Il filosofo di campagna, libretto, Treviso, Pianta, 1765

                                       Eccola pronta.
 NARDO
 Del nostro matrimonio
 invochiamo Cupido in testimonio.
 LESBINA
 
    Lieti canori augelli
890che tenerelli amate
 deh testimon voi siate
 del mio sincero amor.
 
 NARDO
 
    Alberi, piante e fiori
 i vostri ascosi ardori
895insegnino a due sposi
 il naturale amor.
 
 LESBINA
 
    Par che l’augel risponda:
 «Ama lo sposo ognor».
 
 NARDO
 
    Dice la terra e l’onda:
900«Ama la sposa ancor».
 
 LESBINA
 
    La rodinella
 vezzosa e bella
 solo il compagno
 cercando va.
 
 NARDO
 
905   L’olmo e la vite,
 due piante unite
 ai sposi insegnino
 la fedeltà.
 
 LESBINA
 
    Io son la rodinella
910ed il rondon tu sei.
 
 NARDO
 
 Tu sei la vite bella,
 l’olmo esser vorrei.
 
 LESBINA
 
    Rondone fido
 nel caro nido
915vieni, t’aspetto.
 
 NARDO
 
 Prendimi stretto,
 vite amorosa,
 diletta sposa,
 soave amore.
 
 A DUE
 
920   Felice ardore,
 alma del mondo,
 vita del cor.
 
    Non si trova,
 non si prova
925più bella pace,
 più caro ardor.
 
 SCENA IV
 
 DON TRITEMIO solo
 
 DON TRITEMIO
 Diamene! Che ho sentito!
 Di Lesbina il marito
 pare che Nardo sia,
930che la filosofia
 colle ragioni sue
 accordasse ad un uomo sposarne due?
 Quel che pensar non so;
 all’uscio pichierò; verranno fuori;
935scoprirò i tradimenti ed i traditori.
 
 SCENA ULTIMA
 
 RINALDO e detto, LESBINA e NARDO
 
 RINALDO
 Chi è qui?
 DON TRITEMIO
                       Ditemi presto,
 cosa si fa là dentro?
 RINALDO
 Finito è l’istrumento;
 si fan due matrimonii,
940fra gli altri testimonii,
 che sono cinque o sei,
 se commanda venir, sarà anco lei.
 DON TRITEMIO
 Questi sposi quai sono?
 RINALDO
                                              La vostra figlia
 col cavalier Rinaldo.
 DON TRITEMIO
945Cospetto mi vien caldo.
 RINALDO
 E l’altra, padrone mio,
 è la vostra Lesbina con Nardo.
 DON TRITEMIO
 Come? Lesbina! Oimè; no non ti credo.
 RINALDO
 Eccoli che vengono.
 DON TRITEMIO
                                      Ahi cosa vedo!
 RINALDO
 
950   Ah signor perdono...
 
 NARDO
 
 Suocero per pietà...
 
 LESBINA
 
    Sposa, signor, io sono.
 
 NARDO
 
 Questa è la verità.
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfidi scelerati,
955vi siete accomodati;
 senza la figlia mesto,
 senza la sposa resto;
 che bella carità!
 
 RINALDO
 
    Quando di star vi preme
960con una sposa insieme
 io la ritroverò.
 
 DON TRITEMIO
 
    Per far dispetto a lei,
 per disperar colei,
 anch’io mi sposerò.
 
 CORO
 
965   Sia per diletto,
 sia per dispetto,
 amore al cuore
 piacer darà.
 
 Fine della opera
 
 Ridotta da Pasquale Bondni
 
 
 LA SERVA ASTUTA O SIA IL FILOSOFO IN CAMPAGNA
 
 
    Intermezzo in due parti a cinque voci da rappresentarsi nel teatro di Sant’Angelo l’autunno dell’anno MDCCLXI.
    In Venezia, presso il Valvasense, con licenza de’ superiori.
 
 
 ATTORI
 
 LESBINA cameriera astuta di don Tritemio
 (la signora Maria Mercanti)
 CAPOCCHIA notaro della villa
 (il signor Domenico Occhiluppi)
 NARDO villano detto il Filosofo
 (il signor Domenico Negri)
 DON TRITEMIO cittadino, abitante in villa
 (il signor Domenico Pesci)
 FIORILLO villano nipote di Nardo
 (il signor Giovanni Nicolini)
 
    La poesia è del signor dottor Goldoni. La musica è del celebre signor Baldassar Galuppi detto Buranello. La scena è in villa.
 
 
 DELLA SERVA ASTUTA PARTE PRIMA
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino di don Tritemio.
 
 LESBINA, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Povera padroncina,
 affé la compatisco,
 questa anch’io la capisco,
 insegna la prudenza,
5se non s’ha quel che piace, è meglio senza.
 DON TRITEMIO
 Che si fa, signorina?
 LESBINA
 Un po’ d’insalatina
 raccogliere volea per desinare.
 DON TRITEMIO
 Poco fa t’ho sentito cantuzzare.
 LESBINA
10È ver, colla padrona
 mi divertivo un poco.
 DON TRITEMIO
                                          Eh mi figuro
 che cantate s’avranno
 canzonette d’amor.
 LESBINA
                                      Oh non signore,
 di questo o di quel fiore,
15di questo o di quel frutto
 si cantavan le lodi.
 DON TRITEMIO
                                     Il crederò?
 LESBINA
 Le volete sentir?
 DON TRITEMIO
                                 Le sentirò.
 LESBINA
 Qualche strofetta canterò a proposito.
 DON TRITEMIO
 Oh ragazza, farei uno sproposito.
 LESBINA
20Sentite, patron bello,
 la canzonetta sopra il ravanello.
 
    Quando son giovine
 son fresco e bello,
 son tenerello,
25di buon sapor.
 
    Ma quando invecchio
 gettato io sono,
 non son più buono
 col pizzicor.
 
 DON TRITEMIO
30Scaccia questa canzon dalla memoria.
 LESBINA
 Una ne vuo’ cantar sulla cicoria.
 
    Son fresca, son bella,
 cicoria novella,
 mangiatemi presto,
35coglietemi su.
 
    Se resto sul prato
 radicchio invecchiato,
 nessuno si degna
 raccogliermi più.
 
 DON TRITEMIO
40Senti ragazza mia
 questa canzone ha un poco d’allegria.
 Tu sei, Lesbina bella,
 cicorietta novella,
 prima che ad invecchiar ti veda il fato,
45esser colta dovresti in mezzo al prato.
 LESBINA
 Per me c’è tempo ancora,
 dovreste alla signora
 pensar caro padrone.
 Or ch’è buona stagione,
50or ch’è frutto maturo e saporito,
 non la fate invecchiar senza marito.
 DON TRITEMIO
 A lei ho già pensato,
 sposo le ho destinato e avrallo presto.
 LESBINA
 Posso saper chi sia?
 DON TRITEMIO
                                       Nardo è cotesto.
 LESBINA
55Di questa tenerina
 erbetta cittadina
 la bocca d’un villan non mi par degna.
 DON TRITEMIO
 Eh la prudenza insegna
 che ogn’erba si contenti
60d’aver qualche governo,
 pur ch’esposta non resti al crudo verno.
 LESBINA
 Io mi contenterei,
 pria di vederla così mal troncata,
 per la neve lasciar la mia insalata.
 DON TRITEMIO
65Tu sei un bocconcino
 per il tuo padroncino.
 LESBINA
                                          Oh oh sentite
 un’altra canzonetta ch’ho imparata
 sul proposito mio dell’insalata.
 
    Non raccoglie le mie foglie
70vecchia mano di pastor.
 
    Voglio un bello pastorello
 o vuo’ star nel prato ancor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO, indi CAPOCCHIA
 
 DON TRITEMIO
 Allegoricamente
 m’ha detto che con lei non farò niente.
75E pure io mi lusingo
 che a forza di finezze
 tutto supererò,
 che col tempo con lei tutto farò;
 per or d’Eugenia mia
80liberarmi mi preme, un buon partito
 Nardo per lei sarà, ricco riccone,
 è un villano, egli è ver, ma sapientone.
 CAPOCCHIA
 Signore don Tritemio
 al vostro eccelso merito
85m’inchino con ossequio.
 DON TRITEMIO
 La riverisco assai.
 CAPOCCHIA
                                    Sono obbligato.
 Non so se mi conosce.
 DON TRITEMIO
                                          Certo sì;
 siete il notar Capocchia.
 CAPOCCHIA
                                              Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Che dir mai mi volete?
 CAPOCCHIA
                                             Ella ha una figlia.
 DON TRITEMIO
90È vero. E che per questo?
 CAPOCCHIA
                                                 Io le dirò
 che un cavalier ben ricco,
 che ha robba in quantità
 e che Rinaldo appellasi,
 forse prender vorrà la figlia sua.
95Onde signor...
 DON TRITEMIO
                             Onde signor mio caro,
 per venir alle corte, io gli dirò...
 CAPOCCHIA
 Che accordate la figlia?
 DON TRITEMIO
                                             Signor no.
 CAPOCCHIA
 Perché?
 DON TRITEMIO
                  (Che seccatore!)
 CAPOCCHIA
 Ma la ragione almeno...
 DON TRITEMIO
100Gliela dirò, vuo’ soddisfarlo appieno.
 
    La mia ragione è questa,
 mi par ragione onesta,
 la figlia mi chiedeste
 e la ragion vorreste,
105la mia ragion sta qui.
 Non posso dir di sì
 perché vuo’ dir di no;
 
    se non vi basta ancora,
 un’altra ne dirò.
110Rispondo: «Signor no
 perché la vuo’ così»
 e son padron di dirlo;
 la mia ragion sta qui.
 
 SCENA III
 
 CAPOCCHIA solo
 
 CAPOCCHIA
 Sciocca ragione invero
115sprezzare un cavagliero
 che alla famiglia tua farebbe onore;
 ma spero che migliore
 un’altra volta poi mi tratterà,
 quando cogl’occhi suoi
120qual sia Rinaldo poi conoscerà. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 NARDO con chitarrino e due villani con vanghe in mano
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò,
 io m’accompagnerò
 con pace e sanità.
125Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare? Signor no.
 Soffrir? Gridare? Oibò.
 
    Voglio cantare,
130voglio sonare,
 voglio godere
 più che si può.
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno,
135tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
 l’avolo ed il bisavolo e il trisavolo
 e fur sudditi lor la zucca e il cavolo.
 Nelle città famose,
140ogni generazion si cambia stato.
 Se il padre ha accumulato
 con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo figlio.
 Qui dove non ci tiene
145il lusso, l’ambizion, la gola oppressi,
 sono gli uomini ognor sempre gl’istessi.
 Non cambierei, lo giuro,
 col piacer delle feste e de’ teatri
 zappa, trebbie, rastei, vanghe ed aratri.
 
150   Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna
 con diletto e libertà.
 
    Oh che pane delicato,
 se da noi fu coltivato.
155Presto, presto a lavorare,
 a godere, a seminare
 e dappoi si mangerà,
 del bon vin si beverà
 ed allegri si starà.
 
 SCENA V
 
 LESBINA e detto
 
 LESBINA
160(Ecco il ricco villano,
 ora son nell’impegno;
 tutta l’arte vi vuol, tutto l’ingegno).
 NARDO
 Chi è qui?
 LESBINA
                       Non ci vedete?
 Per ora ci son io.
 NARDO
165Bondì a vosignoria.
 LESBINA
                                      Padrone mio.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà fra poco.
 Potete in questo loco
 aspettar se v’aggrada.
 NARDO
                                          Aspetterò.
 Voi chi siete, signora?
 LESBINA
                                           Io non lo so.
 NARDO
170Sareste per ventura
 la figliola di lui venuta qui?
 LESBINA
 Potria darsi di sì.
 NARDO
 Alla ciera mi par...
 LESBINA
                                     Così sarà.
 NARDO
 Mi piacete davver.
 LESBINA
                                     Vostra bontà.
 NARDO
175Sapete chi son io?
 LESBINA
                                    No, mio signore.
 NARDO
 Non ve lo dice il core?
 LESBINA
 Il cor d’una fanciulla,
 se si tratta d’un uom, non sa dir nulla.
 NARDO
 Eh furbetta, furbetta, voi mi avete
180conosciuto a drittura;
 delle fanciulle al cor parla natura.
 LESBINA
 Siete forse?
 NARDO
                         Via, chi?
 LESBINA
                                            Nardino bello?
 NARDO
 Sì, carina, son quello,
 quello che vostro sposo è destinato.
 LESBINA
185Con licenza, signor, m’hanno chiamato. (Vuol partire)
 NARDO
 Dove andate?
 LESBINA
                            Non so.
 NARDO
 Eh restate, carina.
 LESBINA
                                    Signor no.
 NARDO
 Vi spiace il volto mio?
 LESBINA
                                           Anzi mi piace.
 Ma...
 NARDO
             Che ma?
 LESBINA
                                Non so dire da che cosa...
190Con licenza, signor, voglio andar via.
 NARDO
 Fermatevi un momento.
 (Si vede dal rossor ch’è figlia buona).
 LESBINA
 (Servo me stessa e servo la padrona).
 
    Compatite, signor, s’io non so...
195Son così, non so fare all’amor.
 Una cosa mi sento nel cor
 che col labbro spiegar non si può.
 
    Miratemi qua;
 sapete cos’è,
200voltatevi in là
 lontano da me.
 
    Voglio partire, mi sento languire.
 Ah, col tempo spiegarmi saprò. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 NARDO, poi DON TRITEMIO
 
 NARDO
 Si vede chiaramente
205che la natura in lei parla innocente.
 Finger anche potrebbe, è ver purtroppo;
 ma è un cattivo animale
 quel che senza ragion sospetta male.
 DON TRITEMIO
 Messer Nardo dabbene,
210compatite se troppo trattenuto
 m’ha un domestico impaccio.
 Vi saluto di core.
 NARDO
                                  Ed io v’abbraccio.
 DON TRITEMIO
 Or verrà la figliola.