TRITEMIO
                                      Per verità
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 DON TRITEMIO
 Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 DON TRITEMIO
                                                La figliuola.
 RINALDO
 D’Eugenia non pavento.
 DON TRITEMIO
650Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben vi prendo in parola.
 DON TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola,
 s’ella non fosse in caso
 del mio buon cor sarete persuaso.
 RINALDO
655Sì chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei son escluso io vi perdono.
 DON TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima.
 S’ella non puole, amici come prima. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
660di sua man, del suo cor certo son io.
 Veggola che ritorna
 col genitore allato;
 della gioia vicino è il dì beato.
 DON TRITEMIO
 Eccola qui. Vedete se son io
665un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei
 benché foste nemico ai desir miei.
 DON TRITEMIO
 Eugenia quel signore
 ti vorrebbe in isposa e tu che dici?
 EUGENIA
 Tra le donne felici
670la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 DON TRITEMIO
 Brava, figliuola mia,
 il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
 L’udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
675entrambi a consolare.
 DON TRITEMIO
                                          Eppur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
 La mano? In verità
 s’ha da far... s’ha da far... se si potrà.
680Dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                           Eccola. (Don Tritemio le prende la mano)
 DON TRITEMIO
                                                          A voi. (Chiede la mano a Rinaldo)
 Prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
 Nardo con quell’anello la sposò;
685e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come!
 DON TRITEMIO
                Non è così? (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                       Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l’anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno
 non si può, figlia mia, scioglier l’impegno.
690Voi che dite, signor?
 RINALDO
                                        Dico che tutti
 perfidi m’ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
 La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso)
695udite, ah svelar deggio
 l’arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Signor padrone, voi siete domandato. (A don Tritemio)
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
700Sente signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia
 onde vosignoria,
 s’altra cosa non ha da comandare,
 per cortesia se ne potrebbe andare.
 RINALDO
705Sì sì, me n’anderò ma giuro ai numi
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
 Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci infedele.
 
    Perfida figlia ingrata,
 padre spietato indegno,
710non so frenar lo sdegno,
 l’alma si scuote irata.
 Empio, crudele, audace,
 pace per me non v’è. (Or all’uno, or all’altro)
 
    E tu che alimentasti (A Lesbina)
715sinora il foco mio
 colla speranza, oh dio!
 così tu m’ingannasti?
 L’offeso cuor aspetta
 vendetta anche di te.
 
 SCENA VIII
 
 EUGENIA, DON TRITEMIO e LESBINA
 
 LESBINA
720(Obligata davver del complimento). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 (Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi che tormento!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Orsù signora pazza (Ad Eugenia)
 ho capito il rossor che cosa sia.
 Quel che voglia colui vado a sentire;
725poi la discorrerem. S’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
 Sì signor, dite bene. (A don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                         E tu fraschetta, (A Lesbina)
 tu alimentasti dell’amante il foco?
 Vado e ritorno; parlerem fra poco.
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
 Ah Lesbina crudele!
730Solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
 Loderete nel fine il mio consiglio.
 Questa cosa finor mi pare un gioco;
 non mi perdo davver per così poco.
 EUGENIA
 Prenditi quest’anello.
 LESBINA
735Eh no, signora mia.
 EUGENIA
 Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
 Quest’anello omicida
740dinanzi agl’occhi miei soffrir non vo’.
 LESBINA
 Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito,
 che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah tu sei la cagion delle mie pene.
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
745Oh genero garbato!
 Alla sposa ha mandato
 questo ricco gioiello. (Mostra un gioiello)
 Prendilo, Eugenia mia, guarda s’è bello.
 EUGENIA
 Non lo curo, signore...
 DON TRITEMIO
                                          Ed io comando
750che tu prender lo debba; il ricusarlo
 sarebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prenderò per obbedienza. (Prende il gioiello)
 Ma... vi chiedo perdono.
 Non mi piace, nol voglio, a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
755Grazie. (Lo prende)
 DON TRITEMIO
                  Rendilo a me. (A Lesbina)
 LESBINA
                                              Signor padrone
 sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa
 lo fa perché di voi mi brama sposa). (Piano a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
760Lo crederò? (A Lesbina)
 LESBINA
                          Signora,
 non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie
 confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero?
 DON TRITEMIO
765E tu che dici? (A Lesbina)
 LESBINA
                             Io dico
 che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accettarò l’impegno.
 
    Una ragazza
770che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete;
 voi m’intendete,
775questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
 la tortorella
 il suo compagno
780cercando va. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Dunque giacché lo sai tel dico anch’io;
 è questi il pensier mio.
 Doppoché tu sarai fatta la sposa,
 anch’io mi sposerò questa fanciulla.
785Piangi? Sospiri? E non rispondi nulla?
 Son stanco di soffrirti;
 oggi darai la man. S’ha da finire.
 Se sei pazza, non vuo’ teco impazzire.
 
    M’hai capito? Che rispondi?
790Giri il capo, volgi gl’occhi?
 Ti smarrisci, ti confondi,
 non risolvi e taci ancor?
 
    Più non farmi la stordita,
 voglio ch’oggi sia finita,
795non più dubbi, a modo mio
 devi fare o vogli o no.
 
 EUGENIA
 Pazza a raggion mi chiama
 il genitor crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
800ho tradito l’affetto,
 per celar follemente in sen l’arcano,
 ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
    Misera a tante pene
 come resisto, oh dio!
805Il crudo affanno mio
 ah tollerar non so.
 
    Dov’è l’amato bene?
 Dove s’asconde, o cieli!
 Amor, se non lo sveli,
810più vivere non vuo’. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
 Povera Lena! Oh dio! Non trovo un core
 in questo vil soggiorno
 ch’abbia di me pietà. Se fossi anch’io,
 come sono in città le ninfe belle,
815vorria che mille amanti
 con palpiti e con pianti
 mi venissero intorno e a chi un risetto,
 a chi una dolce occhiata
 dando sovente con tal dolce incanto,
820tra le belle vorria portare il vanto.
 
    Quel vezzo lusinghiero,
 quel ciglio a tempo altero,
 e quel riso
 d’un bel viso
825oh quanti degli amanti
 ne fece sospirar.
 
 SCENA XIII
 
 Campagna.
 
 NARDO, sonando il chitarrino e cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò.
 Io mi accompagnarò
830in pace e sanità.
 Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare, signor no;
 soffrir, gridare, oibò.
 
835   Voglio cantare;
 voglio sonare;
 voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
 Galantuom, siete voi
840quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
845Sì signore, l’ho avuta;
 la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello
 e l’ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
850recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagattelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
855Buono. Si può sapere
 almen per cortesia
 perché vosignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità.
 RINALDO
860Perché di don Tritemio
 amo anch’io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me di sposo,
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
865Dite da ver.
 RINALDO
                         Non mentano i miei pari...
 NARDO
 E i pari miei non sanno
 per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
 se mi burla e mi sprezza, io non ci penso.
870So anch’io colla ragion vincere il senso.
 Vi ringrazio d’avermi
 avvisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
875Ragionevole siete
 giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
880la cosa narrerò tutta com’è
 e se contrasta, avrà da far con me.
 
 SCENA XIV
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temer anco la morte
885procurar mi volessi una consorte;
 amo la vita assai!
 Fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
890Sposo, ben obbligata.
 M’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi rigalerò.
 NARDO
 No no, figliuola cara;
895dispensatevi pur da tal finezza.
 Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
900Siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro, e chi è codesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
905che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister, sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
 Vostra sono, il sarò, ve l’assicuro.
910A tutti i numi il giuro;
 non ho ad alcuno l’amor mio promesso;
 son ragazza ed amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
 tutto amor, tutto foco,
915sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vuo’ la taccia.
 La sosterrò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto,
920tenero cuore onesto
 per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
925ma ho cervello che basta e so ben io
 che divider amor non può il cuor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lascerei colla corona.
 NARDO
930S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo
 ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
 qualch’altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
935No, ben mio, no carina;
 siete la mia sposina e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì v’amo di core.
 LESBINA
940Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
945(Qualch’imbroglio novello).
 NARDO
                                                     Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
950Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
955Confesso il mio fallire.
 Ma vogl’esser vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femina tale?
 NARDO
960Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
965Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
970che cosa importa a me, s’è bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
975la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
980il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
985padrona di me. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LA LENA