Il filosofo di campagna, libretto, Dresda, Stösselin e Krausen, 1755 (Praga)

 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
 (Questa, se non m'inganno,
1205di don Tritemio è la figliuola).
 EUGENIA
                                                         Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altri non v'è che io
1210ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d'esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
1215D'una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LA LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LA LENA
1220Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto.
1225Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
 Me n'avvidi che v'era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
1230Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
 Che sì, che al genitore
 l'avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
1235quanto altero comandi il dio d'amore.
 LA LENA
 (Mi fa pietà). Sentite,
 v'offro l'albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d'altro testimonio
1240si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato.
1245L'innocente desio seconda il fatto.
 
    Che più bramar poss'io?
 Che più dal cielo aspetto?
 Andrò col mio diletto
 la pace ad incontrar.
 
1250   Del genitore alfine
 si placherà lo sdegno.
 Amor prenda l'impegno
 quest'alme a consolar. (Entra in casa di Nardo)