Attilio Regolo, libretto, Napoli, Flauto, 1761

 ATTILIO REGOLO
 
 
    Dramma per musica del signor abbate Pietro Metastasio, da rappresentarsi nel real teatro di San Carlo nel dì 23 marzo 1761, alla sua reale maestà di Ferdinando IV nostro clementissimo sovrano dedicato.
    In Napoli, MDCCLXI, per Vincenzo Flauto, impressore di sua maestà.
 
 
 DEDICA
 
 Sua real maestà, signore,
    lo stupore degl’istorici e ’l più grand’eroe che produsse in tempo della Repubblica il suolo romano, il celebre e non mai lodato a bastanza Attilio Regolo, che sacrificò tutto per la sua patria, viene in questo drammatico poema, in una delle sue ammirabili azioni, delineato e descritto dalla felice penna del suo dotto compositore. E dovendosi in questo real teatro rappresentare, io che per eccesso della real clemenza di vostra maestà, ho il carico di esporlo al publico, alla stessa maestà vostra lo consacro. Gradite intanto, o amabilissimo monarca, questo picciol segno della mia infinita obligazione e generosamente permettetemi che prostrato a piè del vostro real trono, possa gloriarmi di essere di vostra real maestà umilissimo ossequiosissimo e fedelissimo servo e vassallo.
 
    Gaetano Grossatesta impresario
    Napoli, il dì 23 marzo 1761
 
 
 ARGOMENTO
 
    Fra i nomi più gloriosi de’ quali andò superba la romana republica, ha, per consenso di tutta l’antichità, occupato sempre distinto luogo il nome d’Attilio Regolo, poiché non sacrificò solo a pro della patria il sangue, i sudori e le cure sue, ma seppe rivolgere a vantaggio della medesima fin le proprie disavventure.
    Carico già d’anni e di merito trovossi egli sventuratamente prigioniero in Cartagine, quando quella città atterrita dalla fortuna dell’emula Roma, si vide costretta, per mezzo d’ambasciatori, a procurar pace da quella o il cambio almeno de’ prigionieri. La libertà che sarebbe ridondata ad Attilio Regolo dalla esecuzione di tai proposte fe’ crederlo a’ Cartaginesi opportuno stromento per conseguirla; onde insieme con l’ambasciatore africano lo inviarono a Roma, avendolo prima obbligato a giurar solennemente di rendersi alle sue catene, quando nulla ottenesse. All’inaspettato arrivo di Regolo proruppero in tanti trasporti di tenera allegrezza i Romani, in quanti di mestizia e desolazione eran già cinque anni innanzi trascorsi all’infausto annuncio della sua schiavitù. E per la libertà di sì grande eroe sarebbe certamente paruta loro leggiera qualunque gravissima condizione. Ma Regolo invece di valersi a suo privato vantaggio del credito e dell’amore ch’egli avea fra’ suoi cittadini, impiegò tutto a dissuader loro d’accettar le nemiche insidiose proposte. E lieto di avergli persuasi, fra le lagrime de’ figli, fra le preghiere de’ congiunti, fra le istanze degli amici, del Senato e del popolo tutto, che affollati d’intorno a lui si affannavano per trattenerlo, tornò religiosamente all’indubitata morte che in Africa l’attendeva, lasciando alla posterità un così portentoso esempio di fedeltà e di costanza (Appiano, Zonara, Cicerone, Orazio ed altri).
    La scena si finge fuori di Roma, ne’ contorni del tempio di Bellona.
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: atrio del palazzo suburbano del console Manlio, spaziosa scala che introduce a suoi appartamenti; parte interna del tempio di Bellona, sedili per i senatori romani e per gli oratori stranieri, littori che custodiscono l’ingressi del tempio, da’ quali veduta del Campidoglio e del Tevere.
    Nell’atto secondo: luogo magnifico fuori di Roma, destinato per gli ambasciadori cartaginesi; galleria del medesimo luogo.
    Nell’atto terzo: sala terrena; edifici magnificamente costrutti ma diruti sulle rive del Tevere, navi pronte nel fiume per l’imbarco di Regolo, ponte che conduce alla più vicina di quelle, popolo numeroso che impedisce il passaggio alle navi, africani su le medesime, littori del console.
    Inventore, direttore ed architetto delle scene il signor don Vincenzo Re, aiutante della real foriera.
 
 
 NOTA DEI BALLI
 
    Nell’atto primo: al suono di maestosa marcia si vedrà l’accompagnamento dell’africano ambasciatore, fra’ quali varie schiave, che vengono ad osservare le grandezze di Roma ed il Campidoglio; e quest’intrecciano vaga danza all’uso del di loro paese; per introdursi poi vari graziosi caratteri, si muta la scena in una piazza con botteghe, case ed altro per comodo de’ balli; indi termina la festa in una moresca.
    Nell’atto secondo: vasta campagna ove siegue un baccanale con diversi giochi; indi, all’arrivo di graziosa mascherata, s’introduce una contradanza che sarà seguita da vari balletti, trasfigurazioni ed altro; e quindi termina il ballo in un’allegra festa.
 
 
 PERSONAGGI
 
 REGOLO
 (il signor Antonio Raaff)
 MANLIO console
 (il signor Giuseppe Tibaldi)
 ATTILIA amante di Licinio
 (la signora Rosa Tartaglini Tibaldi)
  figliuoli di Regolo
 PUBLIO amante di Barce
 (il signor Domenico Luciani)
 BARCE nobile africana, schiava di Publio e amante di Amilcare
 (la signora Giovanna Carmignani)
 LICINIO tribuno della plebe, amante di Attilia
 (il signor Filippo Masciangioli)
 AMILCARE ambasciatore di Cartagine, amante di Barce
 (ia signora Catarina Flavis)
 
    La musica è del rinomato signor don Nicola Jommelli napolitano, all’attual servizio si sua altezza serenissima il signor duca di Würtemberg; diretta del signor don Niccola Sala, maestro di cappella napolitano.
 
 
 AL PUBBLICO
 
    Per rendersi il presente dramma alla giusta meta della rappresentazione di primavera, si è dovuto in qualche parte scorciare, così di recitativi, come di arie. Ma, per non privarlo di quel buono che in essi contenevasi, tutto ciò che non si rappresenta si è segnato con le virgolette alla margine. Onde intiero e come la prima volta si è dato alle stampe dal celebre autore, vien sotto il tuo purgatissimo occhio in questa presente edizione. Vivi felice.