Il mondo della luna, libretto, Venezia, Graziosi, 1775

140col farmi bello
 con il pennello,
 come le donne
 sogliono far.
 
 Questa parrucca invero,
145questo capel, che colla polve è intriso,
 fa risaltar mirabilmente il viso.
 Ecco la vaga Cintia. Presto, presto,
 il nastro, la parrucca, i guanti, tutto,
 tutto assetar conviene e gli occhi e il labro,
150colle dolci parole e i dolci sguardi,
 si prepari a vibrar saette e dardi.
 CINTIA
 (Ecco il bell’amorino). (Ironicamente)
 GIACINTO
 Mia sovrana, mio nume, a voi m’inchino.
 CINTIA
 E ben, che fate qui?
 GIACINTO
                                       Qual farfalletta
155d’intorno al vostro lume
 vengo, mia bella, a incenerir le piume.
 CINTIA
 Parmi con più ragione
 vi potreste chiamare un farfallone.
 GIACINTO
 Quella vezzosa bocca
160non pronuncia che grazie e bizzarie.
 CINTIA
 La vostra non sa dir che scioccherie.
 GIACINTO
 Deh lasciate ch’io possa
 coll’odoroso fiato
 de’ miei caldi sospiri
165quelle belle incensar guancie adorate.
 CINTIA
 Andate via di qua; non mi seccate.
 GIACINTO
 Ah, se sdegnate, o bella,
 i fumi del mio cor, porterò altrove
 il mio guardo, il mio piede,
170il mio affetto sincero e la mia fede.
 CINTIA
 Fermatevi; ed avrete
 tanto cor di lasciarmi;
 voi diceste d’amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core