Ezio, libretto, Stoccarda, Cotta, 1758

 SCENA V
 
 FULVIA, poi EZIO
 
 FULVIA
 Che fo? Dove mi volgo? E qual delitto
 è il parlare, è il tacer? Se parlo, oh dio!
 son parricida e nel pensarlo io tremo.
510Se taccio, al giorno estremo
 giunge il mio bene. Ah che all'idea funesta
 s'agghiaccia il sangue e intorno al cor si arresta.
 Ah qual consiglio mai... (Vedendo Ezio)
 Ezio, dove t'inoltri? Ove ten vai?
 EZIO
515In difesa d'Augusto. Intesi...
 FULVIA
                                                      Ah fuggi.
 In te del tradimento
 cade il sospetto.
 EZIO
                                In me? Fulvia, t'inganni.
 FULVIA
 Ma se Cesare istesso il reo ti chiama,
 s'io stessa l'ascoltai.
 EZIO
                                       Può dirlo Augusto
520ma crederlo non può; s'anche un momento
 giungesse a dubitarne, ove si volga
 vede la mia difesa. Italia, il mondo,
 la sua grandezza, il conservato impero
 rinfacciar gli saprà che non è vero.