Catone in Utica, libretto, Stoccarda, Cotta, 1754

 SCENA VI
 
 CESARE e detto
 
 CESARE
 Ecco d'Iside il fonte. Ai noti segni
 questo il varco sarà. Floro m'ascolti?
830Floro. Nol veggio più. Fin qui condurmi,
 poi dileguarsi! Io fui
 troppo incauto in fidarmi. Eh non è questo
 il primo ardir felice. Io di mia sorte
 feci in rischio maggior più certa prova. (Nell’entrare s’incontra in Emilia che esce dagli acquedotti con la gente che circonda Cesare)
 EMILIA
835Ma questa volta il suo favor non giova.
 CESARE
 Emilia!
 EMILIA
                  È giunto il tempo
 delle vendette mie.
 CESARE
                                      Fulvio ha potuto
 ingannarmi così!
 EMILIA
                                  No, dell'inganno
 tutta la gloria è mia.
840A Fulvio io figurai
 d'Utica su le porte i tuoi perigli.
 Per condurti ove sei, Floro io mandai
 con simulato zelo a palesarti
 questa incognita strada. Or dal mio sdegno
845se puoi t'invola.
 CESARE
                                Un femminil pensiero
 quanto giunge a tentar!
 Alfin che chiedi?
 EMILIA
                                  Il sangue tuo.
 CESARE
                                                             Sì lieve
 non è l'impresa.
 EMILIA
                                 Or lo vedremo. Amici
 l'usurpator svenate.
 CESARE
850Prima voi caderete. (Cava la spada)