Il mondo della luna, libretto, Londra, Woodfall, 1760

 purtroppo s’infierì;
 ed or di quelle misere
320vendetta si fa qui.
 
 SCENA VIII
 
 TULLIA e poi RINALDINO
 
 TULLIA
 Ma io, per dir il vero,
 sono di cor più tenero di lei,
 son con gli amanti miei
 quanto basta severa e orgogliosa;
325ma son, quando fia d’uopo, anco pietosa.
 Talor fingo il rigore,
 talor fingo l’amore,
 freno di lor l’affetto e la baldanza,
 fra il timore li tengo e la speranza.
 RINALDINO
330Tullia, bell’idol mio,
 de’ vostri servi il più fedel son io.
 Deh oziosa non lasciate
 la mia fede, il mio zelo,
 che sol quando per voi, bella, m’adopro,
335felicità nel mio destino io scopro.
 TULLIA
 Dite il ver Rinaldino,
 siete pentito ancor d’avervi reso
 suddito e servo mio? Vi pesa e incresse
 della smarrita libertà primiera?
340Sembravi la catena aspra e severa?
 RINALDINO
 Oh dolcissimi nodi,
 sospirati, voluti e cari sempre
 al mio tenero cor! Sudino pure
 sotto l’elmo i guerrieri; Astrea tormenti
345i seguaci del foro; e di Galeno
 sui fogli malintesi
 studi e s’affanni il fisico impostore.
 Io seguace d’amore,
 fuor della turba insana
350di chi mena sua vita in duri stenti,
 godo, vostra mercé, pace e contenti.
 TULLIA
 Noi con pietà trattiamo
 i vassalli ed i servi e non crudeli
 siamo coll’uom, qual colla donna è l’uomo.
355Noi dai consigli escluse,
 prive d’autorità, come se nate
 non compagne dell’uom ma serve e schiave,
 solo ad opre servili
 condannate dal vostro ingrato sesso,
360far per noi si dovria con voi lo stesso.
 Ma nostra autorità, nostro rigore
 temprerà dolce amore
 ed il vostro servir, che non fia grave,
 sarà grato per noi, per voi soave.
 
365   Cari lacci, amate pene
 d’un fedele amante core
 che ha saputo al dio d’amore
 consacrar la libertà.
 
    S’è vicino al caro bene,
370non risente il suo tormento
 ma ripieno di contento
 il destin lodando va.
 
 SCENA IX
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Dov’è, dov’è chi dice
 che dura ed aspra sia
375d’amor la prigionia? Finché un amante
 vive dubbioso e incerto
 fra il dovere e l’amor, fra il dolce e il giusto,
 pace intera non ha ma poiché tutto
 s’abbandona al piacer, gode e non sente
380i rimorsi del cor... Ma oh dio! Purtroppo
 li risento al mio sen, malgrado al cieco
 abbandono di me fatto al diletto
 e mi sgrida l’onore, a mio dispetto.
 Ah! Che farò? Si studi,
385se possibile sia, scacciar dal cuore
 il residuo fatal del mio rossore.
 
    Vede gonfiarsi il fiume,
 sente soffiare il vento,
 mancar del sole il lume,
390il cielo lampeggiar.
 
    E il pastorel l’armento
 sen corre a richiamar.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO ed AURORA
 
 GIACINTO
 Oh Diana mia gentile.
 AURORA
                                           Vago Ateone!
 GIACINTO
 Piacemi il paragone,
395poiché son vostro amante e vostro servo,
 ma ohimè, che Ateone è divenuto un cervo!
 AURORA
 Io crudele non son qual fu la dea.
 GIACINTO
 Né io sarò immodesto
 qual fu il pastor dolente.
 AURORA
400Siete bello e prudente.
 GIACINTO
 Tutta vostra bontà.
 AURORA
 Giacinto, in verità
 voi mi piacete assai.
 GIACINTO
 Arder tutto mi sento ai vostri rai.
 
 SCENA XI
 
 CINTIA e detti
 
 CINTIA
405(Con Aurora Giacinto?) (Da sé)
 AURORA
 Ma voi di Cintia siete.