Didone abbandonata, libretto, Roma, de’ Rossi, 1747

1065Creusa che oltraggiai?
 CHERINTO
                                           Creusa. Ah tutti
 di quell’anima bella
 tu non conosci i pregi. E che non disse,
 che non fe’ per salvarti? I merti tuoi
 come ingrandì! Come scemò l’orrore
1070del fallo tuo! Per quante strade e quante
 il cor gli ricercò! Parlar per voi
 fece l’utile, il giusto,
 la gloria, la pietà. Sé stessa offesa
 gli propose in esempio
1075e lo fece arrossir. Quand’io m’avvidi
 che il genitor già vacillava, allora
 volo, il ciel m’inspirò, cerco Dircea,
 con Olinto la trovo; entrambi appresso
 frettoloso mi traggo; e al regio ciglio
1080presento in quello stato e madre e figlio.
 Questo tenero assalto
 terminò la vittoria. O sia che l’ira
 per soverchio avvampar fosse già stanca
 o che allor tutte in lui
1085le sue ragioni esercitasse il sangue,
 il re cedé; si raddolcì; dal suolo
 la nuora sollevò; si strinse al petto
 l’innocente bambin; gli sdegni suoi
 calmò; s’intenerì; pianse con noi.
 TIMANTE
1090Oh mio dolce germano!
 Oh caro padre mio! Cherinto, andiamo,
 andiamo a lui.
 CHERINTO
                              No; il fortunato avviso
 recarti ei vuol. Si sdegnerà se vede
 ch’io lo prevenni.
 TIMANTE
                                   E tanto amore e tanta