Il negligente, libretto, Venezia, Savioli, 1771

 SCENA VII
 
 Altra camera nella stessa casa.
 
 AURELIA e CORNELIO
 
 AURELIA
 Sì sì, Cornelio mio,
230amami di buon cor che t'amo anch'io.
 CORNELIO
 Circa all'amor, mia cara,
 non v'è niente che dir. Siamo felici,
 tu mi vuoi bene a me;
 io voglio bene a te. Ma il punto sta
235che tu dote non hai,
 che io poderi non ho, non ho mestiere;
 e non vorrei che avesse
 il gusto dell'amor presto a finire
 e ci avessimo poi, cara, a pentire.
 AURELIA
240Per questo è ch'io procuro
 allettar co' miei vezzi
 il signor Filiberto,
 il quale, incatenato
 da quell'arti che a lui poco son note,
245mi vorrà bene e mi farà la dote.
 CORNELIO
 Io per un'altra strada
 tento la nostra sorte.
 Ti è nota quella lite
 che contro Filiberto
250mossa ha il conte?
 AURELIA
                                    Lo so.
 CORNELIO
                                                 Sappi che siamo
 interessati nella lite in terzo.
 Io per il primo, il conte e ser Imbroglio.
 AURELIA
 Come! Ancor ser Imbroglio?
 Di Filiberto istesso
255il causidico ancora?
 CORNELIO
                                       Sì, ti pare
 cosa strana? È così. Siam tre d'accordo
 per mandarlo in rovina.
 Il conte fa la principal figura;
 Imbroglio al precipizio apre la strada;
260io vo tenendo Filiberto a bada.
 AURELIA
 Dunque si può sperar che vada bene.
 CORNELIO
 Si può sperar ma dubitar conviene.
 AURELIA
 Voi tre tesa gli avete
 una terribil rete.
265Io un altro laccio ho teso.
 Dalla rete o dal laccio ei sarà preso.
 CORNELIO
 E noi contenti allora,
 senza che della fame
 v'entri il brutto demonio,
270goderem lietamente il matrimonio.
 
    Bel contento è l'esser sposi
 senza aver da sospirar.
 Ma poi tutto si scompiglia
 quando grida la famiglia:
275«Pane, pane, mamma mia»;
 oh che brutta sinfonia
 quando pane più non c'è.
 
    Dura un giorno, un mese o un anno
 il piacer d'amor novello.
280Da principio tutto è bello
 e poi dopo vien l'affanno;
 meglio è stare ognun da sé.