Il filosofo di campagna, libretto, Verona, Ramanzini, 1760

 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
830Bagatelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono. Si può sapere
 almen per cortesia
835perché vossignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
 amo anch’io la figliuola,
840perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me suo sposo;
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite davver?
 RINALDO
                           Non mentono i miei pari...
 NARDO
 E i pari miei non sanno
845per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
 se mi burla e mi sprezza, io non ci penso.
 So anch’io colla ragion vincere il senso;
 vi ringrazio d’avermi
850avvisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
 giustamente dal popolo stimato;
855filosofo chiamato con ragione,
 supperando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è.
 E se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
860Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai;
865fuggo se posso i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo ben obbligata.
 Mi avete regalata.
870Anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
 dispensatemi pur da tal finezza,
 quando ho un poco di bene mi consolo
875ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi non me ne importa un fico.
 LESBINA
880V’ingannate, lo giuro; e chi è codesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
885(Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
 Vostra sono, il sarò, ve l’assicuro.
 A tutti i numi il giuro;
 non ho ad alcuno l’amor mio promesso;
890son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
 tutt’amor, tutto foco,
 sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
895Di mendace e infedel non vuo’ la taccia.
 Lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero cuore onesto
 per voi serbo nel petto;
900ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta e so ben io
 che divider amor non può il cuor mio.
905Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo
 ma voi siete pentito
910d’essere mio marito;
 qualch’altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no carina;
 siete la mia sposina; e se colui
915o s’inganna o m’inganna o fu inganato,
 dell’inganno sarà disinganato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì v’amo di core.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
920Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
925Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
930amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
935(Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 ad un uom come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
940serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostegno e dico,
945ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona;
 peggio è assai se cattiva una padrona.
 
950   Se non è nata nobile
 che cosa importa a me;
 di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
955secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
960   Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me.
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LA LENA
 Mio zio, ricco sfondato
965non si puole scordar che vile è nato.
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 che ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LA LENA
 Certo che il zio poteva
970maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
975con una contadina come lei.
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché dal pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
980Udita ho una novella
 d’un somar, che solea
 con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto;
 così voi vi coprite
985talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero
 non vi starei con essa un giorno intero.
990Sprezza la contadina,
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente,
 eppur quando ci penso,
995bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
1000col gregge se ne va,
 coll’agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
1005la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza;
 questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
1010ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia.
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava.
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
1015d’amor provo il desio,
 desio però modesto
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
1020Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 E t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
1025ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
1030ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
1035farem due matrimoni e un istromento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapesse il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
1040Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
 lo farò volentier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
1045La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
1050Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
1055Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
1060Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque signore,
 finché viene il padrone
1065a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete; io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
1070promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Oimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi Lesbina.
 LESBINA
                           Signore.
 DON TRITEMIO
1075Eugenia non ritrovo,
 sai tu dov’ella sia.
 LESBINA
                                   No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
1080lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
1085Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
1090   In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi:
1095Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Riccottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
1100La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
1105La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
1110Scrivete. Duemilla
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete. Seimilla
1115lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete. Una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate. Cassate.
 Tremilla per questo
1120ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
 battuti tremilla
 saran cinquemilla...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
1125Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
 che dote di quella
1130più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
1135   Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo, indegno,
1140perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete;
 me l’han fatta i traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
1145Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
 non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no, etcaetera.
 
 TUTTI
 
1150   Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
1155E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
 Parlar mi sento al core,
1160giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
1165compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver, Rinaldo;
1170ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara;
 eleggete l’albergo ove pensate
1175d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
1180questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
1185Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 Sia malizia o innocenza, ella è assai franca.
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LA LENA
1190Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LA LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
1195pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
1200son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
 Che sì, che al genitore
1205l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
 (Mi fa pietà). Sentite,
1210vi offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto.
1215Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato.
 L’innocente desio seconda il fato.
 
    Amore tiranno
1220deh lasciami in pace;
 già sento l’affanno
 che nacque nel cor. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento
1225per voi andrò... (In atto di partire)
 LA LENA
                                Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LA LENA
1230Son contadina è vero
 ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
1235secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LA LENA
                                  Ma fate presto.
 Se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
1240   Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così;
 ci penso notte e dì.
 
1245   Vorrei un giovinetto,
 civile, graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
1250che fu già mio rival, ci porta il fato
 ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente; e non pavento;
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
    Ritorna in quest’alma
1255il dolce sereno
 e rende la calma
 a questo mio seno;
 ma grata al suo dono
 quest’alma sarà.
 
1260   Di sorte funesta
 più l’odio non curo
 né più la tempesta
 spavento mi fa.
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO, poi LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia sgraziata,
1265dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
 mi capita alle mani
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
1270o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno.
 Se li trovassi, li farei pentire,
 li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LA LENA
1275Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
1280M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LA LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LA LENA
 Eugenia, vostra figlia,
 è in sicuro, signor, ve lo prometto.
1285E collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LA LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo!
 LA LENA
                         Con lui.
 DON TRITEMIO
                                          Ma Nardo dunque...
 LA LENA
 Nardo mio zio l’ha a caro.
 Per ordin suo vo a prender il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
1290Oh questa sì che è bella.
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione?
 Sì sì l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
1295Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via.
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io crepo dalle risa.
 Oh che caso ridicolo e giocondo!
1300Oh che gabbia de pazzi è questo mondo?
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
1305una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 DON TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
1310Basta, chi ha fatto il male
 farà la penitenza.
 Dote non ne darò certo, certissimo.
 NARDO
 Sì sì, fate benissimo.
 Stimo que’ genitori,
1315cui profittan dei figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
 Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
 Eh lasciatemi andar...
 NARDO
                                           Ma non si può.
 DON TRITEMIO
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO
 Sì finché è sposata.
 DON TRITEMIO
1320Questa è una mala azion, che voi mi fate.
 NARDO
 No, caro amico, non vi riscaldate.
 DON TRITEMIO
 Mi riscaldo, perché
 si poteva con me meglio trattare.
 Se l’aveva promessa,
1325lo sposo aveva le ragioni sue.
 NARDO
 I sposi erano due;
 v’erano dei contrasti, onde per questo
 quel che aveva più amor fatto ha più presto.
 DON TRITEMIO
 Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
1330Ma lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DON TRITEMIO
 Ma questo...
 NARDO
                          Orsù quello ch’è stato è stato.
 DON TRITEMIO
 È ver; non vuo’ impazzire;
 l’ho trovata alla fine e ciò mi basta,
 dopo il fatto si loda;
1335chi l’ha avuta l’ha avuta e se la goda.
 
    Se avessi anch’un tesoro
 non do niente alla figliola,
 (ah! Mi manca la parola
 dalla bile ch’ho nel cor);
 
1340   dei contanti non ce n’è
 e l’entrate son per me;
 e così la contessina
 s’è sposata poverina.
 Ma la dote non avrà.
1345(Oh che rabbia che mi fa.)
 
    Stia pur certo il sapientissimo
 messer Nardo stimatissimo
 non do niente in verità. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi LA LENA e CAPOCCHIO notaro
 
 NARDO
 A Rinaldo per ora
1350basterà la consorte;
 poi dopo la sua morte il padre avaro
 a suo dispetto lascierà il denaro.
 LA LENA
 Venite a stipulare
 delle nozze il contratto. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
1355Eccolo qui, l’avevo mezzo fatto.
 NARDO
 Andate in casa mia,
 l’opera terminate.
 L’ordine seguitate
 dei due sponsali in un contratto espressi
1360colle stesse notizie e i nomi stessi.
 CAPOCCHIO
 Sì signor si farà.
 Ma poi chi pagherà?
 NARDO
                                        Bella domanda!
 Pagherà chi è servito e chi comanda.
 LA LENA
 Sentite, se si fanno
1365scritture in casa mia,
 voglio la senseria.
 CAPOCCHIO
                                   Come?
 LA LENA
                                                   Dirò,
 se mi mariterò,
 come spero di farlo prestamente,
 la scrittura m’avete a far per niente. (Entra in casa)
 
 SCENA VIII
 
 NARDO e CAPOCCHIO
 
 CAPOCCHIO
1370Vostra nipote è avara, come va.
 NARDO
 Credetemi, lo fa senza malizia;
 delle donne un costume è l’avarizia.
 CAPOCCHIO
 Son lente nello spendere,
 egli è vero, ma son leste nel prendere.
 
1375   Voi che filosofo
 chiamato siete,
 dirmi saprete
 come si dia
 di simpatia
1380forza e virtù.
 
    La calamita
 tira l’acciaro;
 tira l’avaro
 l’oro ancor più. (Entra in casa)
 
 SCENA IX
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
1385Nato son contadino,