Ciro riconosciuto, libretto, Mantova, Pazzoni, 1758

 SCENA XII
 
 ARPALICE sola
 
 ARPALICE
 Ah chi saprebbe mai
 d'Alceo darmi novella? Io non ho pace
 se il suo destin non so. Ma tanto affanno
880troppo i doveri eccede
 d'un grato cor! Che? D'un pastore amante
 Arpalice sarebbe! Eterni dei
 da tal viltà mi difendete. Io dunque
 germe di tanti eroi... No, no; rammento
885quel che debbo a me stessa. E pur quel volto
 mi sta sempre sugli occhi. Eh chi mi toglie,
 chi la mia pace antica?
 È amore? Io nol distinguo. Alcun mel dica.
 
    Cara pace del mio core
890t'involasti, o dio! dal petto;
 giusti dei, d'un degno affetto,
 in sì grave interno orrore,
 fate un lampo scintillar.
 
    Mal d'amar ciascun s'avvede;
895e sol tardi ognor lo vede
 chi si perde nell'amar. (Parte)
 
 Fine dell’atto secondo