Il filosofo di campagna, libretto, Presburgo, Landerer, 1759

 Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagattelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
840Buono. Si può sapere
 almen per cortesia
 perché vossignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
845Perché di don Tritemio
 amo anch’io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me di sposo,
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
850Dite davver?
 RINALDO
                           Non mentono i miei pari.
 NARDO
 E i pari miei non sanno
 per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
 se mi burla e mi sprezza, io non ci penso;
855so anch’io colla ragion vincere il senso.
 Vi ringrazio d’avermi
 avvisato per tempo.
 Ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
860Ragionevole siete
 giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
865la cosa narrarò tutta com’è;
 e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anche la morte,
870procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
875Sposo, ben obbligata.
 M’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalarò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
880dispensatevi pur da tal finezza.
 Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegarò;
885siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro. E chi è codesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
890che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
 Vostra sono e sarò, ve l’assicuro.
895A tutti i numi il giuro;
 non ho ad alcuno l’amor mio promesso;
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
 tutt’amor, tutto foco,
900sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vuo’ la taccia.
 Lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto.
905Tenero core onesto
 per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
910ma ho cervello che basta e so ben io
 che divider amor non può il cor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lasciarei colla corona.
 NARDO
915S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo;
 ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
 qualch’altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
920No, ben mio, no, carina;
 siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì, v’amo di core.
 LESBINA
925Siete l’idolo mio?
 NARDO
                                   Siete il mio amore.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna;
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
930(Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh, signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera;
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
935Ah misera, infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
940Confesso il mio fallire
 ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femmina tale?
 NARDO
945Non ci vedo alcun male.
 Per me, nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
950Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
955che cosa importa a me, s’è bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
960la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
965il quinto è la virtù;
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa,
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
970padrona di me. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LA LENA
 Mio zio, ricco sfondato,
 non si puole scordar che vile è nato.
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
975d’una senza natali e senza dote.
 LA LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
980certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire io dovrei
 con una contadina com’è lei.
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
985con un uomo civil, poiché dal pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che soleva
 con pelle di leone andar coperto
990ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
 Se fosse in casa mia
995questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina;
 vuol far la cittadina,
 perché nata è in città per accidente,
1000perché bene sa far l’impertinente.
 Eppur, quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata
 allorché mi lamento
1005d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 coll’agnelline allato
 cantando in libertà.
 
1010   Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza!
1015Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gl’ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia!
 LESBINA
 Povero innamorato!
1020Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava!
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto;
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
1025Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da quest’occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio amoroso)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi?
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta.
 Basta, Lesbina, aspetta
1030ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
1035Via pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
1040e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
1045Basta, m’ingegnarò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui. Se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi,
 lo farò volentier ma non vorrei
1050che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
1055ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro, intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
1060Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
1065fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragion amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
1070Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principiarò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete; io dettarò.
 CAPOCCHIO
 
1075   In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali son? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
1080(Ohimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi Lesbina.
 LESBINA
                           Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No, certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornarò a ricercarla immantinente.
1085Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
1090le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
1095Presto, signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
1100I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi:
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
1105con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
1110Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
1115   Due mani ben leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemila
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
1120un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimila
 li voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
1125Fermate; cassate.
 Tremila per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
 battuti tremila,
1130saran cinquemila...
 ma dite di che?...
 
 LESBINA E NARDO
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
1135ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
1140Ah! M’hanno assassinato!
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA E NARDO
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta; senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
1145Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo indegno,
 perfido rapitor!
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
1150Me l’han fatta i traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò.
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera,
1155non sapendosi, etcaetera
 se sia andata o no, etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso! Oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che doppoi si finirà.
 
1160   Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
 E presente la servente,
 quest’ancor si sposarà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 Siegue il ballo.
 
 
 ATTO TERZO
 
 
 SCENA PRIMA
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
1165un eccesso d’amor! Tremo, pavento;
 parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
1170siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non la sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gl’usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
1175dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
1180Tutto farò per compiacervi, o cara;
 eleggete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA uscendo di casa e detti
 
 LA LENA
 Questa, se non m’inganno,
1185di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
1190ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
1195Vorrei, se nol sdegnate...
 LA LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LA LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
1200Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
1205Vi dirò, non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correre una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
1210Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella!
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
1215(Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto,
 che subito sul fatto,
 in mia presenza e d’altro testimonio,
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
1220Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato;
 l’innocente desio seconda il fato.
 
1225   Che più bramar poss’io?
 Che più dal cielo aspetto?
 Andrò col mio diletto
 la pace ad incontrar.
 
    Del genitore alfine
1230si placarà lo sdegno.
 Amor prenda l’impegno
 quest’alme a consolar. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento (In atto di partire)
1235per voi ne andrò...
 LA LENA
                                    Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LA LENA
1240Son contadina, è vero,
 ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
1245secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LA LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
1250   Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più.
 Passar la gioventù
 io non vorrei così;
 ci penso notte e dì.
 
1255   Vorrei un giovinetto,
 civile e graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
1260che fu già mio rival, ci porta il fato;