La clemenza di Tito, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1771

 SCENA XIII
 
 PUBLIO e SESTO fra’ littori, poi VITELLIA, e detti
 
 TITO
 Sesto, de' tuoi delitti
 tu sai la serie e sai
 qual pena ti si dee. Roma sconvolta,
 l'offesa maestà, le leggi offese,
1035l'amicizia tradita, il mondo, il cielo
 voglion la morte tua. De' tradimenti
 sai pur ch'io son l'unico oggetto; or senti...
 VITELLIA
 Eccoti eccelso Augusto, (Inginocchiandosi)
 eccoti al piè la più confusa...
 TITO
                                                     Ah sorgi,
1040che fai? Che brami?
 VITELLIA
                                        Io ti conduco innanzi
 l'autor dell'empia trama.
 TITO
                                                E quanti mai,
 quanti siete a tradirmi?
 VITELLIA
                                               Io la più rea
 son di ciascuno; io meditai la trama;
 il più fedele amico
1045io ti sedussi; io del suo cieco amore
 a tuo danno abusai.
 TITO
                                       Ma del tuo sdegno
 chi fu cagion?
 VITELLIA
                             La tua bontà. Credei
 che questa fosse amor. La destra e il trono
 da te speravo in dono e poi negletta
1050restai due volte e procurai vendetta.
 TITO
 (Ma che giorno è mai questo! Al punto istesso
 che assolvo un reo, ne scuopro un altro! E quando
 troverò giusti numi
 un'anima fedel? Congiuran gli astri,
1055cred'io, per obbligarmi a mio dispetto
 a diventar crudel. No; non avranno
 questo trionfo. A sostener la gara
 già s'impegnò la mia virtù. Vediamo
 se più costante sia
1060l'altrui perfidia o la clemenza mia).
 Olà, Sesto si sciolga; abbia di nuovo
 Lentulo e i suoi seguaci
 e vita e libertà; sia noto a Roma
 ch'io son l'istesso e ch'io
1065tutto so, tutti assolvo e tutto obblio.
 SESTO
 Io son di sasso.
 VITELLIA
                               Io non trattengo il pianto.
 TITO
 Vitellia, a te promisi
 la destra mia ma...
 VITELLIA
                                     Lo conosco, Augusto,
 non è per me.
 TITO
                             Pure ti bramo in parte
1070contenta almeno. Una rival sul trono
 non vedrai, tel prometto. Altra io non voglio
 sposa che Roma; i figli miei saranno
 i popoli soggetti;
 serbo indivisi a lor tutti gli affetti.
1075Tu d'Annio e di Servilia
 agl'imenei felici unisci i tuoi,
 principessa, se vuoi. Concedi pure
 la destra a Sesto; il sospirato acquisto
 già gli costa abbastanza.
 VITELLIA
                                              Infin ch'io viva
1080fia sempre il tuo voler legge al mio core.
 SESTO
 Ah Cesare, ah signor! E poi non soffri
 che t'adori la terra? e che destini
 tempi il Tebro al tuo nume? E come e quando
 sperar potrò che la memoria amara
1085de' falli miei...
 TITO
                              Sesto, non più; torniamo
 di nuovo amici; e de' trascorsi tuoi
 non si parli più mai. Dal cor di Tito
 già cancellati sono;
 me gli scordo, t'abbraccio e ti perdono.
 CORO
 
1090   Che del ciel, che degli dei
 tu il pensier, l'amor tu sei,
 grand'eroe, nel giro angusto
 si mostrò di questo dì.
 
    Ma cagion di meraviglia
1095non è già, felice Augusto,
 che gli dei chi lor somiglia
 custodiscano così.
 
 Il fine