L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 L’OLIMPIADE
 
    Dramma per musica da rappresentarsi nel teatro Ducale di Stutgard, festeggiandosi il felicissimo giorno natalizio di sua altezza serenissima Carlo, duca regnante di Wirtemberg e Teck, eccetera.
    La poesia è del signor abbate Pietro Metastasio, poeta cesareo. La musica è nuovamente composta dal signor Nicolò Jommelli, direttore di musica e maestro di cappella all’attual servizio di sua altezza serenissima. I balli sono inventati dal signor Giovanni Giorgio Noverre, maestro de’ balli di sua altezza serenissima. Lo scenario è di nuova invenzione del signor Innocente Colomba, architetto teatrale di sua altezza serenissima.
    Stutgard, nella stamperia di Cotta, stampatore ducale, anno 1761.
 
 
 ARGOMENTO
 
    Nacquero a Clistene re di Sicione due figliuoli gemelli, Filinto ed Aristea; ma avvertito dall’oracolo di Delfo del pericolo ch’ei correrebbe d’essere ucciso dal proprio figlio, per consiglio del medesimo oracolo, fece esporre il primo e conservò la seconda. Cresciuta questa in età ed in bellezza, fu amata da Megacle nobile e valoroso giovane ateniese, più volte vincitore ne’ giuochi olimpici. Questi non potendo ottenerla dal padre, a cui era odioso il nome ateniese, va disperato in Creta. Quivi assalito e quasi oppresso da masnadieri è conservato in vita da Licida, creduto figlio del re dell’isola; onde contrae tenera e indissolubile amistà col suo liberatore. Avea Licida lungamente amata Argene nobil dama cretense e promessale occultamente fede di sposo. Ma scoperto il suo amore, il re risoluto di non permettere queste nozze ineguali perseguitò di tal sorte la sventurata Argene che si vidde costretta ad abbandonar la patria e fuggirsene sconosciuta nelle campagne d’Elide, dove sotto nome di Licori ed in abito di pastorella visse nascosta a’ risentimenti de’ suoi congiunti ed alle violenze del suo sovrano. Rimase Licida inconsolabile per la fuga della sua Argene e dopo qualche tempo, per distrarsi dalla sua mestizia, risolse di portarsi in Elide e trovarsi presente alla solennità de’ giuochi olimpici ch’ivi col concorso di tutta la Grecia, dopo ogni quarto anno si ripetevano. Andovvi, lasciando Megacle in Creta; e trovò che il re Clistene eletto a presiedere a’ giuochi sudetti, e perciò condottosi da Sicione in Elide, proponeva la propria figlia Aristea in premio al vincitore. La vide Licida, l’ammirò ed obbliate le sventure de’ suoi primi amori ardentemente se n’invaghì; ma disperando di poter conquistarla, per non esser egli punto addestrato agli atletici esercizi di cui dovea farsi pruova ne’ detti giuochi, immaginò come supplire con l’artificio al difetto dell’esperienza. Si sovvenne che l’amico era stato più volte vincitore in somiglianti contese; e, nulla sapendo degli antichi amori di Megacle con Aristea, risolse di valersi di lui, facendolo combattere sotto il finto nome di Licida. Venne dunque anche Megacle in Elide alle violenti istanze dell’amico; ma fu così tardo il suo arrivo che già l’impaziente Licida ne disperava. Da questo punto prende il suo principio la rappresentazione del presente drammatico componimento. Il termine o sia la principale azione di esso è il ritrovamento di quel Filinto, per le minacce degli oracoli fatto esporre bambino dal proprio padre Clistene; ed a questo termine insensibilmente conducono le amorose smanie di Aristea, l’eroica amicizia di Megacle, l’incostanza ed i furori di Licida e la generosa pietà della fedelissima Argene (Herodotus, Pausanias, Natalis Comes, eccetera).
    La scena si finge nelle campagne d’Elide, vicine alla città d’Olimpia alle sponde del fiume Alfeo.
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: I fondo selvoso di cupa ed angusta valle, adombrata dall’alto da grandi alberi che giungono ad intrecciare i rami dall’uno all’altro colle fra i quali è chiusa; II vasta campagna alle falde d’un monte, sparse di capanne pastorali, ponte rustico sul fiume Alfeo, composto di tronchi d’alberi rozzamente commessi, veduta della città d’Olimpia in lontano interrotta da poche piante che adornano la pianura ma non l’ingombrano.
    Nell’atto secondo: III l’interno d’una cappanna pastorale; IV veduta esteriore d’un circo in parte rovinato.
    Nell’atto terzo: V bipartita che si forma dalle ruine di un antico ippodromo già ricoperto in gran parte d’edera, di spini e d’altre piante selvagge; VI aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in diversi piani, piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo, bosco all’intorno de’ sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori.
 
 
 PERSONAGGI
 
 CLISTENE re di Sicione, padre di Aristea
 (il signor Arcangelo Cortoni)
 ARISTEA sua figlia, amante di Megacle
 (la signora Maria Masi Giura)
 ARGENE dama cretense in abito di pastorella sotto nome di Licori, amante di Licida
 (la signora Monaca Buonani)
 MEGACLE amante d’Aristea ed amico di Licida
 (il signor Giuseppe Aprile)
 LICIDA creduto figlio del re di Creta, amante di Aristea ed amico di Megacle
 (il signor Francesco Guerrieri)
 AMINTA aio di Licida
 (il signor Giuseppe Paganelli)
 ALCANDRO confidente di Clistene
 (la signora Anna Lorio)
 
 Comparse di sagri ministri, nobili, guardie reali, soldati del seguito di Clistene, coro di atleti, coro di pastori e ninfe, paggi, popolo.