Il mondo della luna, libretto, San Pietroburgo, 1758

 Qual mercede averò?
 CINTIA
                                          Tormenti e pene.
 GIACINTO
 Giove, Pluton, Nettuno,
235dei tremendi e possenti,
 voi che udite gli accenti
 d’una donna spietata,
 spezzate voi questa catena ingrata.
 Sì sì, Nettun m’inspira,
240Giove mi dà valore;
 Pluto mi dà furore,
 perfida tirannia,
 umilmente m’inchino e vado via.
 CINTIA
 Fermatevi; ed avrete
245tanto cor di lasciarmi?
 Voi diceste d’amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core;
 ed ora mi lasciate? Ah traditore!
 GIACINTO
 Ma se voi mi sprezzate,
250se voi mi dileggiate,
 come s’io fossi un uom zottico e vile
 e studio invan di comparir gentile.
 CINTIA
 Senza studiar, voi siete
 abbastanza gentil, grazioso e bello,
255quell’occhio briconcello,
 quel vezzoso bocchin, quel bel visetto
 m’hanno fatta una piaga in mezzo al petto.
 GIACINTO
 Dunque, cara, mi amate.
 CINTIA
                                                Sì, v’adoro.
 GIACINTO
 Idol mio, mio tesoro,
260lingua non ho bastante
 per render grazie al vostro dolce amore.
 Concedete il favore
 che rispettosamente
 e umilissimamente
265io vi possa baciar la bella mano.
 CINTIA
 Oh signor no; voi lo sperate invano.
 GIACINTO
 Ma perché mai? Perché?
 CINTIA
 Queste grazie da me
 non si han sì facilmente.
 GIACINTO
270Io morirò.
 CINTIA
                      Non me n’importa niente.
 GIACINTO
 Dunque, se non v’importa,
 d’altra bella sarò.
 CINTIA
                                  Voi siete mio.
 GIACINTO
 Che ne volete far?
 CINTIA
                                    Quel che vogl’io.
 GIACINTO
 Ah quel dolce rigor più m’incatena!
275Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate.
 Basta, bell’idol mio, che voi mi amate.
 
    Feritemi, piagatemi,
 ch’io non mi lagnerò,
280amatemi, miratemi
 o presto morirò.
 
    Che dite? Che fate?
 Negate pietà.