Ezio, libretto, Stoccarda, Cotta, 1758

 SCENA IX
 
 EZIO, poi FULVIA, indi ONORIA
 
 EZIO
 Vedrem se ardisce ancora
335d'opporsi all'amor mio.
 FULVIA
                                             Ti leggo in volto,
 Ezio, l'ire del cor. Forse ad Augusto
 ragionasti di me?
 EZIO
                                   Sì, ma celai
 a lui che m'ami, onde temer non dei.
 ONORIA
 Ezio, gli oblighi miei
340sono immensi con te. Volle il germano
 avvilir la mia mano
 sino alla tua; ma tu però più giusto
 d'esserne indegno hai persuaso Augusto.
 EZIO
 No, l'obligo d'Onoria
345questo non è. L'obligo grande è quello
 ch'io fui cagion nel conservarle il soglio
 ch'or mi possa parlar con questo orgoglio.
 ONORIA
 È ver, ti deggio assai, perciò mi spiace
 che ad onta mia mi rendano le stelle
350al tuo amore infelice
 di funeste novelle apportatrice.
 Fulvia, ti vuol sua sposa
 Cesare al nuovo dì.
 FULVIA
                                      Come?
 EZIO
                                                      Che sento!
 ONORIA
 Di recartene il cenno
355egli stesso or m'impose. Ezio, dovresti
 consolartene al fin; veder soggetto
 tutto il mondo al suo ben pure è diletto. (Parte)