Ezio, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1772

 SCENA VIII
 
 VALENTINIANO e MASSIMO
 
 VALENTINIANO
 Ezio sappia ch'io bramo (Ad una comparsa che ricevuto l’ordine parte)
250seco parlar, che qui l'attendo. Amico,
 comincia ad adombrarmi
 la gloria di costui; ciascun mi parla
 delle conquiste sue; Roma lo chiama
 il suo liberatore; egli sé stesso
255troppo conosce. Assicurarmi io deggio
 della sua fedeltà. Voglio d'Onoria
 al talamo innalzarlo, acciocché sia
 suo premio il nodo e sicurezza mia.
 MASSIMO
 Veramente per lui giunge all'eccesso
260l'idolatria del volgo; omai si scorda
 quasi del suo sovrano. A me parrebbe
 mal sicuro riparo
 innalzarlo ad un grado sì sublime.
 VALENTINIANO
 Dunque vuoi ch'io m'impegni
265su l'orme de' tiranni e ch'io divenga
 all'odio universale oggetto e segno?
 MASSIMO
 La prima arte del regno
 è il soffrir l'odio altrui. Giova al regnante
 più l'odio che l'amor. Con chi l'offende
270ha più ragion d'esercitar l'impero.
 VALENTINIANO
 Massimo, non è vero.
 Chi fa troppo temersi
 teme l'altrui timor. Tutti gli estremi
 confinano fra loro.
 MASSIMO
275Signor, parlai finora
 per zelo sol del tuo riposo; e volli
 rammentar che si deve
 ad un periglio opporsi infin ch'è lieve. (Parte)