Didone abbandonata, libretto, Stoccarda, Cotta, 1763

                                        Non son contento
 se non trafiggo Enea.
 SELENE
                                         (Numi, che sento!)
 ARASPE
1265Mio re qual nuovo affanno
 t’ha così di furor l’anima accesa?
 IARBA
 Pria saprai la vendetta e poi l’offesa.
 SELENE
 (Che mai sarà!)
 OSMIDA
                                Signore (Piano a Iarba)
 le tue schiere son pronte, è tempo alfine
1270che vendichi i tuoi torti.
 IARBA
                                               Araspe andiamo.
 ARASPE
 Io sieguo i passi tuoi.
 OSMIDA
                                          Deh pensa allora
 che vendicato sei,
 che la mia fedeltà premiar tu dei.
 IARBA
 È giusto, anzi preceda
1275la tua mercede alla vendetta mia.
 OSMIDA
 Generoso monarca...
 IARBA
                                        Olà costui
 si disarmi e s’uccida. (Alcune delle guardie di Iarba disarmano Osmida)
 OSMIDA
 Come! Questo ad Osmida?
 Qual ingiusto furore...
 IARBA
1280Quest’è il premio dovuto a un traditore. (Parte)
 OSMIDA
 Parla amico per me, fa’ ch’io non resti
 così vilmente oppresso. (Ad Araspe)
 ARASPE
 Non fa poco chi sol pensa a sé stesso. (Parte)
 OSMIDA
 Pietà pietà Selene, ah non lasciarmi
1285in sì misero stato e vergognoso.
 SELENE
 Qualche volta è viltà l’esser pietoso. (Partendo s’incontra in Enea)
 
 SCENA VII
 
 ENEA con seguito e detti
 
 ENEA
 Principessa ove corri?
 SELENE
                                           A te ne vengo.
 ENEA
 Vuoi forse... O ciel, che miro! (Vedendo Osmida tra’ mori)