Didone abbandonata, libretto, Stoccarda, Cotta, 1763

 SCENA XVII
 
 DIDONE ed ENEA
 
 DIDONE
 Enea, salvo già sei
 dalla crudel ferita.
450Per me serban gli dei sì bella vita.
 ENEA
 Oh dio, regina!
 DIDONE
                               Ancora
 forse della mia fede incerto stai?
 ENEA
 No. Più funeste assai
 son le sventure mie. Vuole il destino...
 DIDONE
455Chiari i tuoi sensi esponi.
 ENEA
 Vuol (mi sento morir) ch'io t'abbandoni.
 DIDONE
 M'abbandoni! Perché?
 ENEA
                                            Di Giove il cenno,
 l'ombra del genitor, la patria, il cielo,
 la promessa, il dover, l'onor, la fama
460alle sponde d'Italia oggi mi chiama.
 La mia lunga dimora
 purtroppo degli dei mosse lo sdegno.
 DIDONE
 E così fin ad ora,
 perfido, mi celasti il tuo disegno?
 ENEA
465Fu pietà.
 DIDONE
                    Che pietà? Mendace il labbro
 fedeltà mi giurava;
 e intanto il cor pensava
 come lunge da me volgere il piede!
 A chi, misera me! darò più fede?
470Vil rifiuto dell'onde
 io l'accolgo dal lido; io lo ristoro
 dalle ingiurie del mar; le navi e l'armi
 già disperse io gli rendo; e gli do loco
 nel mio cor, nel mio regno; e questo è poco.
475Di cento re per lui,
 ricusando l'amor, gli sdegni irrito.
 Ecco poi la mercede.
 A chi, misera me! darò più fede?
 ENEA
 Finch'io viva, o Didone,
480dolce memoria al mio pensier sarai;
 né partirei giammai,
 se per voler de' numi io non dovessi
 consacrare il mio affanno
 all'impero latino.
 DIDONE
485Veramente non hanno
 altra cura gli dei che 'l tuo destino.
 ENEA
 Io resterò, se vuoi
 che si renda spergiuro un infelice.
 DIDONE
 No; sarei debitrice
490dell'impero del mondo a' figli tuoi.
 Va' pur; siegui il tuo fato;
 cerca d'Italia il regno; all'onde, ai venti
 confida pur la speme tua; ma senti.
 Farà quell'onde istesse
495delle vendette mie ministre il cielo;
 e tardi allor pentito
 d'aver creduto all'elemento insano,
 richiamerai la tua Didone invano.
 ENEA
 Se mi vedessi il core...
 DIDONE
500Lasciami, traditore.
 ENEA
 Almen dal labbro mio
 con volto meno irato
 prendi l'ultimo addio.
 DIDONE
                                           Lasciami, ingrato.
 ENEA
 E pur con tanto sdegno
505non hai ragion di condannarmi.
 DIDONE
                                                            Indegno!
 
    Non ha ragione, ingrato,
 un core abbandonato
 da chi giurogli fé?
 
 ENEA
 
    Contra il destin severo,
510contra il celeste impero,
 che posso far per te?
 
 DIDONE
 
    Crudel! Tradirmi... oh dio!
 
 ENEA
 
 Deh placati, idol mio.
 
 DIDONE
 
 Lasciami...
 
 ENEA
 
                       Cara....
 
 A DUE
 
                                       Oh affanno!
515Se questo è duol tiranno
 anime innamorate,
 ditelo voi per me.
 
 DIDONE
 
    Tradir sì vivo amore!
 
 ENEA
 
 Ah mi si spezza il core!
520Senti...
 
 DIDONE
 
                 Che vuoi?
 
 ENEA
 
                                      Pavento...
 
 A DUE
 
    E qual sarà tormento,
 anime innamorate,
 se questo mio non è? (Partono)
 
 Fine dell’atto primo