Ciro riconosciuto, libretto, Ferrara, Barbieri, 1744

 SCENA XI
 
 MANDANE e poi ARPALICE
 
 MANDANE
825Che dolcezza fallace!
 Che voci insidiose! A poco a poco
 cominciava a sedurmi. Un inquieto
 senso partendo ei mi lasciò nell'alma
 che non è tutto sdegno. Affatto priva
830non sono alfin d'umanità. Mi mosse
 quel sembiante gentil, que' molli accenti,
 quella tenera età. Povera madre,
 se madre ha pur, quando saprà che il figlio
 lacero il sen da mille colpi... Oh folle
835ch'io son! Gli altri compiango
 e mi scordo di me. Mora l'indegno,
 se ne affligga chi vuole. Il figlio mio
 vendicato esser dee. Son madre anch'io.
 ARPALICE
 Principessa, ah perdona
840l'impazienze mie. D'Alceo che avvenne?
 È assoluto? È punito? È giusto? È reo?
 MANDANE
 Deh per pietà non mi parlar d'Alceo.
 
    Quel nome se ascolto
 mi palpita il core;
845se penso a quel volto
 mi sento gelar.
 
    Non so ricordarmi
 di quel traditore
 né senza sdegnarmi,
850né senza tremar. (Parte)