Ciro riconosciuto, libretto, Mantova, Pazzoni, 1758

 SCENA III
 
 MANDANE sola
 
 MANDANE
                                Oh me infelice! Oh troppo
 verace Mitridate! Avessi, oh dio!
 creduto a' detti tuoi. Potessi almeno
1000lusingarmi un momento. E come? Ah troppo
 sdegnato era Cambise;
 troppo tempo è già scorso; e troppo nero
 è il tenor del mio fato. Ebbi il mio figlio,
 stupida! innanzi agli occhi, udii da lui
1005chiamarmi madre; i violenti intesi
 moti del sangue; e nol conobbi; e volli
 ostinarmi a mio danno! Ancor lo sento
 parlar; lo veggo ancor. Povero figlio!
 Non voleva lasciarmi! Il suo destino
1010parea che prevedesse. Ed io tiranna...
 Ed io... Che orror! Che crudeltà! Non posso (S’alza)
 tollerar più me stessa. Il mondo, il cielo
 sento che mi detesta; odo il consorte
 che a rinfacciar mi viene
1015il parricidio suo; veggo di Ciro
 l'ombra squallida e mesta
 che stillante di sangue... Ah dove fuggo?
 Dove m'ascondo? Un precipizio, un ferro?
 Un fulmine dov'è? Mora, perisca
1020questa barbara madre e non si trovi
 che le ceneri sue... Ma... Come?... È dunque
 perduta ogni speranza? E non potrebbe
 giunger Arpago in tempo? Ah sì clementi
 numi del ciel, pietosi numi, al figlio
1025perdonate i miei falli. È questo nome
 forse la colpa sua? Colpa ch'ei trasse
 dalle viscere mie. No, voi non siete
 tanto crudeli. Io la giustizia vostra
 dubitandone offendo. È vivo il figlio;
1030corrasi ad abbracciarlo... Ah folle io vado
 a perder questo ancora
 languido di speranza ultimo raggio.
 Andiam; chi sa? Ma quello
 che a me corre affannato
1035non è Cambise? Oimè! Son morta. È fatto
 l'orrido colpo. Ha nella destra ancora
 nudo l'acciar; chi mi soccorre? Ah! stilla
 ancor del vivo sangue... Ah fuggi... Ah parti...