Ezio, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1772

 SCENA III
 
 EZIO, MASSIMO e poi FULVIA con paggi. Seguito di soldati e d’alcuni schiavi in lontano
 
 MASSIMO
 Ezio, donasti assai
65alla gloria, al dover; qualche momento
 concedi all'amistà; lascia ch'io stringa
 quella man vincitrice. (Prende per mano Ezio)
 EZIO
                                            Io godo, amico,
 nel rivederti e caro
 m'è l'amor tuo de' miei trionfi al paro.
70Ma Fulvia ove si cela?
 Che fa? Dov'è? Quando ciascun s'affretta
 su le mie pompe ad appagar le ciglia,
 la tua figlia non viene?
 MASSIMO
                                            Ecco la figlia.
 EZIO
 Cara, di te più degno (A Fulvia nell’uscire)
75torna il tuo sposo e al volto tuo gran parte
 deve de' suoi trofei. Fra l'armi e l'ire
 mi fu sprone egualmente
 e la gloria e l'amor... Ma... Fulvia? Oh Dei! (Si turba)
 Perché mesta così?
 FULVIA
                                      (Che pena!) Io vengo...
80Son io...
 EZIO
                  No, tu non sei (Cresce il turbamento)
 per me quella che fosti.
 FULVIA
                                             Ah sì, son quella.
 Ma... sappi... genitor, per me favella.
 EZIO
 Massimo, non tacer. (Con impeto)
 MASSIMO
                                         Tacqui finora,
 perché co' nostri mali a te non volli
85le gioie avvelenar. Si vive, amico, (Con cautela di non esser ascoltato)
 sotto un giogo crudele. Anche i pensieri
 imparano a servir. La tua vittoria,
 Ezio, ci toglie alle straniere offese;
 le domestiche accresce. Era il timore
90in qualche parte almeno
 a Cesare di freno; or che vincesti,
 i popoli dovranno
 più superbo soffrirlo e più tiranno.
 EZIO
 Io tal nol credo. Almeno
95la tirannide sua mi fu nascosa.
 Che pretende? Che vuol?
 MASSIMO
                                                 Vuol la tua sposa.
 EZIO
 La sposa mia! Massimo, Fulvia e voi (Sorpreso)
 consentite a tradirmi?
 FULVIA
                                            Oimè!
 MASSIMO
                                                           Qual arte,
 qual consiglio adoprar? Vuoi che l'esponga, (Sempre con cautela)
100negandola al suo trono,
 d'un tiranno al piacer? Vuoi che su l'orme
 di Virginio io rinnovi,
 per serbarla pudica,
 l'esempio in lei della tragedia antica?
105Ah tu solo potresti
 frangere i nostri ceppi,
 vendicare i tuoi torti. Arbitro sei
 del popolo e dell'armi. A Roma oppressa,
 all'amor tuo tradito
110dovresti una vendetta.
 EZIO
                                            A questo segno
 cede al dolor la tua virtù? Non sai
 che giusta non è mai
 l'infedeltà? (Massimo l’ascolta con attenzione frandolente e comincia a cambiar sembiante) Ch'arbitri della terra
 sono i monarchi, il ciel di loro?
 MASSIMO
                                                          O grande, (L’abbraccia in volto sereno)
115Oh magnanimo eroe. Vantar tu solo
 d'una fede ti puoi che più costante
 nelle offese diviene.
 (Cangiar favella e simular conviene).
 EZIO
 Ma sa Cesare, o Fulvia,
120Ch'Ezio t'adora?
 FULVIA
                                 Il ciel non voglia.
 MASSIMO
                                                                  A lui
 finora il vostro amore
 di celar procurai.
 EZIO
                                  Questo è l'errore. (Con tranquillità sicura)
 Cesare non ha colpa. Addio. Lasciate
 che solo io parli: e tutto
125cangerà di sembianza.
 FULVIA
                                            Ah no, rifletti
 pria di parlar. Qualche funesto evento
 mi presagisce il cor. Nacqui infelice
 e sperar non mi lice
 che la sorte per me giammai si cangi.
 EZIO
130Son vincitor; sai che t'adoro; e piangi?
 
    Pensa a serbarmi, o cara,
 i dolci affetti tuoi;
 amami e lascia poi
 ogn'altra cura a me.
 
135  Tu mi vuoi dir col pianto
 che resti in abbandono.
 No, così vil non sono;
 e meco ingrato tanto
 no, Cesare non è. (Parte con il seguito di soldati e schiavi)