Attilio Regolo, libretto, Napoli, Flauto, 1761

 SCENA VI
 
 PUBLIO e detti
 
 PUBLIO
                                                      Ma invano
 signor lo speri.
 REGOLO
                              E chi potrà vietarlo?
 PUBLIO
 Tutto il popolo o padre. È affatto ormai
 incapace di fren. Per impedirti
1100il passaggio alle navi, ognun s'affretta
 precipitando al porto; e son di Roma
 già l'altre vie deserte.
 REGOLO
                                          E Manlio?
 PUBLIO
                                                               È il solo
 che ardisca opporsi ancora
 al voto universal. Prega, minaccia,
1105ma tutto inutilmente. Alcun non l'ode,
 non l'ubbidisce alcun. Cresce a momenti
 la furia popolar. Già su le destre
 ai pallidi littori
 treman le scuri; e non ritrova ormai
1110in tumulto sì fiero
 esecutori il consolare impero.
 REGOLO
 Attilia addio. Publio mi siegui. (In atto di partire)
 ATTILIA
                                                           E dove?
 REGOLO
 A soccorrer l'amico. Il suo delitto
 a rinfacciare a Roma. A conservarmi
1115l'onor di mie catene.
 A partire, o a spirar su queste arene. (Partendo)
 ATTILIA
 Ah padre, ah no. Se tu mi lasci...
 REGOLO
                                                             Attilia!
 Molto al nome di figlia,
 al sesso ed all'età finor donai.
1120Basta; si pianse assai. Per involarmi
 d'un gran trionfo il vanto,
 non congiuri con Roma anche il tuo pianto.
 ATTILIA
 Ah, tal pena è per me...
 REGOLO
                                             Per te gran pena
 è il perdermi lo so. Ma tanto costa
1125l'onor d'esser romana.
 ATTILIA
                                           Ogn'altra prova
 son pronta...
 REGOLO
                          E qual? Co' tuoi consigli andrai
 forse fra i padri a regolar di Roma
 in Senato il destin? Con l'elmo in fronte
 forse i nemici a debellar pugnando
1130fra l'armi suderai? Qualche disastro
 se a soffrir per la patria atta non sei
 senza viltà, di' , che farai per lei?
 ATTILIA
 È ver. Ma tal costanza...
 REGOLO
 È difficil virtù. Ma Attilia alfine
1135è mia figlia e l'avrà.
 ATTILIA
                                       Sì quanto io possa
 gran genitor t'imiterò. Ma... oh dio!
 Tu mi lasci sdegnato;
 io perdei l'amor tuo.
 REGOLO
                                        No figlia io t'amo;
 io sdegnato non son. Prendine in pegno
1140questo amplesso da me. Ma questo amplesso
 costanza, onor, non debbolezza inspiri.
 ATTILIA
 Ah sei padre, mi lasci; e non sospiri!
 REGOLO
 
    Io son padre e nol sarei,
 se lasciassi a' figli miei
1145un esempio di viltà.
 
    Come ogn'altro ho core in petto;
 ma vassallo è in me l'affetto;
 ma tiranno in voi si fa. (Parte con Publio)