Il mondo della luna, libretto, Torino, Avondo, 1760

 RINALDINO
                                           E voi non siete
 fra le donne partito?
 FERRAMONTE
                                        Anzi nascosto
 quindi mi son, per non andar con loro,
710mentre la libertade è un gran tesoro.
 RINALDINO
 Questo tesor l’abbiam sagrificato
 alla legge fatal del dio bendato.
 FERRAMONTE
 Dunque voi siete quelli
 che il cor sagrificate a’ visi belli?
715Misera gioventù, misera gente,
 nata per divertirsi e non far niente!
 RINALDINO
 Impiegati noi siamo
 nell’amar, nel servir le nostre belle.
 FERRAMONTE
 Bell’impiego da eroi,
720bell’impiego davver, degno di voi!
 E non vi vergognate? E non sapete
 che le donne son tutte,
 sian belle o siano brutte,
 crude tiranne e fiere,
725nostre nemiche altere,
 e che l’uomo tener vinto ed oppresso
 è il trionfo maggior del loro sesso?
 RINALDINO
 Ma non può dirsi inganno
 di donna la beltà.
 FERRAMONTE
730Anzi è una falsità
 quel volto che innamora,
 che si liscia, s’imbianca e si colora.
 RINALDINO
 E le dolci parole?
 FERRAMONTE
                                  Son lusinghe
 che scaltramente incantano;
735e le femmine poi di ciò si vantano.
 RINALDINO
 E i bei vezzi e gli amplessi?
 FERRAMONTE
 Con quei bei vezzi istessi,
 col riso accorto e scaltro
 cento soglion tradir un dopo l’altro.
 RINALDINO
740Ma il mio cor non consente
 il suo bene lasciare.
 FERRAMONTE
                                       Il vostro core
 orbato, assassinato,
 incantato, ammaliato,
 se a me voi baderete,
745dalla catena vi discioglierete.
 
    Quando le donne parlano,
 io lor non credo affé.
 Se piangono, se ridono,
 lo stesso è ognor per me.
750Io so che sempre fingono,
 che fede in lor non v’è.
 
    Lo so che siete amico
 voi delle donne assai.
 Ma quello ch’io vi dico
755purtroppo lo provai;
 e se dir ver volete,
 direte: «Così è».
 
 SCENA VII
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Ah purtroppo egli è ver! Parole e sguardi,
 che rendono gli amanti
760schiavi della beltà, son tutt’incanti.
 Ma come oh dio! ma come
 scioglier potrei dal cuore
 l’amorosa catena?
 La libertà mi sembrerebbe or pena.
765Quando un cor si compiace
 dell’amorosa face
 sì facile non è mirarla spenta,
 liberarsene affatto invan si tenta.
 
    Nocchier, che s’abbandona
770in seno al mar infido,
 quando lo brama, al lido
 sempre tornar non può.
 
    Nel pelago amoroso
 resta l’amante assorto
775né più ritrova il porto
 da dove si staccò.
 
 SCENA VIII
 
 Camera.
 
 CINTIA con spada in mano, poi GIACINTO
 
 CINTIA
 La vogliamo vedere. O regnar voglio
 o di tutte le donne è fritto il soglio.
 Aut Caesar aut nihil.
780Non mi posso veder compagni intorno
 che senza il merto mio
 vogliano comandar come fo io.
 Ecco Giacinto, o deve
 seguir il mio disegno
785o sarà il primo a sostener mio sdegno.
 GIACINTO
 Cintia, mio amor, mio nume,
 suora di Citerea,
 mia sovrana, mia dea,
 eccomi tutto vostro.
790Vi domando perdono e a voi mi prostro.
 CINTIA
 E ben, siete pentito
 d’avermi disgustata?
 GIACINTO
 Mia bellezza adorata,
 tanto pentimmi e tanto
795ch’ho lavata la colpa in mar di pianto.
 CINTIA
 Mi amate voi?
 GIACINTO
                              Vi adoro.
 CINTIA
 Siete mio?
 GIACINTO
                       Vostro sono.
 CINTIA
 Ogni errore passato io vi perdono.
 GIACINTO
 Oh cara! Oh me contento!
800Balzar il cor per lo piacer mi sento.
 CINTIA
 Ditemi, come state
 di coraggio e bravura?
 GIACINTO
 La gran madre natura
 m’ha fatto l’alto onore
805di donarmi un bel volto ed un gran core.
 CINTIA
 Mi piace il paragone.
 (S’è bravo com’è bel, sarà un poltrone).
 GIACINTO
 Su, parlate, esponete,
 comandate, imponete;
810armato a’ vostri cenni il braccio mio
 svenerà, se fia d’uopo, il cieco dio.
 CINTIA
 L’impresa che a voi chiedo
 difficile non è.
 GIACINTO
                              Nulla è difficile
 a un cuor ch’è tutto facile.
 CINTIA
815Prendete questa spada.
 GIACINTO
                                             Ecco l’acetto,
 mi passerò, se lo bramate, il petto.
 CINTIA
 Or di sangue virile io non ho sete.
 Voi uccider dovete