La clemenza di Tito, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1771

 CIRO
                                            Popoli, udite.
 Qual impeto ribelle?
 Qual furor vi trasporta? Ove s’intese
1310che divenga il vassallo
 giudice del suo re! Giudizio indegno,
 in cui molto del reo
 il giudice è peggiore. Odiate in lui
 un parricidio e l’imitate. Ei forse
1315tentollo sol; voi l’eseguite. Un dritto
 che avea sul sangue mio
 forse Astiage abusò; voi quel che han solo
 gli dei sopra i regnanti
 pretendete usurpar. M’offrite un trono,
1320calpestandone prima
 la maestà. Questo è l’amor! Son questi
 gli auspici del mio regno? Ah ritornate,
 ritornate innocenti. A terra, a terra
 l’armi sediziose. Io vi prometto
1325placato il vostro re. Foste sedotti;
 lo so; vi spiace. A mille segni espressi
 già intendo il vostro cor. Già in ogni destra
 veggo l’aste tremar; leggo il sincero
 pentimento del fallo in ogni fronte.
1330Perdonalo, signor, per bocca mia (Ad Astiage)
 piangendo ognun tel chiede. Ognun ti giura
 eterna fé. Se a cancellar l’orrore
 d’attentato sì rio
 v’è bisogno di sangue, eccoti il mio. (Inginocchiandosi)
 ASTIAGE
1335Oh prodigio!
 MANDANE
                           Oh stupore!
 ARPAGO
 Oh virtù che disarma il mio furore! (Arpago getta la spada e tutti i congiurati l’armi)
 ASTIAGE
 Figlio mio, caro figlio,