Didone abbandonata, libretto, Roma, de’ Rossi, 1747

 TIMANTE
 Taci, Dircea.
 DIRCEA
                          Per que’ soavi nodi...
 TIMANTE
 Ma taci per pietà. Tu mi trafiggi
1265l’anima e non lo sai.
 DIRCEA
                                       Già che sì poco
 curi la sposa, almen ti muova il figlio.
 Guardalo, è quell’istesso
 ch’altre volte ti mosse,
 guardalo; è sangue tuo.
 TIMANTE
                                             Così nol fosse.
 DIRCEA
1270Ma in che peccò? Perché lo sdegni? A lui
 perché nieghi uno sguardo? Osserva, osserva
 le pargolette palme
 come solleva a te, quanto vuol dirti
 con quel riso innocente.
 TIMANTE
                                              Ah se sapessi,
1275infelice bambin, quel che saprai
 per tua vergogna un giorno,
 lieto così non mi verresti intorno!
 
    Misero pargoletto,
 il tuo destin non sai.
1280Ah non gli dite mai
 qual era il genitor.
 
    Come in un punto, oh dio,
 tutto cambiò d’aspetto!
 Voi foste il mio diletto,
1285voi siete il mio terror. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DEMOFOONTE, DIRCEA, CREUSA, ADRASTO
 
 DEMOFOONTE
 Sieguilo, Adrasto. Ah chi di voi mi spiega
 se il mio Timante è disperato o stolto!
 Ma voi smarrite in volto,
 mi guardate e tacete. Almen sapessi
1290qual ruina sovrasta,
 qual riparo apprestar. Numi del cielo,
 datemi voi consiglio;
 fate almen ch’io conosca il mio periglio.
 
    Odo il suono de’ queruli accenti;
1295veggo il fumo che intorbida il giorno;
 strider sento le fiamme d’intorno;
 né comprendo l’incendio dov’è.
 
    La mia tema fa ’l dubbio maggiore;
 nel mio dubbio s’accresce il timore,
1300tal ch’io perdo per troppo spavento
 qualche scampo che v’era per me. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 DIRCEA e CREUSA