Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Venezia, Fenzo, 1755 (Padova)

 SCENA VI
 
 Camera.
 
 GIACINTO collo specchio in mano guardandosi con caricatura
 
 GIACINTO
 
185   Madre natura,
 tu m'hai tradito
 ma t'ho schernito
 col farmi bello
 con il pennello,
190come le donne
 solgono far.
 
 Questa parrucca invero,
 questo capel, che colla polve è intriso,
 fa risaltar mirabilmente il viso.
195Al ragirar di queste
 mie vezzose pupille
 spargo fiamme e faville; e questa bocca,
 che sembra agli occhi miei graziosa e bella,
 fa tutte innamorar quando favella.
200Queste donne son tutte
 invaghite di me; schiavo son io
 di queste belle, è vero,
 ma sovra il loro cor tutt'ho l'impero.
 Ecco la vaga Cintia. Presto, presto,
205il nastro, la parrucca, i guanti, tutto,
 tutto assetar conviene e gli occhi e il labro,
 colle dolci parole e i dolci sguardi,
 si prepari a vibrar saette e dardi.
 CINTIA
 (Ecco il bell'amorino).
 GIACINTO
210Mia sovrana, mio nume, a voi m'inchino.
 CINTIA
 E ben, che fate qui?
 GIACINTO
                                       Qual farfalletta
 d'intorno al vostro lume
 vengo, mia bella, a incenerir le piume.
 CINTIA
 Parmi con più ragione
215vi potreste chiamare un farfallone.
 GIACINTO
 Quella vezzosa bocca
 non pronuncia che grazie e bizzarie.
 CINTIA
 La vostra non sa dir che scioccherie.
 GIACINTO
 Deh lasciate ch'io possa
220coll'odoroso fiato
 de' miei caldi sospiri
 quelle belle incensar guancie adorate.
 CINTIA
 Andate via di qua; non mi seccate.
 GIACINTO
 Ah, se sdegnate, o bella,
225i fumi del mio cor, porterò altrove
 il mio guardo, il mio piede,
 il mio affetto sincero e la mia fede.
 CINTIA
 Olà, così si parla?
 Voi staccarvi da me? Voi d'altra donna
230servo, schiavo ed amante?
 Temerario, arrogante.
 Voi dovete soffrir le mie catene.
 GIACINTO
 Qual mercede averò?
 CINTIA
                                          Tormenti e pene.
 GIACINTO
 Giove, Pluton, Nettuno,
235dei tremendi e possenti,
 voi che udite gli accenti
 d'una donna spietata,
 spezzate voi questa catena ingrata.
 Sì sì, Nettun m'inspira,
240Giove mi dà valore;
 Pluto mi dà furore,
 perfida tirannia,
 umilmente m'inchino e vado via.
 CINTIA
 Fermatevi; ed avrete
245tanto cor di lasciarmi?
 Voi diceste d'amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core;
 ed ora mi lasciate? Ah traditore!
 GIACINTO
 Ma se voi mi sprezzate,
250se voi mi dileggiate,
 come s'io fossi un uom zottico e vile
 e studio invan di comparir gentile.
 CINTIA
 Senza studiar, voi siete
 abbastanza gentil, grazioso e bello,
255quell'occhio briconcello,
 quel vezzoso bocchin, quel bel visetto
 m'hanno fatta una piaga in mezzo al petto.
 GIACINTO
 Dunque, cara, mi amate.
 CINTIA
                                                Sì, v'adoro.
 GIACINTO
 Idol mio, mio tesoro,
260lingua non ho bastante
 per render grazie al vostro dolce amore.
 Concedete il favore
 che rispettosamente
 e umilissimamente
265io vi possa baciar la bella mano.
 CINTIA
 Oh signor no; voi lo sperate invano.
 GIACINTO
 Ma perché mai? Perché?
 CINTIA
 Queste grazie da me
 non si han sì facilmente.
 GIACINTO
270Io morirò.
 CINTIA
                      Non me n'importa niente.
 GIACINTO
 Dunque, se non v'importa,
 d'altra bella sarò.
 CINTIA
                                  Voi siete mio.
 GIACINTO
 Che ne volete far?
 CINTIA
                                    Quel che vogl'io.
 GIACINTO
 Ah quel dolce rigor più m'incatena!
275Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate.
 Basta, bell'idol mio, che voi mi amate.
 
    Feritemi, piagatemi,
 ch'io non mi lagnerò,
280amatemi, miratemi
 o presto morirò.
 
    Che dite? Che fate?
 Negate pietà.
 
    Barbara donna,
285perfida furia
 il duol mi lacera,
 mi svenerò.
 
    Caro bell'idol mio
 pieno d'amor son io.
290Non siate più crudele,
 fedele a voi sarò.