Demofoonte, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1775

 SCENA V
 
 TIMANTE e poi DIRCEA in bianca veste e coronata di fiori tra le guardie ed i ministri del tempio
 
 TIMANTE
 Gran passo è la mia fuga! Ella mi rende
 e povero e privato. Il regno e tutte
 le paterne ricchezze
 io perderò. Ma la consorte e il figlio
680vaglion di più... Ma chi s'appressa? È forse
 il re? Veggo i custodi. Ah no; vi sono
 ancor sacri ministri; e in bianche spoglie
 fra lor... Misero me! La sposa! Oh dio!
 Fermatevi. Dircea, che avvenne?
 DIRCEA
                                                              Alfine
685ecco l'ora fatale. Ecco l'estremo
 istante ch'io ti veggo. Ah prence, ah questo
 è pur l'amaro passo.
 TIMANTE
                                        E come! Il padre...
 DIRCEA
 Mi vuol morta a momenti.
 TIMANTE
                                                   Infin ch'io vivo... (Volendo snudar la spada)
 DIRCEA
 Signor, che fai? Sol contro tanti, invano
690difendi me, perdi te stesso.
 TIMANTE
                                                    È vero.
 Miglior via prenderò. (Volendo partire)
 DIRCEA
                                           Dove?
 TIMANTE
                                                          A raccorre
 quanti amici potrò. Va' pure. Al tempio
 sarò prima di te. (Come sopra)
 DIRCEA
                                   No, pensa... Oh dio.
 TIMANTE
 Non v'è più che pensar. La mia pietade
695già diventa furor. Tremi qualunque
 oppormisi vorrà, se fosse il padre.
 Non risparmio delitti; il ferro, il fuoco
 vuo' che abbatta, consumi
 la reggia, il tempio, i sacerdoti, i numi. (Parte)