Didone abbandonata, libretto, Roma, de’ Rossi, 1747

 SCENA X
 
 Regia con veduta della città di Cartagine in prospetto che poi s’incendia.
 
 DIDONE e poi OSMIDA
 
 DIDONE
 
1160   Va crescendo il mio tormento,
 io lo sento e non l'intendo,
 giusti dei, che mai sarà?
 
 OSMIDA
 Deh regina pietà.
 DIDONE
                                   Che rechi amico?
 OSMIDA
 Ah no, così bel nome
1165non merta un traditore
 d'Enea, di te nemico e del tuo amore.
 DIDONE
 Come?
 OSMIDA
                 Colla speranza
 di posseder Cartago
 Iarba mi fece suo; poi colla morte
1170i tradimenti miei punir volea
 ma dono è il viver mio del grande Enea.
 DIDONE
 Reo di tanto delitto hai fronte ancora
 di presentarti a me?
 OSMIDA
                                        Sì mia regina. (S’inginocchia)
 DIDONE
 Sorgi. Quante sventure!
1175Misera me sotto qual astro io nacqui!
 Manca ne' miei più fidi...