L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 SCENA VI
 
 ARISTEA e detti
 
 ARISTEA
                                   (All'odiose nozze (Non vede Megacle)
 come vittima io vengo all'ara avanti).
 LICIDA
 (Sarà mio quel bel volto in pochi istanti).
 CLISTENE
705Avvicinati, o figlia, ecco il tuo sposo. (Ha per mano Megacle)
 MEGACLE
 (Ah non è ver).
 ARISTEA
                               Lo sposo mio! (Stupisce vedendo Megacle)
 CLISTENE
                                                           Sì. Vedi
 se giammai più bel nodo in ciel si strinse.
 ARISTEA
 (Ma se Licida vinse,
 come il mio bene?... Il genitor m'inganna).
 LICIDA
710(Crede Megacle sposo e se n'affanna).
 ARISTEA
 E questi, o padre, è il vincitor? (Additando Megacle)
 CLISTENE
                                                           Mel chiedi?
 Non lo ravvisi al volto
 di polve asperso? All'onorate stille
 che gli rigan la fronte? A quelle foglie
715che son di chi trionfa
 l'ornamento primiero?
 ARISTEA
 Ma che dicesti, Alcandro?
 ALCANDRO
                                                 Io dissi il vero.
 CLISTENE
 Non più dubbiezze. Ecco il consorte a cui
 il ciel t'accoppia; e nol potea più degno
720ottener dagli dei l'amor paterno.
 ARISTEA
 (Che gioia!)
 MEGACLE
                          (Che martir!)
 LICIDA
                                                      (Che giorno eterno!)
 CLISTENE
 E voi tacete! Onde il silenzio? (A Megacle ed Aristea)
 MEGACLE
                                                         (Oh dio!
 Come comincerò?)
 ARISTEA
                                      Parlar vorrei
 ma...
 CLISTENE
             Intendo. Intempestiva
725è la presenza mia. Severo ciglio,
 rigida maestà, paterno impero,
 incomodi compagni
 sono agli amanti. Io mi sovvengo ancora
 quanto increbbero a me. Restate. Io lodo
730quel modesto rossor che vi trattiene.
 MEGACLE
 (Sempre lo stato mio peggior diviene).
 CLISTENE
 
    So ch'è fanciullo Amore
 né conversar gli piace
 con la canuta età.
 
735   Di scherzi ei si compiace;
 si stanca del rigore;
 e stan di rado in pace
 rispetto e libertà. (Parte)