Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Monaco, Vötter, 1758

 SCENA VI
 
 Camera.
 
 GIACINTO collo specchio in mano guardandosi con caricatura
 
 GIACINTO
 
    Madre natura,
185tu m'hai tradito
 ma t'ho schernito
 col farmi bello
 con il pennello,
 come le donne
190sogliono far.
 
 Questa parucca invero,
 questo capel, che colla polve è intriso,
 fa risaltar mirabilmente il viso.
 Al ragirar di queste
195mie vezzose pupille
 spargo fiamme e faville; e questa bocca,
 che sembra agli occhi miei graziosa e bella,
 fa tutte innamorar quando favella.
 CINTIA
 (Ecco il bell'amorino). (Ironicamente)
 GIACINTO
200Mia sovrana, mio nume, a voi m'inchino.
 CINTIA
 E ben, che fate qui?
 GIACINTO
                                       Qual farfalletta
 d'intorno al vostro lume
 vengo, mia bella, a incenerir le piume.
 CINTIA
 Parmi con più ragione
205vi potreste chiamare un farfallone.
 GIACINTO
 Quella vezzosa bocca
 non pronuncia che grazie e bizzarie.
 CINTIA
 La vostra non sa dir che scioccherie.
 GIACINTO
 Deh lasciate ch'io possa
210coll'odoroso fiato
 de' miei caldi sospiri
 quelle belle incensar guancie adorate.
 CINTIA
 Andate via di qua; non mi seccate.
 GIACINTO
 Ah, se sdegnate, o bella,
215i fumi del mio cor, porterò altrove
 il mio guardo, il mio piede,
 il mio affetto sincero e la mia fede.
 CINTIA
 Olà, così si parla?
 Voi staccarvi da me! Voi d'altra donna
220servo, schiavo ed amante?
 Temerario, arrogante?
 Voi dovete sofrir le mie catene.
 GIACINTO
 Qual mercede averò?
 CINTIA
                                          Tormenti e pene.
 GIACINTO
 Giove, Pluton, Nettuno,
225dei tremendi e possenti,
 voi che udite gli accenti
 d'una donna spietata,
 spezzate voi questa catena ingrata.
 Sì sì, Nettun m'inspira,
230Giove mi dà valore;
 Pluto mi dà furore,
 perfida tirannia,
 umilmente m'inchino e vado via.
 CINTIA
 Fermatevi; ed avrete
235tanto cor di lasciarmi?
 Voi diceste d'amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core
 ed ora mi lasciate? Ah traditore!
 GIACINTO
 Ma se voi mi sprezzate,
240se voi mi dileggiate,
 come s'io fossi un uom zottico e vile,
 e studio invan di comparir gentile.
 CINTIA
 Senza studiar, voi siete
 abbastanza gentil, grazioso e bello.
245Quell'occhio briconcello,
 quel vezzoso bocchin, quel bel visetto
 m'hanno fatta una piaga in mezzo al petto.
 GIACINTO
 Dunque, cara, mi amate.
 CINTIA
                                                Sì, v'adoro.
 GIACINTO
 Idol mio, mio tesoro,
250lingua non ho bastante
 per render grazie al vostro dolce amore.
 Concedete il favore
 che rispettosamente
 e umilissimamente
255io vi possa baciar la bella mano.
 CINTIA
 Oh signor no; voi lo sperate invano.
 GIACINTO
 Ma perché mai? Perché?
 CINTIA
 Queste grazie da me
 non si han sì facilmente.
 GIACINTO
260Io morirò.
 CINTIA
                      No me n'importa niente.
 GIACINTO
 Dunque, se non v'importa,
 d'altra bella sarò.
 CINTIA
                                  Voi siete mio.
 GIACINTO
 Che ne volete far?
 CINTIA
                                    Quel che vogl'io.
 GIACINTO
 Ah quel dolce rigor più m'incatena!
265Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate.
 Basta, bell'idol mio, che voi mi amate.
 
    In quel volto siede un nume
 che fa strage del mio cor;
270in quegl'occhi veggo un lume
 che mi fa sperare amor.
 E frattanto vivo in pianto
 ed un uomo sì ben fatto
 contrafatto morirà.
 
275   Se adorata esser volete,
 ecco qui, v'adorerò. (S’inginochia)
 Se al mio core non credete,
 idol mio, vel mostrerò.
 Ma crudele, oh dio! non siate
280ed abbiate almen pietà.