Didone abbandonata, libretto, Roma, de’ Rossi, 1747

 MATUSIO
                                Perché mio figlio sei,
1370perché son padre tuo.
 TIMANTE
                                          Tu sogni... Oh stelle?
 Torna Dircea.
 DIRCEA
                            No, non fuggirmi, o sposo;
 tua germana io non son.
 TIMANTE
                                               Voi m’ingannate
 per rimettere in calma il mio pensiero.
 
 SCENA XI
 
 DEMOFOONTE con seguito e detti
 
 DEMOFOONTE
 Non t’ingannan, Timante; è vero, è vero.
 TIMANTE
1375Se mi tradiste adesso,
 sarebbe crudeltà.
 DEMOFOONTE
                                   Ti rassicura,
 no, mio figlio non sei. Tu con Dircea
 fosti cambiato in fasce. Ella è mia prole,
 tu di Matusio. Alla di lui consorte
1380la mia ti chiese in dono. Utile al regno
 il cambio allor credé. Ma quando poi
 nacque Cherinto, al proprio figlio il trono
 d’aver tolto s’avvide e a me l’arcano
 non ardì palesar, che troppo amante
1385già di te mi conobbe. All’ore estreme
 ridotta alfin tutto in due fogli il caso
 scritto lasciò. L’un diè all’amica; e quello
 Matusio ti mostrò; l’altro nascose;
 ed è questo che vedi.
 TIMANTE
                                         E perché tutto
1390nel primo non spiegò?
 DEMOFOONTE
                                            Solo a Dircea
 lasciò in quello una prova
 del regio suo natal. Bastò per questo
 giurar ch’era sua figlia. Il gran segreto
 della vera tua sorte era un arcano
1395da non fidar che a me, perch’io potessi
 a seconda de’ casi
 palesarlo o tacerlo. A tale oggetto
 celò quest’altro foglio in parte solo
 accessibile a me.