Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

 SCENA V
 
 Gabinetto negli appartamenti di Mandane.
 
 MANDANE, poi SEMIRA
 
 MANDANE
 O che all'uso de' mali
 istupidisca il senso o ch'abbian l'alme
 qualche parte di luce,
 che presaghe le renda, io per Arbace
870quanto dovrei non so dolermi. Ancora
 l'infelice vivrà. Se fosse estinto,
 già purtroppo il saprei. Porta i disastri
 sollecita la fama.
 SEMIRA
                                 Alfin potrai
 consolarti Mandane. Il ciel t'arrise.
 MANDANE
875Forse il re sciolse Arbace?
 SEMIRA
                                                  Anzi l'uccise.
 MANDANE
 Come!
 SEMIRA
                È noto a ciascun; benché in segreto,
 ei terminò la sua dolente sorte.
 MANDANE
 (Oh presagi fallaci! O giorno! O morte!)
 SEMIRA
 Eccoti vendicata, ecco adempito
880il tuo genio crudel. Ti basta? O vuoi
 altre vittime ancor? Parla.
 MANDANE
                                                  Ah Semira,
 Taci, parti da me.
 SEMIRA
                                   Ch'io parta e taccia?
 Fin che vita ti resta
 sempre intorno m'avrai. Sempre importuna
885render i giorni tuoi voglio infelici.
 MANDANE
 E quando io meritai tanti nemici?
 
    Mi credi spietata?
 Mi chiami crudele?
 Non tanto furore,
890non tante querele,
 che basta il dolore
 per farmi morir.
 
    Quell'odio, quell'ira
 d'un'alma sdegnata,
895ingrata Semira,
 non posso soffrir. (Parte)