Didone abbandonata, partitura ms. A-Wn, 1763

 SCENA XI
 
 IARBA e detti
 
 IARBA
 Didone, a che mi chiedi?
 Sei folle se mi credi
 dall'ira tua, da tue minaccie oppresso,
885non si cangia il mio cor, sempre è l'istesso.
 ENEA
 (Che arroganza!)
 DIDONE
                                  Deh placa
 il tuo sdegno, o signor. Tu col tacermi
 il tuo grado e 'l tuo nome
 a gran rischio esponesti il tuo decoro.
890Ed io... Ma qui t'assidi
 e con placido volto
 ascolta i sensi miei.
 IARBA
                                       Parla, t'ascolto.
 ENEA
 Permettimi; che ormai...
 DIDONE
                                                Fermati e siedi.
 Troppo lunghe non fian le tue dimore.
895(Risister non potrà).
 ENEA
                                        (Costanza, o core!).
 IARBA
 Eh vada. Allor che teco
 Iarba soggiorna, ha da partir costui.
 ENEA
 (Ed io lo soffro?).
 DIDONE
                                   In lui
 invece d'un rival trovi un amico.
900Ei sempre a tuo favore
 meco parlò; per suo consiglio io t'amo.
 Se credi mensognero
 il labbro mio, dillo tu stesso.
 ENEA
                                                      È vero.
 IARBA
 Dunque nel re de' Mori
905altro merto non v'è che un suo consiglio?
 DIDONE
 No, Iarba; in te mi piace
 quel regio ardir che ti conosco in volto;
 amo quel cor sì forte,
 sprezzator de' perigli e della morte.
910E se il ciel mi destina
 tua compagna e tua sposa...
 ENEA
                                                    Addio, regina.
 Basta che fino ad ora
 t'abbia ubbidito Enea.
 DIDONE
                                            Non basta ancora.
 Siedi pur un momento.
915(Comincia a vacillar).
 ENEA
                                          (Quest'è tormento).
 IARBA
 Troppo tardi, o Didone,
 conosci il tuo dover. Ma pure io voglio
 donar gli oltraggi miei
 tutti alla tua beltà.
 ENEA
                                    (Che pena, o dei!)
 IARBA
920In pegno di tua fede
 dammi dunque la destra.
 DIDONE
                                                 Io son contenta.
 A più gradito laccio amor pietoso
 stringer non mi potea.
 ENEA
 Più soffrir non si può.
 DIDONE
                                           Qual ira, Enea?
 ENEA
925E che vuoi? Non ti basta
 quanto finor soffrì la mia costanza?
 DIDONE
 Eh taci.
 ENEA
                  Che tacer? Tacqui abbastanza.
 Vuoi darti al mio rivale,
 brami che tel consigli,
930tutto faccio per te, che più vorresti?
 Ch'io ti vedessi ancor fra le sue braccia?
 Dimmi che mi vuoi morto e non ch'io taccia.
 DIDONE
 Odi; a torto ti sdegni;
 sai che per ubbidirti...
 ENEA
                                            Intendo, intendo;
935io sono il traditor, son io l'ingrato;
 tu sei quella fedele
 che per me perderebbe e vita e soglio;
 ma tanta fedeltà veder non voglio.
 
    Infedel! Ti lascio; addio.
940Godi pur del nuovo amor.
 
 DIDONE
 
    Ah crudel! T'arresta oh dio!
 Fai gran torto a questo cor.
 
 IARBA
 
    Parta omai, s'hai pur desio
 d'involarlo al mio furor.
 
 DIDONE
 
945   Eh t'acheta... (A Iarba)
 
 ENEA
 
                               Mentitrice.
 
 DIDONE
 
 Mio tesoro... (Ad Enea)
 
 IARBA
 
                           Ingannatrice.
 
 ENEA
 
 (Questo è affanno da morire!
 più valore in sen non ho).
 
 DIDONE
 
    (Troppo grande è il suo martire
950disperare ancor non so).
 
 IARBA
 
    (Ed ancora ho da soffrire?
 no; vendetta far saprò).
 
 DIDONE
 
    Ah tu sai... (Ad Enea)
 
 ENEA
 
                           Più non parlarmi.
 
 DIDONE
 
 Perché sdegni d'ascoltarmi?
 
 ENEA
 
955Traditrice alma fallace,
 va'; rimanti in quella pace
 che tu lasci a questo cor. (Parte)
 
 DIDONE
 
    Senti... oh dio!...
 
 IARBA
 
                                    Deh ferma, ascolta
 
 DIDONE
 
 E che vuoi? Taci una volta.
 
 IARBA
 
960Dunque adori ancor l'indegno?
 
 DIDONE
 
 Quello sdegno vuo' placar.
 
 IARBA
 
    Tu paventi e mia tu sei?
 
 DIDONE
 
 D'imenei non mi parlar.
 
 IARBA
 
    Ma perché? Saper lo voglio.
 
 DIDONE
 
965Perché sei pieno d'orgoglio,
 perché sembri agli occhi miei
 un oggetto di terror.
 
 IARBA
 
    Tu m'insulti? A vendicarmi
 corro al foco, corro all'armi
970tremerai, perfido cor. (parte)
 
 DIDONE
 
    Quel mi fugge!... quel minaccia!
 Non dispero... non pavento...
 Ma, infelice, che farò?
 
    Ah tu vieni ancor quest'alma,
975dolce amore, a lusingar!
 
    Tu mi additi, oh dio! la calma,
 ma son presso a naufragar.
 
 Fine dell’atto secondo