L’olimpiade (Pergolesi), libretto, Venezia, Rossetti, 1738

 L’OLIMPIADE
 
 
    Dramma per musica da rappresentarsi nel famoso teatro Grimani di San Giovanni Grisostomo nell’autunno dell’anno 1738. Dedicato a sua eccellenza il signor don Giuseppe de Baeza Bizentelo, sumiglier de cortina di sua maestà cattolica, abbate di Santi Pietro e Paolo di Itala e di Castroxeriz e ambasciadore estraordinario di sua maestà il re delle Due Sicilie alla serenissima repubblica di Venezia, eccetera, eccetera, eccetera.
    In Venezia, MDCCXXXVIII. Per Marino Rossetti. Con licenza de’ superiori.
 
 
 Eccellenza,
    sia pure adulazione, costume, o speranza in altri il dedicare, in me è rispetto, è debito, è gloria. Dedico dunque a vostra eccellenza questo drammatico componimento che nel maggior teatro di questa sempre invitta dominante repubblica deve rendersi il nobile divertimento dell’autunnale stagione. Dedicandolo a voi, eccellentissimo signore, di già ho meritato il pieno e commune applauso. Tutto è magnifico e grandioso in questo teatro e perciò in gran parte corrispondente al vostro gran nome. A questo dunque in cui vi è raccolto tutta la prescelta nobiltà del vostro sangue, adornato da secoli di ricchezze, feudi, titoli, cariche, dignità e grandati, e che risplende fra gli astri più luminosi dell’ispano emisfero, io presento l’umil tributo, sperando che l’eccellenza vostra saprà ben distinguere in questo il fedelissimo vassallo dell’invitto monarca delle Due Sicilie ed il servitore divoto dell’eccellenza vostra. Tutto il mondo sa che vostra eccellenza è un personaggio cotanto qualificato che il vostro merito previene ogni encomio e la vostra nobiltà preocupa ogni lode. Il carattere reale che voi sostenete con tanto lustro in questa serenissima dominante, unito al vostro gentil tratto, ripieno d’una affabil grandezza, vi rende oggetto in ogniuno e di rispetto e d’amore. Questa ambasceria che voi rappresentate d’un re così grande, da più di due secoli quivi non più veduta, se bene non ancora fa in pubblico sfavillare il suo lume, pure lo fate risplendere, quale raggio di sole da bianca nube coperto; come in più incontri l’adriaci numi han veduto. Ma nel trascorrere nelle vostre lodi, temo d’offendere la vostra modestia, perciò col silenzio l’addito, a guisa che appresso gli Egizii le cose più grandi erasi in uso d’esprimere. Riceva dunque l’animo clementissimo di vostra eccellenza a grado questa mia devota offerta e riconosca nel picciol dono l’immensità di quella divozione e rispetto, con il quale prostrandomi, mi do l’onore di sottoscrivermi di vostra eccellenza devotissimo, riverentissimo e umilissimo servitore.
 
    Domenico Lalli
 
 
 ARGOMENTO
 
    Nacquero a Clistene re di Sicione due figliuoli gemelli, Filinto ed Aristea; ma avvertito dall’oracolo di Delfo del pericolo ch’ei correrebbe d’essere ucciso dal proprio figlio, per consiglio del medesimo oracolo, fece esporre il primo e conservò la seconda. Cresciuta questa in età ed in bellezza, fu amata da Megacle, nobile e valoroso giovane ateniese, più volte vincitore ne’ giuochi olimpici. Questi non potendo ottenerla dal padre, a cui era odioso il nome ateniese, va disperato in Creta. Quivi assalito e quasi oppresso da’ masnadieri, è conservato in vita da Licida, creduto figlio del re dell’isola, onde contrae tenera ed indissolubile amistà col suo liberatore. Avea Licida lungamente amata Argene, nobil dama cretense, e promessale occultamente fede di sposo; ma scoperto il suo amore, il re, risoluto di non permettere queste nozze ineguali, perseguitò di tal sorte la sventurata Argene, che si vide costretta ad abbandonar la patria e fuggirsene sconosciuta nelle campagne d’Elide, dove, sotto nome di Licori ed in abito di pastorella, visse nascosta a’ risentimenti de’ suoi congiunti ed alle violenze del suo sovrano. Rimase Licida inconsolabile per la fuga della sua Argene; e dopo qualche tempo, per distrarsi dalla sua mestizia, risolse di portarsi in Elide e trovarsi presente alla solennità de’ giuochi olimpici, che ivi, col concorso di tutta la Grecia, dopo ogni quarto anno si ripetevano. Andovvi, lasciando Megacle in Creta; e trovò che il re Clistene, eletto a presiedere a’ giuochi sudetti e perciò condottosi da Sicione in Elide, proponeva la propria figlia Aristea in premio al vincitore. La vide Licida, l’ammirò ed obbliate le sventure de’ suoi primi amori, ardentemente se ne invaghì; ma disperando di poter conquistarla, per non esser egli punto addestrato agli atletici esercizi, di cui dovea farsi prova ne’ detti giuochi, immaginò come supplire con l’artificio al difetto dell’esperienzia. Si sovvenne che l’amico era stato più volte vincitore in somiglianti contese; e (nulla sapendo degli antichi amori di Megacle con Aristea) risolse di valersi di lui, facendolo combattere sotto il finto nome di Licida. Venne dunque anche Megacle in Elide alle violenti istanze dell’amico; ma fu così tardo il suo arrivo, che già l’impaziente Licida ne disperava. Da questo punto prende il suo principio la rappresentazione del presente drammatico componimento. Il termine, o sia la principale azione di esso è il ritrovamento di quel Filinto, per le minacce degli oracoli fatto esporre bambino dal proprio padre Clistene, ed a questo termine insensibilmente conducano le amorose smanie di Aristea, l’eroica amicizia di Megacle, l’incostanza ed i furori a Licida e la generosa pietà della fedelissima Argene.
    Herodotus, Pausanias, Natalis Comes, eccetera.
    La scena si finge nelle campagne d’Elide, vicine alla città d’Olimpia alle sponde del fiume Alfeo.
 
 
 MUTAZIONI
 
    Atto primo.
    Fondo selvoso di cupa ed angusta valle.
    Vasta campagna alle falde d’un monte. Ponte rustico sul fiume Alfeo composto di tronchi di alberi rozzamente convessi. Capanne pastorali, con veduta in lontano della città d’Olimpia.
    Atto secondo.
    Ritiro in vicinanza de’ giuochi olimpici.
    Campagna ove si vede un convito di rustici pastori sotto pergole e tende in vicinanza di luoco delizioso; e questa mutazione serve solamente per il ballo.
    Atto terzo.
    Bipartita che si forma dalle ruine d’antico ipodromo.
    Atrio regio che corrisponde al tempio di Giove Olimpico. Si vede l’aspetto esteriore del tempio, il quale è cinto di alberi e d’ulivi silvestri, con le frondi de’ quali si formavano le corone per li atleti vincitori.
 
    Le scene sono d’invenzione e direzione del signor Antonio Iolli, servitore attuale di sua altezza serenissima di Modena.
    Il vestiario è del signor Nadale Canciani.
 
 
 PERSONAGGI
 
 CLISTENE re di Sicione, padre d’Aristea
 (il signor Antonio Barbieri)
 ARISTEA sua figlia, amante di Megacle
 (la signora Faustina Bordoni Hasse, virtuosa di camera attuale di sua maestà il re di Polonia)
 MEGACLE amante d’Aristea ed amico di Licida
 (il signor Angiolo Monticelli)
 LICIDA creduto figlio del re di Creta
 (il signor Gregorio Babbi)
 ARGENE dama cretense in abito di pastorella sotto nome di Licori, amante di Licida
 (la signora Giovanna Babbi)
 AMINTA aio di Licida
 (il signor Giovanni Battista Andreoni)
 ALCANDRO confidente di Clistene
 (la signora Margherita Celli)
 
    Li balli sono d’invenzione e direzione del signor Antonio Gobis.