Il filosofo di campagna, libretto, Firenze, Paperini, 1758 (Pistoia)

 Mio zio, ricco sfondato
 non si puole scordare che vile è nato.
 LESBINA
 Signora mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
990d’una senza natali e senza dote.
 LA LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
995certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
1000con un uomo civil, poiché del pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leon andar coperto
1005ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
 Se fosse in casa mia
1010questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intiero.
 Sprezza la contadina;
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
1015perché bene sa far l’impertinente.
 Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
1020d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va
 coll’agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
1025   Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
1030Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
1035Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava?
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto;
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
1040Ami ancor tu Lesbina?
 LESBINA
                                            Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi?
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
1045ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
1050Via pensamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
1055e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XIX
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
1060Basta, m’impegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui, se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
 lo farò volentieri ma non vorrei
1065che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
1070ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
1075Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
1080fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragion amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
1085Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone
 a scrivere principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
1090   In questo giorno etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono, si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
1095(Oimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi, Lesbina.
 LESBINA
                            Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia.
 LESBINA
                                    No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
1100Aspettate un momento
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
1105le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno io spero;
 non è vero padrone?
 DON TRITEMIO
                                        È vero è vero. (Parte)
 LESBINA
1110Presto signor notar via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono, si sposano...
1115I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi;
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
1120con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono, si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
1125Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
1130   Due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemila
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
1135un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimila
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete. Una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
1140Fermate; cassate.
 Tremila per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
 battuti tremila
1145saran cinquemila...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
1150ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli son disperato!
1155Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
1160Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo, indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
1165Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
1170non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    O che caso, o che avventura.
 Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si finirà.
 
1175   Se la figlia fu involata
 a quest’ora è maritata.
 E presente la servente
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Campagna vestita d’alberi con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
1180un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
 Parlar mi sento al core
 giustamente sdegnato il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace, alfine
 siete con chi v’adora;
1185siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gl’usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
1190dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
1195Tutto farò per compiacervi, o cara.
 Eleggete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
 Questa, se non m’inganno,
1200di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite
 pastorella gentile è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io,
1205ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
1210D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LA LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LA LENA
1215Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto,
1220perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
 Me n’avviddi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
1225Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
 Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella
 voi non sapete al core
1230quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
 (Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
1235si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 L’innocente desio seconda il fato.
 
1240   Che più bramar poss’io,
 che più dal ciel aspetto?
 Andrò col mio diletto
 la pace ad incontrar.
 
    Del genitore alfine
1245si placherà lo sdegno.
 Amor prenda l’impegno
 quest’alma a consolar. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento
1250per voi andrò... (In atto di partire)
 LA LENA
                                Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LA LENA
1255Son contadina, è vero.
 Ma ho massime civili e buona dote,
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
1260secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LA LENA
                                  Ma fate presto,
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
1265   Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così,
 ci penso notte e dì.
 
1270   Vorrei un giovinetto
 civile, graziosetto,
 che non dicesse un no
 quand’io gli chiedo un sì. (Entra nella casa sudetta)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
1275che fu già mio rival, ci porta il fato
 ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento;
 ed ho cuor d’incontrar ogni cimento.
 
    Guerrier, che valoroso
1280nell’assalir si veda,
 quand’ha in poter la preda
 perderla non saprà.
 
    Pianti, fatiche e stenti
 mi costa l’idol mio.
1285Barbaro fato e rio
 tormela non potrà. (Entra nella casa sudetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e poi LA LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia sgraziata
 dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
 mi capita alle mani
1290lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
 o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
1295di rabbia e di veleno.
 Se li trovassi, li farei pentire.
 Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LA LENA
 Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
1300Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
 M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dove ella sia.
 LA LENA
1305E non v’è altro?
 DON TRITEMIO
                                Una minchioneria!
 LA LENA
 Eugenia, vostra figlia,
 è in sicuro, signor, ve lo prometto.
 È collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LA LENA
                       Signorsì!
 DON TRITEMIO
1310Collo sposo!
 LA LENA
                         Con lui.
 DON TRITEMIO
                                          Ma Nardo dunque...
 LA LENA
 Nardo, mio zio, l’ha a caro.
 Per ordin suo vo a prendere il notaro.
 
    Signor mio caro
 non dubitate,
1315lasciate fare,
 se vi fidate
 tutto l’affare
 s’aggiusterà. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
 Oh questa sì ch’è bella!
1320Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar. Per qual ragione?
 Sì sì l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
 Rinaldo pretendeva...
1325Ei l’ha menata via...
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io crepo dalle risa.
 Oh che caso ridicolo e giocondo!
 Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
1330(Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         Ecco il buon padre.
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
 una bella insolenza.
 NARDO
1335La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 DON TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
 Basta, chi ha fatto il male
1340farà la penitenza.
 Dote non le darò certo, certissimo.
 NARDO
 Sì sì fate benissimo.
 Stimo que’ genitori,
 cui profittan de’ figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
1345Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
 Eh lasciatemi andar.
 NARDO
                                         Ma non si può.
 DON TRITEMIO
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO
 Sì, finch’ella è sposata.
 DON TRITEMIO
 Questa è una mala azion che voi mi fate.
 NARDO
1350No, caro amico non vi riscaldate.
 DON TRITEMIO
 Mi riscaldo, perché
 si poteva con me meglio trattare.
 Se l’aveva promessa,
 lo sposo aveva le ragioni sue.
 NARDO
1355I sposi erano due;
 v’erano dei contrasti, onde per questo
 quel che aveva più amor fatto ha più presto.
 DON TRITEMIO
 Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
 Lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DON TRITEMIO
1360Ma questo...
 NARDO
                          Orsù quello ch’è stato è stato.
 DON TRITEMIO
 È ver, non vuo’ impazzire.
 L’ho trovata alla fine e ciò mi basta.
 Doppo il fatto si loda.
 Chi l’ha avuta l’ha avuta e se la goda.
 
1365   La tenga la sposi,
 buon prode li faccia
 ma dote non speri
 d’avere da me.
 
    Ma quieto vi state?
1370Che cosa pensate?
 Di me vi ridete!
 E voi pretendete
 signor mio garbato,
 mio caro dottore,
1375dover contrattare
 e averla da fare
 co’ ciechi e con sciocchi,
 sappiate che i gatti
 aperto hanno gl’occhi,
1380non siam tanto matti,
 non siam tanto alocchi,
 così non sarà. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi LA LENA e CAPOCCHIO notaro
 
 NARDO
 A Rinaldo per ora
 basterà la consorte;
1385poi dopo la sua morte il padre avaro
 a suo dispetto lascierà il denaro.
 LA LENA
 Venite a stipulare
 delle nozze il contratto. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Eccolo qui, l’avevo mezzo fatto.
 NARDO
1390Andate in casa mia,
 l’opera terminate.
 L’ordine seguitate
 di due sponsali in un contratto espressi
 colle stesse notizie e i nomi stessi.
 CAPOCCHIO
1395Sì signor, si farà.
 Ma poi chi pagherà?
 NARDO
                                        Bella domanda!
 Pagherà chi è servito e chi comanda.
 LA LENA
 Sentite. Se si fanno
 scritture in casa mia
1400voglio la senseria.
 CAPOCCHIO
                                   Come?
 LA LENA
                                                   Dirò,
 se mi mariterò
 come spero di farlo prestamente,
 la scrittura m’avete a far per niente. (Entra in casa)
 
 SCENA VIII
 
 NARDO e CAPOCCHIO
 
 CAPOCCHIO
 Vostra nipote è avara, come va.
 NARDO
1405Credetemi, lo fa senza malizia.
 Delle donne un costume è l’avarizia.
 CAPOCCHIO
 Son lente nello spendere,
 egli è vero, ma son leste nel prendere.
 
    Voi che filosofo
1410chiamato siete,
 dirmi saprete
 come si dia
 di simpatia
 forza e virtù.
 
1415   La calamita
 tira l’acciaro.
 Tira l’avaro
 l’oro ancor più. (Entra in casa)
 
 SCENA IX
 
 NARDO e poi LESBINA
 
 NARDO
 Nato son contadino,
1420non ho studiato niente
 ma però colla mente
 talor filosofando a discrezione
 trovo di molte cose la ragione.
 E vedo chiaramente
1425che interesse, superbia, invidia e amore
 hanno la fonte lor nel nostro cuore.
 LESBINA
 Ma capperi! Si vede,
 affé, che mi volete poco bene.
 Nel giardino v’aspetto e non si viene.
 NARDO
1430Un affar di premura
 m’ha trattenuto un poco.
 Concludiam, se volete, in questo loco.
 LESBINA
 Il notaro dov’è?
 NARDO
                                Là dentro. Ei scrive
 il solito contratto
1435e si faranno i due sponsali a un tratto.
 LESBINA
 Ma se Eugenia fugì...
 NARDO
                                         Fu ritrovata.
 Là dentro è ricovrata
 e si fa con Rinaldo l’istrumento.
 LESBINA
 Don Tritemio che dice?
 NARDO
                                              Egli è contento.
 LESBINA
1440Dunque quand’è così, facciamo presto.
 Andiam, caro sposino.
 
    Già risuonarmi in seno
 l’eco d’amore io sento
 e l’alma dal contento
1445riconsolar mi fa.
 
    Più miro da vicino
 quel viso delicato
 il core innamorato
 più delirando va.
 
 NARDO
1450Aspettate, Lesbina, anche un pochino.
 LESBINA
 (Non vorrei che venisse...)
 NARDO
                                                   A me badate;
 prima che mia voi siate,
 a voi vuo’ render note
 alcune condizion sopra la dote.
 LESBINA
1455Qual dote darvi possa
 voi l’intendeste già.
 Affetto ed onestà,
 modesta ritrosia
 ed un poco di buona economia.
 NARDO
1460Così mi basta e appunto
 di questo capital, che apprezzo molto,
 intendo ragionar.
 LESBINA
                                   Dunque vi ascolto.
 NARDO
 In primis che l’affetto
 non sia troppo né poco,
1465perché il poco non basta e il troppo annoia;
 e la mediocrità sempr’è una gioia.
 LESBINA
 Com’ho da regolarmi
 per star lontana dagli estremi?
 NARDO
                                                          Udite,
 per sfuggir ogni lite,
1470siate amorosa, se il marito è in vena;
 non lo state a seccar, se ha qualche pena.
 LESBINA
 Così farò.
 NARDO
                     Sul punto
 della bella onestà
 non v’è mediocrità. Sia bella o brutta,
1475la sposa d’un sol uom dev’esser tutta.
 Circa l’economia potrete qui
 regolarvi così:
 del marito il voler seguire ognora
 e non far la padrona e la dottora.
 LESBINA
1480Così farò, son della pace amica;
 obbedirvi sarà minor fatica.
 NARDO
 Or mi sovvien che un altro capitale
 m’offeriste di lingua.
 LESBINA
                                         È ver.
 NARDO
                                                       Se questo
 mi riuscirà molesto,
1485in un più necessario il cambierò.
 LESBINA
 Ho inteso il genio vostro.
 Non vi sarà pericolo
 che vi voglia spiacer neanche in un piccolo.
 NARDO
 Quand’è così, mia cara
1490porgetemi la mano.
 LESBINA
                                       Eccola pronta.
 NARDO
 Del nostro matrimonio
 invochiamo Cupido in testimonio.
 LESBINA
 
    Lieti canori augelli
 che tenerelli amate
1495deh testimon voi siate
 del mio sincero amor.
 
 NARDO
 
    Alberi, piante e fiori
 i vostri ardori ascosi
 insegnino a due sposi
1500il naturale amor.
 
 LESBINA
 
    Par che l’augel risponda:
 «Ama lo sposo ognor».
 
 NARDO
 
    Dice la terra e l’onda:
 «Ama la sposa ancor».
 
 LESBINA
 
1505   La rondinella
 vezzosa e bella
 solo il compagno
 cercando va.
 
 NARDO
 
    L’olmo e la vite,
1510due piante unite
 ai sposi insegnano
 la fedeltà.
 
 LESBINA
 
    Io son la rondinella
 ed il rondon tu sei.
 
 NARDO
 
1515Tu sei la vite bella,
 io l’olmo esser vorrei.
 
 LESBINA
 
    Rondone fido
 nel caro nido
 vieni, t’aspetto.
 
 NARDO
 
1520Prendimi stretto,
 vite amorosa,
 diletta sposa.
 
 A DUE
 
    Soave amore,
 felice ardore,
1525alma del mondo,
 vita del cor.
 
    No, non si trova,
 no, non si prova
 più bella pace,
1530più caro ardor. (Partono ed entrano in casa)
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Diamine! Che ho sentito?
 Di Lesbina il marito
 pare che Nardo sia.
 Che la filosofia
1535colle ragioni sue
 accordasse ad un uom sposarne due?
 Quel che pensar non so;
 all’uscio picchierò. Verranno fuori;
 scoprirò i tradimenti e i traditori.
 
 SCENA XI
 
 LA LENA e detto
 
 LA LENA
1540Chi è qui?
 DON TRITEMIO
                       Ditemi presto,
 cosa si fa là dentro?
 LA LENA
 Finito è l’istrumento;
 si fan due matrimoni.
 Tra gl’altri testimoni,
1545che sono cinque o sei,
 se comanda venir, sarà anco lei.
 DON TRITEMIO
 Questi sposi quai son?
 LA LENA
                                            La vostra figlia
 col cavalier Rinaldo.
 DON TRITEMIO
 Cospetto! Mi vien caldo.
 LA LENA
1550E l’altro, padron mio,
 è la vostra Lesbina con mio zio.
 DON TRITEMIO
 Come? Lesbina? Oimè, no non lo credo.
 LA LENA
 Eccoli tutti quattro.
 DON TRITEMIO
                                      Ahi! Cosa vedo?
 EUGENIA
 
    Ah genitor, perdono...
 
 RINALDO
 
1555Suocero, per pietà...
 
 LESBINA
 
    Sposa, signor, io sono.
 
 NARDO
 
 Quest’è la verità.
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfidi scelerati,
 vi siete accomodati?
1560Senza la figlia mesto,
 senza la sposa resto.
 Che bella carità!
 
 LA LENA
 
    Quando di star vi preme
 con una sposa insieme,
1565ecco, per voi son qua.
 
 DON TRITEMIO
 
    Per far dispetto a lei,
 per disperar costei
 Lena mi sposerà.
 
 TUTTI
 
    Sia per diletto,
1570sia per dispetto,
 amore al core
 piacer darà.
 
 
 Fine dell’ultimo atto
 
 
    L’arie contrasegnate con la stelletta sono aggiunte.
 
    Civitavecchia esultante per la scenica rapresentanza e per le altre festive dimostrazioni procurate dall’autorevoli insistenze di monsignor illustrissimo e reverendissimo Emerico Bolognini suo ben amato governatore.
 
 SONETTO
 
    Non più col volto squallido e tremante
 come la vidde il Dandolo ed il Moro
 colei ti vien, felsino eroe, d’innante
 cui rendi il prisco imperial decoro.
 
    Ma con la chioma maestosa errante
 quale soleva nell’età dell’oro
 e dice prona alle gloriose piante:
 «Io son Pirgo, a te deggio il gran ristoro.
 
    Se nel mio seno insanguinò le spade
 di barbare nazioni il rio furore
 mi tolse i figli, desolò le strade,
 
    altri effetti produce il tuo gran cuore;
 tu mi riporti di Traian l’etade
 e ritorno per te nel mio splendore».
 
 In attestato d’umilissima riconoscenza.
 
    Li coraggiosi dell’opera
 
 
 
 IL FILOSOFO DI CAMPAGNA
 
 
    Dramma giocoso per musica da rappresentarsi in Siena nel teatro grande della nobile Accademia Intronata, estate dell’anno MDCCLVI.
    In Siena, l’anno MDCCLVI, appresso il Bonetti nella stamperia del pubblico per Francesco Rossi stampatore, con facoltà de’ superiori.
 
 
 ATTORI
 
 EUGENIA figlia di don Tritemio, amante di
 (la signora Maria Barchetti)
 RINALDO gentiluomo
 (il signore Gasparre Savoj)
 DON TRITEMIO cittadino abitante in villa
 (il signore Bartolomeo Cherubini)
 LESBINA cameriera in casa di don Tritemio
 (la signora Caterina Brogi Pertici)
 LENA nipote di
 (la signora Maddalena Parrini)
 NARDO ricco contadino detto il Filosofo
 (il signore Antonio Calenzoli)
 CAPOCCHIO notaro della villa
 (il signore Antonio Barchetti)
 
    La musica è del celebre maestro signor Baldassaro Galuppi detto Buranello. I balli sono d’invenzione del signor Angelo Alberti, eseguiti dagli signori: signora Stella Biocchi, signor Angelo Alberti, signora Teresa Dei, signor Vinceslao Luzzi, signora Caterina Romagnoli, signor Gasparre Bonucci.
 
 
 PROTESTA
 
    Le parole fato, numi, deità e simili, eccetera, sono solite espressioni del linguaggio poetico, non sentimenti di cuore cattolico.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino in casa di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
 
    Candidetto gelsomino
 che sei vago in sul mattino,
 perderai vicino a sera
 la primiera tua beltà.
 
 LESBINA
 
5   Vaga rosa onor dei fiori,
 fresca piaci ed innamori;
 ma vicino è il tuo flagello
 e il tuo bello sparirà.
 
 A DUE
 
    Tal di donna la bellezza
10più ch’è fresca, più s’apprezza;
 s’abbandona, allor che perde
 il bel verde dell’età.
 
 EUGENIA
 Basta, basta non più,
 che cotesta canzon, Lesbina mia,
15troppo mi desta in sen malinconia.
 LESBINA
 Anzi cantarla spesso,
 padrona, io vi consiglio,
 per fuggir della rosa il rio periglio.
 EUGENIA
 Ah che sotto d’un padre
20asprissimo e severo
 far buon uso non spero
 di questa età che delle donne è il fior.
 Troppo, troppo nemico ho il genitore.
 LESBINA
 Pur delle vostre nozze
25l’intesi ragionar.
 EUGENIA
                                 Nozze infelici
 sarebbero al cor mio le divisate
 dall’avarizia sua. Dell’uomo vile,
 che Nardo ha nome, ei mi vorrà consorte,
 l’abborrisco e mi scelgo anzi la morte.
 LESBINA
30Non così parlereste,
 s’ei proponesse al vostro cuor Rinaldo.
 EUGENIA
 Lesbina... Ohimè!...
 LESBINA
                                       V’ho fatto venir caldo?
 Vi compatisco. Un cavalier gentile,
 in tutto a voi simile,
35nell’età, nel costume e nell’amore,
 far potrebbe felice il vostro cuore.
 EUGENIA
 Ma il genitor mi niega...
 LESBINA
 Si supplica, si prega,
 si sospira, si piange; e se non basta
40si fa un po’ la sdegnosa e si contrasta.
 EUGENIA
 Ah mi manca il coraggio.