Il mondo della luna, libretto, San Pietroburgo, 1758

 SCENA VII
 
 Camera in casa di Buonafede, tavolino con lumi e sedie.
 
 FLAMINIA e CLARICE
 
 CLARICE
 Eh venite, germana,
260andiam su quella loggia
 a goder della notte il bel sereno.
 FLAMINIA
 Se il genitore austero
 ci ritrova colà, misere noi.
 CLARICE
 Che badi a' fatti suoi.
265Ci vuol tener rinchiuse
 e dall'aria difese,
 come fossimo noi tele di ragno?
 FLAMINIA
 Finché noi siam soggette
 al nostro genitor convien soffrire.
 CLARICE
270Ma io per vero dire,
 stanca di questa soggezion noiosa,
 non veggo l'ora d'essere la sposa.
 FLAMINIA
 E quando sarem spose
 avrem di soggezion finiti i guai?
275Anzi sarem soggete più che mai.
 CLARICE
 Eh sorella, i mariti
 non son più tanto austeri.
 Aman la libertade al par di noi
 ed abbada ciascuno ai fatti suoi.
 FLAMINIA
280Felici noi, se ci toccasse in sorte
 un marito alla moda. Ah sventurate,
 se un geloso ci tocca!
 CLARICE
                                        In pochi giorni
 o ch'io lo guarirei
 o che al mondo di là lo manderei.
 FLAMINIA
285Vorreste forse avvelenarlo?
 CLARICE
                                                    Oibò.
 Ma il secreto io so
 con cui questi gelosi
 dalle donne si fan morir rabbiosi.
 FLAMINIA
 Se l'accordasse il padre,
290spererei con Ernesto esser felice.
 CLARICE
 Lo spererei anch'io
 con Ecclitico mio.
 FLAMINIA
 Quell'Ecclitico vostro
 è un uom ch'altro non pensa
295che a contemplar or l'una, or l'altra stella.
 CLARICE
 Questo è quello, sorella,
 che in lui mi piace più.
 Finché si pensa alla luna ovvero al sole,
 la sua moglie farà quello che vuole.
 FLAMINIA
300Ma il genitor, io temo,
 non vorrà soddisfarci.
 CLARICE
                                           Evvi in tal caso
 un ottimo espediente.
 Maritarci da noi senza dir niente.
 FLAMINIA
 Ciò so che non conviene a onesta figlia
305ma se amor mi consiglia
 e il padre a me si oppone,
 io temo che all'amor ceda ragione.
 
    Se temo, se spero
 ancora non so;
310so ben che in pensiero
 fra il duolo e il piacere
 mi porta a godere,
 mi porta a penar.
 
    In questo martire
315riposo non ho;
 mi sento languire,
 mi sento mancar.