Nitteti, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1770

 SCENA VIII
 
 SAMMETE, poi NITTETI, indi AMENOFI
 
 SAMMETE
 Assistetemi, o numi.
 Son fuor di me. Che avvenne?
 Dove Beroe s'invia? Perché mel tace?
650Chi la sforza a lasciarmi? È il mio tesoro,
 è il genitor che mi tradisce? (Resta immobile e pensoso e non ode che le ultime parole di Nitteti)
 NITTETI
                                                      Ah prence,
 son rea, perdona. Un improvviso assalto
 di cieco sdegno al genitor mi fece
 la tua Beroe tradir.
 SAMMETE
                                      No, principessa, (Con vivacità)
655possibile non è. Beroe incapace
 è di tradirmi. Ha troppo bello il core,
 troppo candida ha l'alma.
 NITTETI
                                                 O non m'intendi
 o non t'intendo.
 SAMMETE
                                (In questa angustia, in questa (Da sé)
 oscurità come restar? No; voglio
660raggiungere il mio ben... Ma, oh dio! m'impose
 di non seguirla). (Pensoso come sopra e non intendendo che le ultime parole d’Amenofi)
 AMENOFI
                                  Al genitor, Sammete,
 il passo affretta. Egli m'impose...
 SAMMETE
                                                              Ed io
 ubbidirla non posso,
 nulla ho promesso a lei. Quand'io la siegua,
665non dee Beroe sdegnarsi. (In atto di partire)
 AMENOFI
                                                  Odi; t'arresta.
 Qual favella è mai questa? Io non ritrovo
 senso ne' detti tuoi. Non sembra intero,
 caro prence, il tuo senno.
 SAMMETE
                                                È vero, è vero;
 son fuor di me. Perdona;
670la ragion m'abbandona. Ah, chi pretende
 ragion da un disperato?
 Non l'ha chi non la perde in questo stato.
 
    Mi sento il cor trafiggere;
 presso a morir son io
675e non ritrovo, oh dio!
 chi mi trafigge il cor.
 
    Non so dove mi volgere;
 indarno i numi invoco;
 e il duolo a poco a poco
680degenera in furor. (Parte)