Il filosofo di campagna, libretto, Londra, Griffin, 1769

 SCENA IV
 
 Campagna con casa rustica.
 
 NARDO con una vanga ed alcuni villani, poi LENA
 
 NARDO
 
    Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna
130con diletto e libertà.
 
    Oh che pane delicato,
 se da noi fu coltivato?
 Presto, presto a lavorare,
 a prodare, a seminare,
135e dipoi si mangerà;
 del buon vin si beverà;
 ed allegri si starà.
 
 Vanga mia benedetta!
 Mio diletto conforto e mio sostegno;
140tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
 l'avolo, il bisavolo ed il tritavolo
 e fur sudditi lor la zucca e il cavolo.
 Non cambierei, lo giuro,
145col piacer delle feste e de' teatri
 zappe, trebbie, rastrei, vanghe ed aratri.
 LENA
 (Eccolo qui. La vanga
 è tutto il suo diletto).
 Se foste un poveretto,
150compatirvi vorrei; ma siete ricco,
 avete de' poderi, de' contanti;
 la fatica lasciate a' lavoranti.
 NARDO
 Cara nipote mia,
 più tosto che parlar come una sciocca,
155fareste meglio a maneggiar la rocca.
 LENA
 Colla rocca, col fuso e co' famigli
 stanca son d'annoiarmi;
 voi dovreste pensar a maritarmi.
 NARDO
 Sì; volontieri; presto;
160comparisca un marito; eccolo qui.
 Vuoi sposar mia nipote? Signorsì.
 Eccolo, io ve lo do.
 Lo volete? Vi piace?
 LENA
                                       Signor no.
 NARDO
 Va' a veder se passasse
165a caso per la strada
 qualche affamato con parucca e spada.
 Vedi? Ride Mingone e ti corbella;
 povera vanarella.
 LENA
 Io non voglio un signor né un contadino;
170mi basta un cittadino. E imito voi.
 Del signor don Tritemio la figliuola
 v'hanno proposta in sposa; io ben lo so.
 NARDO
 Ed io la sposerò,
 perché la dote e il padre suo mi piace,
175con patto che non sia
 gonfia di vento e piena d'albagia.
 LENA
 Ammogliatevi presto, signor zio;
 ma voglio poscia maritarmi anch'io.
 
    Di questa poverella
180abbiate carità.
 Io sono un'orfanella
 che madre più non ha.
 Voi siete il babbo mio;
 vedete, caro zio,
185ch'io cresco nell'età.
 
    La vostra nipotina
 vorrebbe poverina...
 Sapete, m'intendete,
 movetevi a pietà. (Parte)
 
 NARDO
190Sì signora, non dubiti,
 che contenta sarà!
 La si mariterà la poverina
 ma la vo' maritar da contadina.
 Ma piano, signor Nardo;
195vedo che non pensate
 però come parlate.
 Della città il costume
 sprezzaste con filosofa dottrina
 e sposarete poi la cittadina?
200Questo nome sicuro a dirittura
 m'ha cacciato nel corpo
 un poco di paura.
 Ma l'impegno è già fatto.
 Andiam ma no. Si tratta d'una moglie
205ma ognuno che lo sa
 di me si riderà, se torno indietro.
 Oh che imbroglio! Oh che impaccio!
 Risolvermi non so; sudo ed agghiaccio.
 
    Pensieri a capitolo,
210che abbiamo da far?
 La femmina è un articolo
 che dà da pensar.
 
    Mi dice l'amore:
 «Contenta il tuo core»;
215l'onore mi dice:
 «Non fare, non lice»;
 che abbiamo da far?
 Nel cor poverello
 campana a martello
220sentire mi par.
 
    Che dichino, che parlino,
 che gridino, che ciarlino.
 Oh questa sì ch'è buona!
 Oh questa sì ch'è bella!
225Io son padrone e quella
 contento vo' sposar.