Alessandro nell’Indie, libretto, Stoccarda, Cotta, 1760

 SCENA XII
 
 CLEOFIDE, GANDARTE, poi ERISSENA
 
 CLEOFIDE
 Chi sperava, o Gandarte,
 tanta felicità fra tanti affanni!
 Quanto dobbiamo a' tuoi felici inganni!
 GANDARTE
 Di vassallo e d'amico
1065ho compiuto il dover. Pensiamo intanto
 quale asilo alla fuga
 sarà miglior.
 CLEOFIDE
                           L'arbitrio della scelta
 rimanga a Poro. E ancor non viene! O quanto
 l'attenderlo è penoso! Eccolo, io sento...
1070Ma no, giunge Erissena.
 GANDARTE
                                               O come asperso
 ha di lagrime il volto!
 CLEOFIDE
                                          Eh non è tempo (Ad Erissena che sopraggiunge)
 di pianto, o principessa. È stanco alfine
 di tormentarne il ciel. Con noi respira,
 consolati con noi. Libero è il varco
1075al nostro scampo e libera mi rende
 al mio sposo Alessandro: andremo altrove
 a respirar con Poro aure felici.
 ERISSENA
 Ah, che Poro morì.
 CLEOFIDE
                                     Come!
 GANDARTE
                                                    Che dici!
 CLEOFIDE
 M'ha tradita Alessandro.
 ERISSENA
                                                Ei di se stesso
1080fu l'uccisor.
 CLEOFIDE
                        Quando? Perché? Finisci
 di trafiggermi il cor.
 ERISSENA
                                        Sai che rimase
 creduto Asbite a Timagene in cura.
 CLEOFIDE
 E ben?
 ERISSENA
                 Cinto da' Greci
 lungo il fiume, alle tende
1085andava prigionier, quando si mosse
 con impeto improviso ed i sorpresi
 improvidi custodi urtò, divise;
 fra lor la via s'aperse,
 si lanciò nell'Idaspe e si sommerse.
 GANDARTE
1090Privo di te, servo de' Greci, in odio (A Cleofide)
 ebbe Poro la vita.
 CLEOFIDE
                                   I suoi furori
 mi predicean qualche funesto eccesso.
 GANDARTE
 Ma donde il sai? (Ad Erissena)
 ERISSENA
                                  Da Timagene istesso.
 CLEOFIDE
 Che mi giovò su l'are
1095tante vittime offrirvi, ingiusti dei?
 Se voi de' mali miei
 siete cagione, all'ingiustizia vostra
 non son dovute; e se governa il caso
 tutti gli umani eventi,
1100vi usurpate il timor, numi impotenti.
 GANDARTE
 Ah che dici, o regina! Un mal privato
 spesso è publico bene;
 e v'è sempre ragione in ciò che avviene.
 Fuggi, torna in te stessa,
1105pensa a salvarti.
 CLEOFIDE
                                 A che fuggir? Qual danno
 mi resta da temer? Lo sposo, il regno
 misera già perdei; si perda ancora
 la vita che m'avanza.
 Dov'è più di periglio, ho più speranza.
 
1110  Se il ciel mi divide
 dal caro mio sposo,
 perché non m'uccide
 pietoso il martir?
 
    Divisa un momento
1115dal dolce tesoro,
 non vivo, non moro;
 ma provo il tormento
 d'un viver penoso,
 d'un lungo morir. (Parte)