Il mondo della luna, libretto, Milano, Malatesta, 1751

 A DUE
 
 Vendetta, vendetta
 vuo’ contro di te.
 
 AURORA
 
 Feritela.
 
 GRAZIOSINO
 
                   Ah!
 
 GIACINTO
 
 Fermatevi.
 
 GRAZIOSINO
 
                        Ah!
 
 CINTIA
 
1055Ah perfido!
 
 GRAZIOSINO
 
                         Ah!
 
 AURORA
 
    A tempo migliore
 vendetta farò.
 
 A QUATTRO
 
    Fermate, sentite.
 Frenarmi non so.
 
1060   Vendetta, vendetta.
 Vendetta farò.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera.
 
 RINALDINO in abito da guerriero e FERRAMONTE
 
 RINALDINO
 Al lume di ragion conosco e vedo
 delle donne gl’inganni e l’error mio.
 Voi, Ferramonte, aveste
1065forza e valor bastante
 coi vostri saggi detti
 di farmi vergognar de’ tristi affetti.
 Eccomi ritornato
 uomo qual fui nelle primiere spoglie,
1070pien d’eroici pensieri e caute voglie.
 FERRAMONTE
 Possibile che abbiate
 tanto tempo servito a queste maghe?
 Le femine, sian brutte o siano vaghe,
 hanno a servire a noi
1075e servito che ci han si lascian poi.
 RINALDINO
 I vezzi e le lusinghe
 troppo han di forza sovra il nostro cuore.
 FERRAMONTE
 Questo ceto di donne traditore
 avrà finito il gioco.
1080Per invidia fra lor si son sdegnate
 e si son da sé stesse rovinate.
 
 SCENA II
 
 TULLIA e detti
 
 TULIA
 Ahimè! Chi mi soccorre?
 RINALDINO
                                                Ah Tulia mia!
 FERRAMONTE
 (Amico, state forte). (Piano a Rinaldino)
 TULIA
 Vogliono la mia morte.
 RINALDINO
1085E chi è che vi minaccia?
 FERRAMONTE
 (Non la mirate in faccia). (Come sopra)
 TULIA
 Le donne invidiose,
 superbe, orgogliose,
 per il desio d’occupar sole il regno,
1090ardono fra di lor d’ira e di sdegno.
 RINALDINO
 Ah! Voi pietà mi fate.
 FERRAMONTE
 (Rinaldin, non cascate).
 TULIA
 A voi mi raccomando;
 deh voi mi difendete.
 FERRAMONTE
1095(Forti, non le credete).
 TULIA
 Deh non mi abbandonate.
 FERRAMONTE
 (Forti, non le badate).
 RINALDINO
 La devo abbandonare?
 FERRAMONTE
 (Un’altra volta vi vorrà ingannare).
 RINALDINO
1100Tulia, che pretendete?
 TULIA
 Esser a voi soggetta,
 rinunciar del comando
 ogni ragione a voi.
 RINALDINO
                                     Che far degg’io? (A Ferramonte)
 FERRAMONTE
 (Prendetela in parola). (A Rinaldino)
 RINALDINO
1105Idolo mio, venite; a questa legge
 novamente v’accetto.
 TULIA
 Amor e fedeltà io vi prometto.
 
    Fino ch’io viva vi adorerò,
 costante e fida per voi sarò;
1110ed un bel regno, di me più degno,
 nel vostro core trovar saprò.
 
    Più non m’accieca
 vano desio.
 Arder vogl’io
1115di quella face
 che m’infiammò.
 
 SCENA III
 
 RINALDINO e FERRAMONTE
 
 FERRAMONTE
 Io rido come un pazzo
 a veder queste femine umiliate
 venir con un pochino di vergogna
1120come le cagnoline da Bologna.
 RINALDINO
 Amo Tulia e se posso
 sperar d’averla in preda,
 senza far onta al mio viril decoro,
 acquistato il mio core avrà un tesoro.
 FERRAMONTE
1125Sì, ma badate bene
 che poi a poco a poco
 non vi faccia la donna un brutto gioco.
 
    Le donne col cervello
 la sogliono studiar.
1130Principiano bel bello
 coi vezzi ad incantar;
 
    e quando l’uomo è preso
 e quando l’hanno acceso
 si gonfiano, s’inalzano
1135e voglion comandar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 RINALDINO
 
 RINALDINO
 Il periglio passato
 cauto mi ha reso e colla donna accorta
 cieco più non sarò. Tulia peraltro
 non è delle più scaltre,
1140che se tal fosse stata
 questa spada serbata io non avrei,
 per troncare con questa i lacci miei.
 Onde amarla poss’io senza timore
 che ingannare mi voglia il di lei cuore.
 
1145   Chi troppo ad amor crede
 si vede ad ingannar;
 ma il sempre dubitar
 tormento è assai maggior.
 
    Del caro mio Cupido
1150mi fido e vivo in pace;
 e se sarà mendace
 lo scaccierò dal cor.
 
 SCENA V
 
 AURORA e GRAZIOSINO
 
 GRAZIOSINO
 Non ne vuo’ più sapere.
 AURORA
                                              Io son perduta,
 se voi mi abbandonate.
 GRAZIOSINO
1155Siete femine tutte indiavolate.
 AURORA
 Il regno delle donne
 distruggendo si va.
 GRAZIOSINO
 Causa la vostra troppa vanità.
 AURORA
 Ma voi mi lascierete
1160al furore degli uomini in balia?
 GRAZIOSINO
 Io sono schiavo di vusignoria.
 AURORA
 Graziosino, pietà.
 GRAZIOSINO
                                   (Mi sento movere).
 AURORA
 Abbiate compassione.
 GRAZIOSINO
 (Mi si scalda il polmone).
 AURORA
1165Se volete ch’io mora, morirò.
 GRAZIOSINO
 Ah! Se voi morirete, io crepperò.
 AURORA
 Dunque...
 GRAZIOSINO
                      Dunque son vostro.
 AURORA
 Mi salverete voi?
 GRAZIOSINO
                                  Vi salverò.
 AURORA
 E mi amerete poi?
 GRAZIOSINO
                                     Sì, io v’amerò.
 AURORA
 
1170   Che bel regnar contenta
 nel cuor del caro bene
 e senza amare pene
 godere e giubilar!
 
    Noi donne siamo nate
1175per esser onorate
 ma non per comandar.
 
 SCENA VI
 
 GRAZIOSINO, poi CINTIA
 
 GRAZIOSINO
 Colui di Ferramonte
 m’ha consigliato ad essere crudele;
 ma, se una donna poi gli andasse appresso,
1180come un poltron cascherebbe anch’esso.
 CINTIA
 Lupi, tigri, leoni,
 gattipardi, pantere, orsi e mastini
 mi sento a divorar negl’intestini.
 GRAZIOSINO
 Ecco qui un altro imbroglio.
 CINTIA
1185Fermate, è mio quel soglio.
 Io vi voglio salir. Ma Giove irato
 mi fulmina e precipita
 e la terra mi affoga e il mar mi accoppa,
 ahimè, mi danno un maglio sulla coppa.
 GRAZIOSINO
1190Questa è pazza davvero.
 CINTIA
 Buongiorno, cavaliero.
 GRAZIOSINO
 Schiavo, padrona mia.
 CINTIA
 Andate col malan che il ciel vi dia.
 GRAZIOSINO
 (Ha perduto il cervello).
 CINTIA
1195Perfido, tu sei quello
 che vuol rapirmi il trono?
 Vattene o ti bastono.
 GRAZIOSINO
                                        Io non so nulla.
 CINTIA
 
    Il capo mi frulla,
 la testa sen va.
1200La la laranlella
 la lan laranlà.
 
 GRAZIOSINO
 Quando in capo alle donne
 entran di dominar le frenesie,
 si vedono da lor mille pazzie.
 CINTIA
1205Olà, tu sei mio schiavo.
 GRAZIOSINO
                                             Sì signora.
 CINTIA
 Accostati.
 GRAZIOSINO
                     Son qui.
 CINTIA
                                       Vanne in malora.
 GRAZIOSINO
 La femina tradir non può l’usanza
 e anche pazza mantiene la incostanza.
 CINTIA
 Olà suddito altero
1210del mio sovrano impero,
 mi conosci, briccon, sai tu chi sono?
 Inginocchiati al trono;
 giurami fedeltà con obbedienza;
 abbassa il capo e fammi riverenza.
 GRAZIOSINO
1215Eh via che siete pazza...
 CINTIA
                                              Ah temerario,
 così parli con me!
 Giurami fedeltade a tuo dispetto
 o ch’io ti caccio questo stile in petto.
 GRAZIOSINO
 Piano, piano, son qui, tutto farò.
 CINTIA
1220Giurami fedeltà.
 GRAZIOSINO
                                  La giurerò.
 
    Giuro... signora sì.
 Ma cosa ho da giurar?
 Giuro... (che via di qui
 procurerò d’andar).
 
1225   Fermate, giuro, giuro
 servirvi, obbedirvi,
 piacervi, vedervi,
 amarvi, onorarvi
 e irvi, irvi, arvi
1230con tutta fedeltà. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 CINTIA, poi GIACINTO
 
 CINTIA
 Ah ch’è un piacer soave
 della donna tener gl’uomini sotto.
 Ma ohimè veggo distrutta
 questa nostra grand’opra
1235e gl’uomini vuon star a noi di sopra.
 GIACINTO
 Viva il sesso virile;
 la schiatta feminile
 con tutti i grilli suoi
 finalmente ha da star soggetta a noi.
 CINTIA
1240Giacinto.
 GIACINTO
                    Che bramate?
 CINTIA
 Voglio che voi mi amate.
 GIACINTO
                                                Questo «voglio»
 a voi, signora, non sta bene in bocca,
 perché alle donne comandar non tocca.
 CINTIA
 Ma voi siete mio schiavo.
 GIACINTO
                                                 Schiavo io fui,
1245è ver, della bellezza;
 ma veggo alfin che la bellezza nostra
 è assai migliore e val più della vostra.
 CINTIA
 Dunque voi mi lasciate?
 GIACINTO
 Se l’amor mio bramate,
1250pregatemi, umiliatevi;
 abbassate l’orgoglio e inginocchiatevi.
 CINTIA
 E così vil sarò?
 GIACINTO
                              Più non sperate
 amor da me né ch’altri amar vi voglia,
 se negate di usar questa obbedienza.
 CINTIA
1255Farlo mi converrà, per non star senza.
 
    Eccomi al vostro piede
 pietade a domandar.
 
 GIACINTO
 
    Impari chi la vede
 le donne ad umiliar.
 
 CINTIA
 
1260   Ma troppo vil son io.
 
 GIACINTO
 
 Se non volete, addio.
 
 CINTIA
 
 Fermate.
 
 GIACINTO
 
                    Voglio andar.
 
 CINTIA
 
    Via, caro Giacintino, (S’inginocchia)
 tornatemi ad amar.
 
 GIACINTO
 
1265   Il sesso feminino
 si venga ad ispecchiar.
 
 CINTIA
 
    Ma questo mai non fia.
 
 GIACINTO
 
 Bondì a vusignoria.
 
 CINTIA
 
 Fermatevi.
 
 GIACINTO
 
                        Pregatemi.
 
 CINTIA
 
1270Ohimè che crudeltà!
 
 GIACINTO
 
 Rispetto ed umiltà.
 
 CINTIA
 
    Caro il mio bambolo
 per carità.
 
 GIACINTO
 
    Mi sento movere
1275tutto a pietà.
 
 A DUE
 
    Visetto amabile,
 siete adorabile;
 il mio cuor tenero
 vi adorerà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Luogo delizioso e magnifico destinato per piacevole trattenimento delle femine dominanti.
 
 Tutti
 
 CORO DI DONNE
 
1280   Pietà, pietà di noi,
 voi siete tanti eroi,
 pietà, di noi pietà.
 
 RINALDINO
 Se cedete l’impero,
 se a noi voi vi arrendete,
1285pietà nel nostro cor ritroverete.
 TULIA
 Tutto io cedo e m’arrendo
 e la pietà dal vostro core attendo.
 CORO (Come sopra)
 
    Pietà, pietà di noi,
 voi siete tanti eroi,
1290pietà, di noi pietà.
 
 AURORA
 Graziosino, son vostra.
 GRAZIOSINO
 Ed io vi accetterò.
 Vi terrò, v’amerò, vi sposerò.
 CINTIA
 E voi, Giacinto mio,
1295cosa di me farete?
 GIACINTO
 Quel che di voi farò lo sentirete.
 FERRAMONTE
 Lode al ciel, finalmente s’è veduto
 che Il mondo alla roversa
 durare non potea
1300e che da sé medesime
 in rovina si mandano
 le donne superbette che comandano.
 CORO DI DONNE
 
    Pietà, pietà di noi,
 voi siete tanti eroi;
1305pietà, di noi pietà.
 
 CORO DI UOMINI
 
    Pietà voi troverete
 allorché abbasserete
 la vostra vanità.
 
 TUTTI
 
    Le donne che comandano
1310è Il mondo alla roversa
 che mai non durerà.
 
 Fine del dramma
 
 
 IL MONDO AL ROVESCIO O SIA LE DONNE CHE COMANDANO
 
 
    Dramma bernesco per musica di Polisseno Feceio, pastor arcade, da rappresentarsi nel teatro di Torino nell’autunno dell’anno 1752.
    In Torino, nella Stamperia Reale, con licenza de’ superiori, si vendono da Gaspare Baino vicino a Sant’Agostino.
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 BUFFI
 
 CINTIA
 (la signora Maria Angiola Paganini)
 GIACINTO
 (il signor Carlo Paganini)
 GRAZIOSINO
 (il signor Giovanni Leonardi)
 FERRAMONTE
 (il signor Filippo Sidotti)
 
 SERI
 
 TULLIA
 (la signora Catterina Tedeschi)
 RINALDINO
 (il signor Giuseppe Quaglia)
 AURORA
 (la signora Ippolita Mondini)
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA, precedute da coro di donne, le quali portano seco loro delle catene e delle vittoriose insegne. Mentre si canta il coro, gli uomini s’incatenano
 
 TULLIA, CINTIA, AURORA
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
 CORO
 
    Non fa scorno e non dà pena
 volontaria schiavitù.
 
 TULLIA
5Ite all’opre servili
 e partite fra voi le cure e i pesi.
 Altri alla rocca intesi,
 altri all’ago, altri all’orto o alla cucina,
 dove il nostro comando or vi destina.
 AURORA
10Obbedite, servite e poi sperate,
 che il regno delle donne
 è di speranza pieno.
 Se goder non si può, si spera almeno.
 CINTIA
 E chi vive sperando,
15per sua felicità muore cantando.
 CORO
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
    Non fa scorno, non dà pena
 volontaria schiavitù. (Partono gli uomini incatenati, condotti dalle donne. Le tre suddette scendono dal carro, il quale si fa retrocedere per la parte dond’è venuto)
 
 SCENA II
 
 TULLIA, CINTIA e AURORA
 
 TULLIA
20Poiché del viril sesso
 abbiam noi sottomesso il fier orgoglio,
 tener l’abbiamo incatenato al soglio.
 Ma quai credete voi,
 mie fedeli compagne e consigliere,
25fian migliori i progetti,
 gli uomini per tenere a noi soggetti?
 CINTIA
 Questo nemico sesso,
 di natura superbo ed orgoglioso,
 scuote e lacera il fren, quand’è pietoso.
30Col rigor, col disprezzo,
 soglion le scaltre donne
 tener gli uomini avvinti e incatenati.
 Se sono innamorati,
 tutto soglion soffrire e quanto sono
35più sprezzanti le donne e più crudeli,
 essi sono più pazienti e più fedeli.
 AURORA
 È ver, ma crudeltà consuma amore.
 Il consiglio migliore
 credo sia il lusingarli;
40finger ognor d’amarli,
 accenderli ben bene a poco a poco
 e poi del loro amor prendersi giuoco.
 TULLIA
 Né troppo crude né pietose troppo
 essere ci convien, poiché il disprezzo
45eccita la pietà soverchio usata.
 La fierezza è temuta e non amata.
 Regoli la prudenza
 il femminile impero.
 Or clemente, or severo
50il nostro cor si mostri
 ed il sesso virile a noi si prostri.
 CINTIA
 Ognun pensi a suo senno; io vo’ costoro
 aspramente trattar; voglio vederli
 piangere, sospirare,
55fremere, delirare;
 e vo’ che, dopo un lungo
 crudo servire e amaro,
 un leggiero piacer mi paghin caro. (Parte)
 
 SCENA III
 
 TULLIA ed AURORA
 
 TULLIA
 Aurora, ah non vorrei
60che per troppo voler s’avesse a perdere
 l’acquistato finor dominio nostro.
 Donne alfin siamo e a noi
 forza non diè natura
 che nei vezzi, nei sguardi e in le parole.
65Spade e lancie trattar, loriche e scudi,
 non è cosa da noi. Se l’uom si scuote,
 val più un braccio di lui che dieci destre
 di femmine vezzose e tenerelle
 ch’hanno il loro potere in esser belle.
 AURORA
70Tullia, voi, per dir vero,
 saggiamente parlate e a voi la sorte
 diè sesso femminile
 ma il senno ed il saper piucché virile.
 TULLIA
 Raguniamo il consiglio,
75facciam che stabilite
 sian leggi migliori, onde si renda
 impossibile all’uom scuotere il giogo.
 Che se l’uomo ritorna ad esser fiero
 farà strage crudel del nostro impero.
 
80   Fiero leon, che audace
 scorre per l’ampia arena,
 soffre la sua catena
 e minacciar non sa.
 
    Ma se quei lacci spezza,
85ritorna alla fierezza,
 stragi facendo ei va.
 
 SCENA IV
 
 AURORA, poi GRAZIOSINO
 
 AURORA
 Che piacer, che diletto
 puol recar alla donna il fier rigore.
 Il trattar con amore
90gli uomini a noi soggetti
 soffrir li fa la servitude in pace
 e la femmina gode e si compiace.
 Io fra quanti son presi ai lacci nostri
 amo il mio Graziosino,
95amoroso, fedele e semplicino,
 e lo tratto, perché mi adori e apprezzi,
 con soavi parole e dolci vezzi.
 Elà. (Esce un servo) Venga qui tosto
 Graziosino, lo schiavo a me soggetto.
100Infatti il poveretto (Parte il servo)
 merita ch’io li faccia buona ciera,
 se mi serve e mi fa da cameriera.
 Eccolo ch’egli viene. Ehi Graziosino.
 GRAZIOSINO
 Signora. (Viene facendo le calze)
 AURORA
                    Cosa fate?
 GRAZIOSINO
105Lavoro in fretta in fretta
 e in tre mesi ho fatt’io mezza calzetta.
 AURORA
 Lasciate il lavorar. Venite qui.
 GRAZIOSINO
 Bene, signora sì.
 AURORA
 Obbedirete sempre i cenni miei?
 GRAZIOSINO
110Io faccio quello che comanda lei.
 AURORA
 Caro il mio Graziosino,
 siete tanto bellino.
 GRAZIOSINO
 Mi fate vergognar.
 AURORA
                                     Vi voglio bene;
 e vederete del mio amore il frutto.
 GRAZIOSINO
115Queste parole mi consolan tutto.
 AURORA
 Baciatemi la mano.
 GRAZIOSINO
                                      Gnora sì.
 AURORA
 Perché voi mi piacete,
 vi fo queste finezze.
 GRAZIOSINO
 Oh benedette sian le mie bellezze!
 AURORA
120Ma vuo’ che siate attento
 a servirmi, qualora vi comando.
 La mattina per tempo
 mi recarete il cioccolato al letto;
 mi scaldarete i panni;
125mi dovrete allestir la tavoletta;
 starete in anticamera aspettando
 per entrar il comando;
 e se verranno visite a trovarmi
 voi dovrete avvisarmi
130e come fanno i buoni servitori
 voi dovrete aspettar e star di fuori.
 GRAZIOSINO
 Di fuori?
 AURORA
                    Vi s’intende.
 GRAZIOSINO
 E dentro?
 AURORA
                      Signor no.
 Aspettar voi dovrete.
 GRAZIOSINO
                                         Aspetterò.
 AURORA
135Se farete così, vi vorrò bene.
 GRAZIOSINO
 Sì cara, farò tutto.
 Farò la cameriera;
 farò la cuciniera;
 farò tutte le cose più triviali;
140laverò le scudelle e gli orinali.
 AURORA
 In cose tanto abiette
 impiegarvi non vuo’. Voi siete alfine
 il mio caro, il mio bello,
 il mio amor tenerello,
145il mio fedele amato Graziosino,
 tanto caro al mio cor, tanto bellino.
 
    Quegl’occhietti sì forbetti
 m’hanno fatta innamorar,
 quel bocchino piccinino
150mi fa sempre sospirar;
 
    caro il mio bene,
 dolce mia spene,
 sempre sempre
 ti voglio amar.
 
155   (Ei gode tutto
 e questo è il frutto
 della lusinga.
 Ami o la finga
 donna che vuole
160l’uomo incantar).
 
 SCENA V
 
 GRAZIOSINO solo
 
 GRAZIOSINO
 Oh che gusto, oh che gusto! Ah che mi sento
 andar per il contento il cor in brodo.
 Graziosin fortunato! Oh quanto io godo.
 Non si può dar nel mondo
165piacer che sia maggiore
 d’un corrisposto amore. Amano le belve,
 amano i sordi pesci, aman gli augelli,
 le pecore e gli agnelli;
 amano i cani e i gatti
170e quei che amar non san son tutti matti.
 
    Quando gli augelli cantano,
 amor li fa cantar;
 e quando i pesci guizzano,
 amor li fa guizzar.
 
175   La pecora, la tortora,
 la passera, la lodola
 amor fa giubbilar.
 Oh che piacer amabile!
 Oh che gustoso amar!
 
180   Farò lo cuoco, farò lo sguatero;
 laverò i piatti, ed ettecetera,
 perché l’amore mi faccia il core
 muovere, ridere e giubbilar.
 
 SCENA VI
 
 GIACINTO collo specchio in mano guardandosi con caricatura
 
 GIACINTO
 
    Se il bel Giacinto dicono a me,
185quest’è verissimo, che così è.
 Son ben piantato. Son ben tagliato.
 Son tutto insieme una beltà.
 
    E questo ciglio sì ben arcato,
 quest’occhio piccolo nero morato
190non c’è il più bello nella città.
 
 E pur, è ver? al gesto,
 al portamento, all’aria, all’andatura
 un miracol io son della natura.
 Di queste belle, è ver, schiavo son io.
195Ma certo il lor cor, di tutte, è mio.
 O turba d’amatori, or dove siete,
 perché a me non correte
 a incoronarmi il crine,
 il bello io son di tutte ste eroine.
 CINTIA
200(Ecco il bell’amorino). (Ironicamente)
 GIACINTO
 Mia sovrana, mio nume, a voi m’inchino.
 CINTIA
 E ben, che fate qui?
 GIACINTO
                                       Qual farfalletta
 d’intorno al vostro lume
 vengo, mia bella, a incenerir le piume.
 CINTIA
205Parmi con più ragione
 vi potreste chiamare un farfallone.
 GIACINTO
 Quella vezzosa bocca
 non pronuncia che grazie e bizzarie.
 CINTIA
 La vostra non sa dir che scioccherie.
 GIACINTO
210Deh lasciate ch’io possa
 coll’odoroso fiato
 de’ miei caldi sospiri
 quelle belle incensar guancie adorate.
 CINTIA
 Andate via di qua; non mi seccate.
 GIACINTO
215Ah, se sdegnate, o bella,
 i fumi del mio cor, porterò altrove
 il mio guardo, il mio piede,
 il mio affetto sincero e la mia fede.
 CINTIA
 Olà, così si parla?
220Voi staccarvi da me? Voi d’altra donna
 servo, schiavo ed amante?
 Temerario, arrogante!
 Voi dovete soffrir le mie catene.
 GIACINTO
 Qual mercede averò?
 CINTIA
                                          Tormenti e pene.
 GIACINTO
225Giove, Pluton, Nettunno,
 dei tremendi e possenti,
 voi che udite gli accenti
 d’una donna spietata,
 sprezzate voi questa catena ingrata.
230Sì sì, Nettun m’inspira.
 Giove mi dà valore,
 Pluto mi dà furore,
 perfida tirannia,
 umilmente m’inchino e vado via.
 CINTIA
235Fermatevi, ed avrete
 tanto cor di lasciarmi?
 Voi diceste d’amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core,
 ed ora mi lasciate? Ah traditore!
 GIACINTO
240Ma se voi mi sprezzate,
 se voi mi dilegiate,
 come s’io fossi un uom zotico e vile,
 e studio invan di comparir gentile.
 CINTIA
 Senza studiar, voi siete
245abbastanza gentil, grazioso e bello,
 quell’occhio briconcello,
 quel vezzoso bocchin, quel bel visetto
 m’hanno fatta una piaga in mezzo al petto.
 GIACINTO
 Dunque, cara, mi amate.
 CINTIA
                                                Sì, v’adoro.
 GIACINTO
250Idol mio, mio tesoro,
 lingua non ho bastante
 per render grazie al vostro dolce amore.
 Concedete il favore
 che rispettosamente
255e umilissimamente
 io vi possa baciar la bella mano.
 CINTIA
 Oh signor no; voi lo sperate invano.
 GIACINTO
 Ma perché mai? Perché?
 CINTIA
 Queste grazie da me
260non si han sì facilmente.
 GIACINTO
 Io morirò.
 CINTIA
                      No me n’importa niente.
 GIACINTO
 Dunque se non v’importa,
 d’altra bella sarò.
 CINTIA
                                  Voi siete mio.
 GIACINTO
 Ah quel dolce rigor più m’incatena!
265Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate.
 Basta, bell’idol mio, che voi mi amate.
 
    Cara quei occhi belli
 sono due solfanelli
270e polvere di botto
 tutto son io mio ben.
 Perciò di sopr’e sotto
 un terremoto ho in sen.
 
    Vicin’alle tue ciglia
275la polvere s’accende
 e ’l fuoco in me s’appiglia
 e tal vigor ei prende
 che fa venirmi men.
 
 SCENA VII
 
 CINTIA, poi TULLIA
 
 CINTIA
 Oh quanto mi fan ridere
280con questo sospirar, con questo piangere,
 gli uomini non s’avveggono
 che quanto più le pregano
 le donne insuperbite più diventano
 e gli amanti per giuoco allor tormentano.
 TULLIA
285Cintia, che mai faceste
 al povero Giacinto? Egli sospira.
 Egli smania e delira;
 ah, se così farete,
 l’impero di quel cor voi perderete.
 CINTIA
290Anzi più facilmente
 lo perderei colla pietade e i vezzi.
 Gli uomini sono avvezzi
 per la soverchia nostra
 facilità del sesso
295a saziarsi di tutto e cambiar spesso.
 
    Giovinotti innamorati
 io di voi mi prendo giuoco
 nel vedervi sospirar.
 
    A me piace il mio rigor.
300Quando l’uom si sfoga in pianto,
 scherzo, rido e god’intanto
 dal piacer di trionfar.
 
 SCENA VIII
 
 TULLIA, poi RINALDINO
 
 TULLIA
 Ma io, per dir il vero,
 sono di cor più tenero di lei,
305son con gli amanti miei
 quanto basta severa ed orgogliosa;
 ma son, quando fia d’uopo, anco pietosa.
 Talor fingo il rigore,
 freno di lor l’affetto e la baldanza,
310fra il timore li tengo e la speranza.
 RINALDINO
 Tullia, bell’idol mio,
 de’ vostri servi il più fedel son io,
 deh oziosa non lasciate
 la mia fede, il mio zelo,
315che sol quando per voi, bella, m’adopro,
 felicità nel mio destino io scopro.
 TULLIA
 Dite il ver Rinaldino,
 siete pentito ancor d’avervi reso
 suddito e servo mio? Vi pesa e incresce
320della smarrita libertà primiera,
 sembravi la catena aspra e severa?
 RINALDINO
 Oh dolcissimi nodi,
 sospirati, voluti e cari sempre
 al mio tenero cor! Sudino pure
325sotto l’elmo i guerrieri; Astrea tormenti
 i seguaci del foro; e di Galeno
 sui fogli malintesi
 studi e s’affanni il fisico impostore,
 io seguace d’amore,
330fuor della turba insana
 di chi mena sua vita in duri stenti,
 godo, vostra mercé, pace e contenti.
 TULLIA
 Noi con pietà trattiamo
 i vassalli ed i servi e non crudeli
335siamo coll’uom, qual colla donna è l’uomo,
 noi da’ consigli escluse,
 prive d’autorità, come se nate
 non compagne dell’uom ma serve e schiave,
 solo ad opre servili
340condannate dal vostro ingrato sesso,
 far per noi si dovria con voi lo stesso.
 Ma nostra autorità, nostro rigore
 temprerà dolce amore
 ed il vostro servir, che non fia grave,
345sarà grato per noi, per voi soave.
 
    Cari lacci, amate pene
 d’un fedele amante core
 che ha saputo al dio d’amore
 consecrar la libertà.
 
350   Se vicino al caro bene,
 non risente il suo tormento
 ma ripieno di contento
 il destin lodando va.
 
 SCENA IX
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Dov’è, dov’è chi dice
355che dura ed aspra sia
 d’amor la prigionia? Finché un amante
 vive dubbioso e incerto
 fra il dovere e l’amor, fra il dolce e il giusto,
 pace intera non ha ma poiché tutto
360s’abbandona al piacer gode e non sente
 i rimorsi del cor... Ma oh dio purtroppo
 li risento al mio sen, malgrado al cieco
 abbandono di me fatto al diletto
 e mi sgrida l’onore, a mio dispetto.
365Ah! Che farò? Si studi,
 se possibile sia, scacciar dal core
 il residuo fatal del mio rossore.
 
    Fra cento affanni e cento
 palpita l’alma e sento
370che invan da sue catene
 bramo disciolto il core.
 
    Mille soavi pene
 dolce mi dan martire
 e invan bramo e sospiro
375l’antica libertà.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO ed AURORA
 
 GIACINTO
 Oh Diana mia gentile.
 AURORA
                                           Vago Ateone.
 GIACINTO
 Piacemi il paragone,
 poiché son vostro amante e vostro servo,
 ma ohimè, che Ateone è diventato un cervo!
 AURORA
380Io crudele non son qual fu la dea.
 GIACINTO
 Né io sarò immodesto
 qual fu il pastor dolente.
 AURORA
 Siete bello e prudente.
 GIACINTO
 Tutta vostra bontà.
 AURORA
385Giacinto in verità
 voi mi piacete assai.
 GIACINTO
 Arder tutto mi sento ai vostri rai.
 
 SCENA XI